[blue]Opera d’Arte: [/blue] [i][blue]i colori simboleggiano la elevazione spirituale[/blue][/i]
[blue]C’è un varco al di là della soglia che raggiunge il perimetro del precipizio: al di qua la salute, l’identità, la coscienza … al di là il baratro della malattia; il pericolo della follia; il senso dello smarrimento totale. C’è un varco al di là del corpo che raggiunge il confine della psiche: lente d’ingrandimento della cellula incastonata nella montatura dal candore ambrato dal nobile platino; cuore della certezza e della condizione equilibrata dei sensi. C’è un varco al di là del pulsare del cuore nella stagione delle streghe danzanti il sabba nella perdizione in quelle notti di Valpurga: la luna riflette le sue ombre e il pipistrello vortica sulle dune dell’anima. C’è o c’era? Ci sono o ci sono state le farfalle della mente: labirinto dell’inconoscibile e della conoscenza? Sinusoide d’astratti furori generati dalla dea dall’elmo di marmo perché l’amore si insinui nel binario della coscienza… o del sogno? Chissà! Piccolo bruco scava percorsi inconsapevoli sulle alture dei pozzi profondi e asciutti.
Grandi teorie s’intrecciano nella letteratura della Passione e della più moderna psicologia. Grandi teologi. Grandi scienziati. Grandi opinioni. Forse, però, il sacrificio è il segno del sudore dell’uomo che al di là della soglia ha intravisto Dio. É il sudore dell’iniziato che si spalma l’olio sacro sulle membra per immergersi nel percorso alchemico della conoscenza. Quel poveretto… quel presuntuoso non sa e, ancora, non ha sacrificato l’animale che è in Sé… non ha sacrificato la pianta di rose che germoglia nel suo cuore… non ha versato il sangue caldo della vittima perché si crogiola sulla conoscenza dei testi; dei simboli; delle parole ermetiche e oscure che cerca di chiarire alla sua mente ancora vergine. Il crogiuolo viene scaldato, giorno dopo giorno, notte dopo notte, alba dopo alba, tramonto dopo tramonto, mentre il maligno disegna percorsi oscuri da tracciare con i denti, e le labbra – macchiate di sangue – bagnano la terra arsa di interrogativi e tragiche follie. Dopo trenta, quaranta, cinquanta anni forse con la chioma canuta e con la barba incolta quel giovane, non più giovane, ma vivo dentro il suo pneuma risorge… intuisce… crede: la folgorazione divina arriva al suo cuore. Nessuno l’ha aiutato! Il maestro gli ha solo indicato qualche libro; lo ha guidato con la rinascita spirituale da raggiungere nobilitando la sua psiche, violentando il suo corpo. Lui solo: bruco, animaletto inerme, ha scavato oscure prigioni al vizio, ha navigato onde perigliose.
La personalità del viandante è intrisa di pustole e piaghe ai piedi per il lungo percorso, obliquo e inesatto. Almeno lo è stato sin quando la Luce non è brillata nella sua mente (il corpo) e nella sua psiche (l’anima): allora ha capito perché lo Spirito Santo è così oscuro e splendente artefice di vita! Perché sparge chiarore nei meandri e nei labirinti dell’uomo che chiede l’amore! Perché ha baciato il terreno su cui Lei, la Vergine Santa, ha poggiato il piede: un tempo v’era lì, sulla zolla di pietra bruna, lo sterco delle capre, oggi risplende l’ambra illuminata dallo sguardo dell’inconscio che si coniuga nell’incontro delle pupille della Donna Madre e amante.
Maria divenne tabernacolo, custodendo sino al momento della nascita il corpo dell’Uomo della Croce.
Maria schiaccia sempre la testa al serpente e il maligno è destinato a soccombere anche quando viene implorato dalla fattucchiera, sua adepta e sua messaggera. Intanto dall’Akathistos giunge una voce per cantare un verso della poesia mariana più conosciuta e diffusa nella Chiesa d’Oriente:
Al di là c’è l’orizzonte. C’è la vita eterna. C’è il rapporto d’amore con Dio.
Tutto si annulla e tutto si rigenera nella "Rinascita". Eccolo, allora, puntare la piccozza sulla roccia nuda per aggredire il gradino da conquistare: da lì si domina il mondo. Il panorama è totale. A sinistra s’intravvede un petalo di rosa scarlatta; a destra c’è l’ala del gabbiano; di fronte l’orizzonte sconfinato che si modula sull’andare continuo perché non c’è limite oltre il quale riposare lo sguardo e le membra. Vivere ha un significato nobile di conoscenza assoluta e tutto il sudario della vita trascorsa prende un senso di verginità mai esplorata. E vergine, come l’ha inventato sua madre, prende ad andare ancora più in alto verso una vetta che raggiungerà solo quando Dio gli porgerà la mano per incoronarlo "eroe" e "re" di una terra circondata dalle acque dove lui riprende a navigare – come quando nel ventre della genitrice partoriente – accarezzava con il palmo nudo della mano sinistra il liquido amniotico della (ri)nascita. Infatti
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