Un incubo. Fonti palestinesi confermano ciò che si sospettava da tempo: le bandiere nere dell’Isis potrebbero, presto, sventolare a Gaza e in Cisgiordania. Minaccia per Israele e per Hamas. Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, rafforza questa tesi così come il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e al numero uno di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh. Un processo che sta portando interi comparti di Ezzedin al Qassam – milizia armata di Hamas e della jihad islamica palestinese – verso Abu Bakr al-Baghdadi, capo riconosciuto dell’autoproclamato Stato Islamico di Iraq e del Levante. Un’inaspettata convergenza d’interessi, quindi, tra Israele e la stessa Hamas: evitare che Gaza City diventi un nuovo avamposto della guerra globale in Medio Oriente. L’intelligence militare israeliana aveva, da tempo, informato il premier Benjamin Netanyahu prima e durante i cinquanta giorni di “Protective Edge”. Se Hamas crolla non saranno gli uomini di Abu Mazen ad assumere il controllo di Gaza, ma quelli del “nuovo Saladino”. Assoluta convergenza di vedute, quindi, tra l’intelligence di Tel Aviv e gli analisti palestinesi rispetto la minaccia del “califfato nero”. Discordanti rimangono i numeri riguardo il fenomeno di proselitismo pro-Isis in Palestina. Per i servizi segreti interni di Israele, i miliziani Isis operanti nella sola Striscia di Gaza sarebbero almeno 600, fonti vicine a Fatah della al-Azhar University di Gaza li quantificano in 4000-5000 membri, suddivisi in 350 cellule che rispondono ad un comando unificato. Sono loro la spina nel fianco di Hamas, i veri competitori per la leadership della “Resistenza” al “nemico sionista”. Tawhid wa al-Jihad (Monoteismo e Jihad), che ha rivendicato l’uccisione (15 aprile 2011) del cooperante e attivista per i diritti umani italiano Vittorio Arrigoni, è uno dei gruppi più attivi confluiti nell’Is-Palestina. La roccaforte più pericolosa dell’Is-Palestina è Rafah, nell’are meridionale della Striscia di Gaza, da anni ormai culla dell’estremismo radicale armato palestinese. Proprio qui sono comparsi i primi ritratti di al-Baghdadi e nella moschea di Ibn-Taymiyah, cinque anni fa prese la parola Abdul-Latif Moussa, meglio conosciuto nel mondo jihadista come Abu al-Noor. La crescente presenza delle bande nere del califfo è anche documentata in un video su YouTube dell’8 luglio scorso dal titolo “Mujiahiddin dello Stato islamico lanciano razzi contro gli Ebrei”. Il video mostrava almeno 10 razzi lanciati contro le città frontaliere dello Stato ebraico. In allarme sono anche i servizi egiziani. Ed è allarme rosso. Il timore del Cairo è che le cellule Is operanti a Gaza possano saldarsi con i gruppi jihadisti operanti da tempo nel Sinai egiziano. Ed è proprio questa prospettiva già in essere, che ha portato ad un riavvicinamento tra la leadership di Hamas e il “Presidente-generale” dell’Egitto: Abdel Fattah al-Sisi. Un altro video ha suscitato clamore, parliamo del “vampiro dell’ISIS”, Rabie Shehada, 26 anni probabilmente originario della citta di Nazareth, soprannominato così per ciò che ha affermato: “Siamo persone che amano bere il sangue – ha dichiarato nel breve video in cui appare al volante di una vettura che, nel montaggio, sembra far parte di una carovana di pick-up recanti le bandiere dello Stato Islamico – e faremo di voi carne da macello”. “Vampiri” e bandiere nere dell’auto proclamato Stato Islamico – non scordiamolo – sembrano aver scatenato una vera e propria psicosi mondiale ottenendo, a furia di video e violenza inaudita, una visibilità mai raggiunta prima da un movimento che – ad oggi – non ha mai operato al di fuori dei confini territoriali dell’istituendo “califfato”.
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