E’ ormai ufficiale. Nella notte italiana (12 ottobre) la notizia del secondo caso di ebola negli Stati Uniti rimpalla da un sito all’altro. La donna contagiata è l’infermiera che aveva curato Thomas Duncan, il paziente morto a Dallas (Texas). L’infermiera del Texas Health Presbyterian Hospital aveva accusato sintomi compatibili con il virus venerdì sera ed era stata messa in isolamento. Il “paziente zero”, Duncan, è stato il primo caso di ebola diagnosticato negli Stati Uniti, un liberiano. Il presidente statunitense Obama ha chiesto l’immediata attivazione di misure aggiuntive, bisogna garantire il sistema sanitario in caso di un possibile sviluppo del contagio. Intanto, in Europa, l’infermiera spagnola Teresa Romero – ricoverata a Madrid – mostra segni di miglioramento come annunciato dal governo spagnolo. Allarme anche in Kenya dove una passeggera in arrivo dal Sudan è morta nella notte con sintomi simili a quelli causati dall’ebola. La donna, atterrata all’aeroporto internazionale Jomo Kenyatta, aveva febbre alta e sanguinava da alcune ferite. E’ morta poco dopo essere stata portata in ospedale. E l’Italia? A Malpensa, all’interno dell’area arrivi del terminal 2, ci sono 1500 metri quadrati pronti ad accogliere i casi sospetti e attivare le procedure di sicurezza contro l’ebola. Il canale sanitario più grande d’Italia è stato realizzato nel 2003 nel corso dell’epidemia Sars. Vi stazionano stabilmente sei medici, due infermieri e sette tecnici dell’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), pronti a mettere in atto il piano “antiebola”. Il canale sanitario è blindato, grazie ad accessi da cui entrare e uscire solo usando codici numerici. Le porte sono allarmate e non ne possono essere aperte due nello stesso momento. Le stanze sono “a pressione negativa”, con filtri che risucchiano l’aria dal locale e la purificano: l’obiettivo è impedire che eventuali microrganismi passino da un ambiente all’altro. In caso di passeggeri con sintomi sospetti, la macchina dell’emergenza si mette in moto ancor prima dell’atterraggio: «Il comandante — spiega Mario Germagnoli, capo dell’Usmaf — è tenuto a segnalare il caso alla torre di controllo, che a sua volta si mette in contatto con i nostri uffici. Si valuta la situazione e, se necessario, partono le procedure. Se si tratta di un volo diretto in un altro scalo, si può decidere di farlo atterrare qui». Qualora il caso sospetto venga ritenuto ancora a rischio, ne viene disposto il trasferimento al Sacco su un’ambulanza ad alto bio-contenimento. Se invece l’ipotesi Ebola viene esclusa, viene mandato a casa. Malpensa è pronta. Gli altri aeroporti?