Migranti. Gentiloni: improbabili lezioni al nostro Paese da Austria e Ungheria

Un’Europa disgregata incapace di affrontare come Unione la crisi umanitaria delle migrazioni. L’Italia tra incudine e martello: la mancanza di solidarietà e il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani

Immagine: Paolo Gentiloni

 

L’articolo 80 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea prevede che “Le politiche dell'Unione di cui al presente capo [politica comune dell’immigrazione, ndr] e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.” Questa norma, principio fondante dell’allora nuova Unione Europea, è rimasta lettera morta e anzi, in conseguenza delle recenti dichiarazioni dei rappresentanti degli Stati europei, sembra nella prassi una disposizione non considerata e da stralciare il prima possibile. Il riferimento è alle recenti prese di posizione di Austria e dei paesi di Visegard, noti anche come V4 o Gruppo di Visegard (un’alleanza di paesi dell’Europa centrale – Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia – riunitasi per la prima volta nel 1991 a Visegard per rafforzarne la cooperazione e l’integrazione unitaria nell’Unione Europea). Se le parole, o meglio le minacce del Ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurtz di chiudere il passo del Brennero sono dovute a ragioni di “campagna elettorale austriaca”, come sottolinea il Ministro degli Esteri Alfano, alquanto ingiustificabili risultano le lezioni di scuola sull’immigrazione tenute dagli omologhi rappresentanti del V4. Innanzitutto per il modo in cui esse sono state intimate all’Italia dal premier ungherese Viktor Orban (“[L’Italia] chiuda i porti o accetti le nostre proposte”) e soprattutto per il contenuto delle proposte. Già nel settembre 2016 i V4 avevano messo nero su bianco un progetto in cui si richiedeva il rafforzamento dei sistemi di sicurezza europea alle frontiere (Frontex su tutti) e una “solidarietà flessibile” per il ricollocamento obbligatorio dei rifugiati in Europa (quindi lasciando agli Stati la discrezionalità sulla scelta di accogliere e sul numero di rifugiati). Il che, come può desumersi facilmente, cozza con la politica comune europea sull’immigrazione e in particolare con l’art.80 TFUE. Il 19 luglio 2017 si è quindi assistito a un’evoluzione del progettodel V4, se possibile ancor più estremista e anti-solidaristico. Come si accennava poc’anzi il contenuto di queste “proposte” mira a contribuire (non è specificato in quale modo) alle politiche dell’Unione sui confini meridionali europei, alla necessaria (ed evidentemente inattuabile) condizione che l’Italia identifichi i veri richiedenti asilo prima che entrino nell’UE. Nel mentre i migranti dovrebbero essere trattenuti a Lampedusa, evitando di toccare la terraferma europea, aveva aggiunto in eco Sebastian Kurtz. Queste richieste oltre a non considerare minimamente la portata di un’isola di appena 20 km2, porterebbero alla violazione e alla condanna, in modo pressoché sicuro,dell’Italia rispetto alle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani (prima fra tutte la CEDU). Stesso discorso è valido anche per la soluzione proposta, più per disperazione che per convinzione, dal Ministro Minniti più di un mese fa sulla chiusura dei porti. Ma questa volta l’Italia ha alzato la testa e il premier Paolo Gentiloni non ha voluto sottostare a queste provocazioni, pretendendo la solidarietà dell’UE e respingendo al mittente le minacce del V4, perché, rincara la dose il Primo Ministro italiano, “Noi facciamo il nostro dovere, pretendiamo che l'Europa intera lo faccia al fianco dell'Italia invece di dare improbabili lezioni al nostro Paese.”

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