Londra al centro dell’emergenza “ebola”.
Virus letale per l’uomo. La comunità internazionale si riunisce oggi in Inghilterra presso Lancaster House per discutere le misure protettive circa lo scenario preconizzato da Anthony Banbury, capo della missione ONU in Africa Occidentale.
Il governo britannico è rappresentato dal segretario agli Esteri Philip Hammond e dalla segretaria allo Sviluppo Justine Greening. Presente anche il capo di Stato della Sierra Leone, Ernest Bai Koroma.
I Paesi coinvolti discuteranno di come la comunità internazionale può fornire una risposta efficace all’emergenza che sta colpendo l’Africa occidentale. Inoltre, dovrebbero annunciare un piano di sostegno per sconfiggere la malattia.
La “bomba mediatica” lanciata pochi giorni fa, sul Telegraph, da Banbury fa da cornice al report delle autorità sanitarie texane che ha allarmato anche gli Stati Uniti. Almeno un’ottantina di persone avrebbero avuto contatti diretti e indiretti con Thomas Eric Duncan, il liberiano contagiato dal virus ebola e ricoverato a Dallas.
L’uomo avrebbe potenzialmente esposto al virus dalle dodici alle 18 persone sul territorio americano. Come riferisce la BBC, il numero più ampio include persone che potrebbero anche non aver avuto contatti personali con l’uomo. “L’epidemia di ebola – ha detto Anthony Banbury – è il peggior disastro cui ho mai assistito”.
Il capo della missione per l’emergenza del virus, che lavora per le Nazioni Unite dal 1988, ha ammesso di non aver “mai visto niente di simile e con un grado di pericolosità così elevato” nella sua carriera durante la quale ha attraversato emergenze, guerre e disastri naturali: “Lo dicono anche altre persone, esperti che solitamente non sono allarmisti”. Un nuovo caso sospetto è spuntato alle Hawaii (2 ottobre). Secondo l’emittente ABC una persona, che ha mostrato sintomi compatibili con quelli provocati dal virus della febbre emorragica, sarebbe stata messa in isolamento al Queen Medical center di Honolulu per gli accertamenti del caso.
Rischio voli: tocca anche alle compagnie aeree americane fare i conti con la “psicosi” che si sta diffondendo negli Stati Uniti dopo la notizia del primo paziente ammalato di Ebola ricoverato in un ospedale di Dallas.
Thomas Eric Duncun infatti è arrivato il 20 settembre scorso dalla Liberia, con un volo, partito da Bruxelles, facendo prima scalo all’aeroporto Dulles di Washington e poi arrivando allo scalo della città texana. Anche le altre compagnie americane stanno correndo ai ripari, preoccupate dalla picchiata dei titoli in Borsa dopo le ultime notizie.
Perry Flynt, portavoce dell’International Air Transport Association, tira il freno usando toni rassicuranti: “La cosa importante di questo virus è che non si diffonde per via aerea, per questo secondo l’OSM il rischio di trasmissione durante i viaggi aerei è veramente molto basso”. Flynt aggiunge: “Non ci può essere contagio se non ci sono sintomi e questi possono essere così forti e riconoscibili che è difficile che qualcuno possa viaggiare”.
Sicuri di voler viaggiare? Intanto la psicosi è già partita.