Mia cugina partecipa attivamente alla costruzione di un giornale in rete. In un paese in cui combine e nepotismo regnano sovrani, mi ha chiesto – senza vergognarsi troppo – di partecipare all’impresa. Ho delle difficoltà a dire di no, in particolar modo alle persone cui voglio molto bene. Allora ho iniziato a giocare con “Spirito a Pezzi”, una rubrica che, negli intenti, doveva essere periodica e frequente. La sua assenza dichiara con forza che non riesco a scriverla con continuità (e del resto questa testata non la annovera tra le rubriche e, se proprio vuoi leggere cosa ho fatto finora, devi andare sul mi sito, www.sparidinchiostro.com).
L’unico regola impostami dalla cugina (abbiamo cognomi diversi, in modo da mascherare furbescamente la relazione parentale) è: “Paolo, mi raccomando: non parlare di politica”. Proprio così. Chiara e perentoria. Io ho delle difficoltà con le parole, tendo ad affezionarmici, e allora mi è parso impossibile rispettare il mandato. L’ho violato sistematicamente e la cugina, bontà sua, non mi ha detto nulla. Va’ a capire.
Sono affezionato a un’antica maledizione dei nativi americani (li avrei chiamati indiani, evitando in questo modo i miasmi del political correct e della cultura del piagnisteo, ma il fatto che gli abitanti dell’India si chiamino allo stesso modo avrebbe introdotto un’ambiguità insopportabile). Non so se questa maledizione esista davvero: era in un romanzo di Stepen King ma non ricordo quale e gli scrittori del Maine, si sa, spesso si inventano le maledizioni; quel libro era tradotto da Tullio Dobner e chissà cosa ha capito quel signore leggendo in inglese.
La maledizione è quasi un presagio e dice: “Ti auguro di vivere tempi interessanti!”.
Certo, i tempi interessanti sono maledetti. Lo sai, sono quelli durante i quali scorrazzano liberamente i cavalieri dell’Apocalisse: guerre, carestie, epidemie, morti. Ma ci sono anche alcuni cavalieri minori che, per questioni di spazio, Giovanni non ha inserito nella sua Apocalisse (alcune fonti dicono che avesse enumerato pure quelli, ma l’editor, affermando che avrebbero potuto turbare le coscienze e offendere qualche lettore, li ha rimossi prima che il testo andasse in stampa). Tra questi c’è la fascisteria nel cui triste sudario viviamo avvolti e che si esprime, con forza e arroganza, dentro e fuori i governi che diciamo democratici.
Riassumo, soprattutto per me, come li si sceglie quei governi:
1. Innanzi tutto, deve essere identificato il campione statistico più esteso e rappresentativo possibile (potenzialmente tutti i cittadini che abbiano raggiunto un’età anagrafica definita e che non siano stati interdetti dai pubblici uffici).
2. Si definisce un periodo di tempo limitato durante il quale ognuno degli aventi diritto possa esprimere le proprie preferenze elettorali in assoluta segretezza.
3. I voti vengono contati in un intervallo di tempo contenuto e con regole di vigilanza stringenti,
Fantastico. Sembra il sogno di qualsiasi società di analisi statistica e ricerca di mercato. Chi ottiene più preferenze, dopo l’applicazione di una serie di regole non sempre chiare, ha il mandato di rappresentare tutti i cittadini (anche quelli che non hanno votato o non hanno diritto al voto) nella gestione della cosa pubblica.
Tutti i cittadini. Tutti. Ma tu ti senti rappresentato? Io mica tanto. E, guardandomi attorno, scopro che quelli che si sentono rappresentati non sono poi così tanti e, in più, mi sembra che abbiano delle gravi mancanze cognitive, culturali oppure morali.
Ma se il processo che produce il governo democratico è così trasparente, dov’è il problema? Mi arrovello e capisco. È chiaro! L’elettorato è composto da “tutti i cittadini aventi diritto”.
Tutte le cose che comportano un rischio per la sicurezza, propria e degli altri, sono regolamentate con cura. Lo si fa per tutelare la società nella sua interezza.
Se vuoi guidare un’auto, devi avere la patente (che rinnoverai periodicamente) e devi rispettare il codice della strada. Se vuoi impugnare una pistola, devi avere il porto d’armi e rispettare norme d’uso , custodia, manutenzione e trasporto. Per esercitare qualsiasi mestiere devi avere le competenze, i titoli di studio e le certificazioni.
Anche se vuoi fare un’immersione, paracadutarti, arbitrare una partita, fare il bagnino, la guida alpina, il maestro di sci devi avere un brevetto.
Insomma, se vuoi fare qualcosa di veramente importante (e pericoloso), devi dimostrare di essere adeguatamente qualificato. Poi, è chiaro, la cosa non tutela completamente dagli errori e dai comportamenti mendaci, ma riduce drasticamente il rischio.
Eppure, non esiste una patente di voto. Può votare chiunque. Già.
Anche quello strano personaggio che non conosce la storia della società in cui vive, che non ha coscienza della forma delle regole esplicite che danno forma alla convivenza, che ha uno spettro di storie che si risolve sulla tastiera di un telecomando, che ha goduto poco e male, che ha delle difficoltà a capire i soli testi che legge accanto alle foto di Instagram o Facebook. Può votare anche lui.
Ecco. Per le attività veramente rischiose bisognerebbe dimostrarsi qualificati. Bisognerebbe dover dimostrare di avere il diritto a votare, e a crescere ed educare dei figli.