Palermo – "Ormai più che in altri tempi, il mondo è un piccolo cortile, dove la gente si affaccia, pensiamo a Internet, ai social media, un continuo flusso di notizie in tempo reale. Contemporaneamente, però, si cerca di speculare creando barriere. In Italia, abbiamo bisogno di manodopera, però ci disturba quando ne arriva troppa. L’avvenire si realizza al di là della volontà degli uomini. Ma questo avvenire si inserisce nel tempo dell’uomo che opera; ascoltare le attese dell’uomo, soprattutto dei giovani, significa capire le attese della civiltà. Solo se ci sarà l’ascolto, non ci sarà discontinuità nel nostro cammino». E’ un compito importante quello che l’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, durante il secondo Colloquio del Mediterraneo, “Religioni, pluralismo, democrazia: le attese dei giovani del Mediterraneo” (iniziato ieri e conclusosi oggi a Palazzo Steri), organizzato dall’Istituto di Scienze sociali “Nicolò Rezzara” di Vicenza in collaborazione con l’Università di Palermo, ha affidato ai giovani.
D’altro canto, devono essere loro gli artefici del loro futuro. Così oggi, secondo giorno di Colloquio, alla lezione introduttiva del professor Francesco Viola, dell'Università, intitolata “Spazio pubblico delle religioni in una democrazia”, sono seguiti i panel di discussione. «Nel cuore di tutte le religioni – hanno concluso i ragazzi – è insito il rispetto profondo per l’uomo. Il dialogo autentico non è possibile se non si parte ognuno dalla propria fede. Tuttavia, bisogna guardare alla religione non come a un serbatoio di dogmi, ma ad un faro dell’umano».
Soddisfatto dei risultati monsignor Giuseppe Dal Ferro, direttore dell'Istituto promotore dell’iniziativa, perché obiettivo del Colloquio era proprio «avviare gruppi di studio, in Italia e all’estero, realizzando un dialogo fra le élite culturali di Paesi diversi, in ordine alla convivenza pacifica». La prolusione, “Religione ostacolo o contributo alla convivenza democratica?”, è stata svolta a due voci: Msgr. Maroun Lahham, vescovo di Amman (Giordania), ausiliare del Patriarca latino, che ha sottolineato con forza che le religioni monoteiste sono nate in Medio Oriente. «Questa terra rappresenta la loro storia, ed è elemento essenziale della loro identità e della loro memoria – ha detto -. In Medio Oriente le religioni monoteiste si susseguono, si intrecciano e si confrontano». Con lui, Amer Al Hafi, Academic Advisor dell'Istituto giordano per il dialogo interreligioso (Royal Institute for Inter-Faith Studies). «Nel pensiero islamico sulla democrazia – ha spiegato il professor Al Hafi -, possiamo individuare due correnti fondamentali: una che rifiuta la democrazia, perché la considera un prodotto occidentale contrario all’Islam, e una corrente, invece, favorevole. La seconda parte da una vera comprensione della democrazia e dell’Islam. La democrazia consiste nel fatto che gli uomini scelgono chi li governa, e quindi punta al bene comune. Finché l’Islam mira a costruire i valori umani legati alla libertà, alla giustizia e alla difesa della dignità umana, esso va d’accordo con il diritto dei popoli nello scegliere i regimi politici e legislativi. E la democrazia è più vicina alla Shari’a musulmana di quanto non lo sia un governo dispotico».
Sono seguite le testimonianze di: Abdo Badwi, dell'Università maronita Saint Esprit di Beirut USEK (Libano), che ha raccontato la realtà di un Paese dove convivono 18 diverse confessioni religiose. Imen Ben Mohamed, deputata al Parlamento tunisino, ha ricostruito il percorso per arrivare all’attuale Costituzione. «Un percorso riuscito perché tutte le diverse componenti, sia quelle di ispirazione religiosa, che quelle più laiche, hanno messo da parte la loro identità secondaria (appartenenza religiosa, etnica…), lasciando prevalere quella principale, ovvero l’appartenenza forte alla patria, che è quella che accomuna tutti». Infine, Omar Attia El Tabakh, vice-presidente e portavoce del “Comitato Nazionale Libertà e Democrazia per l'Egitto”, rappresentante per l'Italia di International Coalition for Egyptian Abroad (ICEGA). Da lui un excursus storico sugli oltre 2000 anni di storia che hanno visto cristiani e musulmani incontrarsi e scontrarsi sulle sponde del Mediterraneo. «La domanda che dobbiamo porci è: vogliamo soffermarci su quello che unisce e o su quello che divide? Io sono un musulmano e credo nella mia fede, ma molti valori dell’Islam sono gli stessi del cristianesimo e dell’ebraismo. Perciò, ricordando sempre la convivenza millenaria, cerchiamo di riflettere su quanto succede oggi, su quali sono le dinamiche; su quanto è prospera l’industria delle armi, per esempio. Concludo con un aneddoto. Un cantante famoso il giorno prima di un grande concerto, viene coinvolto in un attentato, la sua guardia del corpo muore, lui è ferito leggermente.
A quel punto, tutti gli sconsigliano di cantare. Lui invece il giorno dopo, sceglie di salire sul palco, dicendo che “Le persone che vogliono rendono peggiore questo mondo, continuano a farlo. Perché io che cerco di renderlo migliore dovrei fermarmi?” Quel signore si chiamava Bob Marley».