Bugie, fandonie e qualche verità

Da “Oltre la trattativa” di Vincenzo Zurlo.

“Non sono moltissime, debbo concedere, ma un numero molto limitato in una torrenziale produzione dichiaratoria”. Sono le parole con cui Francesco Messineo, alla guida della procura di Palermo dal 2006 al 2014, risponde alle domande dell'onorevole Napoli, in sede di Commissione parlamentare antimafia sulla bontà delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino nel processo trattativa. Ma chi è Massimo Ciancimino, il testimone chiave del processo del secolo che si sta celebrando a Palermo? Vincenzo Zurlo, nel suo “Oltre la trattativa – le verità nascoste sulla morte di Borsellino tra depistaggi e bugie” gli dedica un capitolo, definendolo sin dal titolo “il testimone bluff che piace a Ingroia e Di Matteo”. “Figlio d'arte”: il papà, don Vito Ciancimino, “uomo d’onore” appartenente all’ala corleonese, è stato assessore ai lavori pubblici con Salvo Lima sindaco, poi, a sua volta sindaco di Palermo, il figlio Massimo non mostra lo stesso spessore: il suo è un avvicendarsi confuso di compagnie e attività criminali. Apportatore del misterioso “papello” (rigorosamente in fotocopia, l’originale nessuno l’ha mai visto), contenente le fantomatiche richieste di Riina allo Stato, taroccatore di documenti consegnati ai magistrati; ed indagato per calunnia. Quest'uomo, su cui la Procura di Caltanissetta “smette di investire”, per la procura di Palermo è il fulcro su cui poggia l'accusa allo Stato. “Ciancimino ha dato l'input a tutto questo è ciò è riconosciuto da tutti. Non sarebbe cominciato nulla se Ciancimino non ci avesse detto dell'incontro con il capitano De Donno”: è ancora il procuratore Messineo, ripercorrendo (con amarezza?) la genesi del processo sulla trattativa stato-mafia. Per dirla con Zurlo: “un processo che poggia su gambe d'argilla”. 

Ma come è possibile tale assurdo, degno di un dramma di Ionesco o di Beckett? E' Ciancimino un uomo in profondo disaccordo con se stesso? Un profeta dalla personalità multipla che farebbe impazzire Sherlock Holmes? La mente umana è assai misteriosa: pur di non credere alla banalità di realtà miserande è pronta a costruire le storie più incredibili. Perché più incredibile del ruolo di Massimo Ciancimino nel processo sulla trattativa stato-mafia, c'è soltanto chi non ha saputo riconoscerlo per un teste inaffidabile. Riporta l'autore, sottoufficiale dei carabinieri, laureato in giurisprudenza e criminologo forense, con un passato nei ROS che ha ricostruito e “smontato” l'assai presunta trattativa Stato-mafia, attraverso lo studio di migliaia di atti giudiziari:

“Il figlio di Don Vito si sente intoccabile, benché riveli storie impossibili da riscontrare. Storie frutto delle voci di terze persone. La voce del padre soprattutto. Ciancimino sa il fatto suo. E si rende presto conto di avere dalla propria parte non solo due magistrati antimafia, Antonino Ingroia e Nino di Matteo, ma anche alcune importanti trasmissioni televisive come Anno Zero, che sposano la sua “svolta” e ciecamente innalzano a vangelo la sua verità”.

Ciancimino erompe, straripa, confessa: poi ritratta, riaggiusta, rimangia. Se ascolta e riporta ha memoria assai labile: troppo, per prestargli tanto credito. Ma se è vero che una parte della magistratura e dei media lo ritengono la star su cui incentrare la coerente e demagogica narrazione di “uno Stato farabutto che ha fatto ammazzare Falcone e Borsellino per coprire le proprie nefandezze”, è pur vero che c'è chi conserva sguardo e capacità di indignarsi. E' il caso del capo della procura di Caltanissetta Sergio Lari: “Di fronte a questo coacervo di menzogne abbiamo ritenuto che non fosse più il caso di andargli appresso […] Successivamente abbiamo comunicato alla procura di Palermo che ritenevamo il Ciancimino del tutto inattendibile oltre che calunniatore”.

“Ciancimino? Per carità di patria”: così conclude Lari ripercorrendo solo una parte delle bugie e calunnie nelle ricostruzioni di Massimo Ciancimino, ritenendolo un pozzo di mistificazioni tanto profondo e vergognoso da non scoprire completamente solo“per carità di patria”, appunto.

Massimo Ciancimino ha tutta l'aria di uno di quei marinai senza Dio di Conrad , un comprimario del quale diffidare, uno che ad avercelo in mare devi temere per la vita; ma a trovartelo in un'aula di tribunale a essere minacciata è la verità. 

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