“Che fiori sono, quelli? Sono simili a gerani, ma no, non possono esserlo. È buio, e non distinguerei una ginestra da un papavero. Sono fiori sottili, denutriti, sbocciati come pazzi tra una tegola e l’altra del tetto di fronte. Pazzi, pazzi di vita.”
Ed è un turbinio di sentimenti che va dalla follia, all’amore, dalla solitudine alla violenza, dall’ansia alla pura devozione, il romanzo della giornalista calabrese Simonetta Caminiti “Specie Meno note di Sirene” edito da Pubme.
Un libro che raccoglie una serie di racconti; ciascuno dei quali sembra essere il frutto di un unico e grande puzzle. Come se un’anima sola legasse la narrazione degli eventi apparentemente staccati tra loro.
Ogni pseudo dramma custodito nel profondo dei protagonisti è come uno specchio sociale del nostro io più profondo, un’unica e melodiosa sinfonia della natura umana sotto ogni suo più profondo risvolto.
Impregnato di quella euforia giovanile già, però, conscia dell’effimerità dell’esistenza, ci ha dato sprazzi, frammenti di ricordi frastagliati, specchio di un non troppo lontano passato.
E siamo tutti con “Sara”, una delle protagoniste che ho amato di più, impelagata nel drammatico essere del “network”, mondo parallelo di false e vere speranze o con Ghastly, sul tetto della vita, accompagnata dal mito che per secoli anche i grandi poeti hanno cantato, Amore e Morte, un unico e perfetto sentire, un’indissolubile presenza dell’essere umano.
Tutti i racconti sono come uno spaccato del vivere quotidiano, ma tutti, quasi a voler ostinatamente credere in una Redenzione, protesi al magico immaginario di quel lieto fine che raramente la realtà propone.
È come una speranza, flebile e sottile, che l’autrice ha regalato ai lettori, una speranza perché vi è sempre un domani con nuove e possibili aspettative.
Un domani che noi stessi possiamo creare senza la paura dello sbaglio, della solitudine; anche perché nell’errore è racchiusa la saggezza dell’aver tentato così come nella solitudine si sublima l’Arte, compagna di vita e di avventure.
Simonetta ci accompagna lungo un cammino impervio, ma anche se “arduo e periglioso” sappiamo che, come in ogni favola bella, il destino si compirà e la “Via femmina che porta in cielo” sarà nostra per sempre.