Uscito in questi giorni “Non chiamatelo ragazzino” il nuovo libro di Marco Pappalardo, dedicato a Rosario Livatino, edito dalle Paoline. Marco Pappalardo è un giornalista – scrittore catanese , docente di lettere, impegnato a vario livello nell’ambito dell’educazione digitale del volontariato e della comunicazione, ha scritto più di 20 libri e negli ultimi due anni per le stampe Paoline oltre a “3P Padre Pino Puglisi “( 2018 ) ha pubblicato recentemente “Educarsi ed educare al web” (2020).
L’ultimo volume tratta la storia di Rosario Livatino giudice del tribunale di Agrigento, ucciso nel 1990 in un agguato mafioso, la mattina del 21 settembre, sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta mentre, senza scorta e con la sua auto, si recava in Tribunale. Uomo di diritto e fede, Papa Giovanni Paolo II, il 9 maggio 1993 rivolgendosi ai genitori di Livatino, dirà che gli uccisi dalla mafia: “Sono martiri della giustizia e indirettamente della fede”. Proprio il 9 maggio prossimo ad Agrigento Rosario Livatino sarà il primo magistrato nella storia della chiesa ad essere beato.
A curare la prefazione del volume, Sabastiano Ardita, noto magistrato italiano. Entrato in magistratura all’età di 25 anni, Ardita ha iniziato come sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, divenendo poi componente della Direzione distrettuale antimafia, ove si è occupato di criminalità organizzata di tipo mafioso, di inchieste per reati contro la pubblica amministrazione e di infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti e forniture.Prima ancora ha diretto la direzione generale detenuti del DAP-Ministero della Giustizia. Attualmente è componente togato il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm).
La stesura grafica del libro affidata a Roberto Lauciello, illustratore e fumettista che annovera tra le sue collaborazioni quelle con Topolino e le EL edizioni, rappresenta una peculiarità di rilievo.
Proviamo a conoscere meglio il pensiero dell’autore.
Come mai un libro dedicato ai minori con un tema così forte?
I bambini, i ragazzi, i giovani sono il presente ed il futuro della nostra società ed è necessario porre dinanzi a loro, con il linguaggio adeguato, temi e storie forti. Non vivono su un altro pianeta, dunque la consapevolezza dei problemi e la possibilità di affrontarli devono essere posti loro gradualmente. Da adulti scopriremo che c’è più consapevolezza e responsabilità di quanto pensiamo, ma serve dare “pane duro” e il giusto accompagnamento in ogni contesto educativo. Il mio libro è dunque adatto alla lettura personale, in famiglia, a scuola, in parrocchia, in oratorio.
La prefazione del libro a cura di Sebastiano Ardita ha certamente un peso giuridico- sociale importante. In particolare quali i motivi dipendenti questa scelta?
Conosco il Dottor Ardita da molti anni e ho sempre seguito il suo lavoro contro la mafia con interesse. Soprattutto ammiro il modo in cui ha vissuto e vive i diversi servizi per lo Stato, con equilibrio, rettitudine, coerenza, la giusta riservatezza. Per quanto mi riguarda vedo in lui molti tratti che erano di Livatino.
Come mai ha coinvolto nella stesura del libro Lauciello illustratore fumettista?
I libri di questa collana “Paoline”, essendo dedicata ai preadolescenti e agli adolescenti, hanno tutti questa caratteristica, per coinvolgere ancora di più i lettori. Credo che abbia fatto un ottimo lavoro!
Emerge dal libro il suo essere educatore ma ha senso parlare ai giovani su temi contorti e di non facile comprensione spesso anche per gli adulti ?
Ha sempre senso parlare ai giovani, ma ancora più senso ascoltarli veramente, dedicare loro del tempo, costruire insieme qualcosa. Gli educatori hanno la missione di porre dei semi nei diversi ambienti educativi, anche quando i frutti saranno raccolti da altri. In ogni giovane di oggi ci può essere il “giudice Livatino” di domani!
Come ritiene che questi ragazzi che non hanno conosciuto la storia della lotta alle mafie vivono questa devianza?
Il problema non è solo la mafia è la lotta contro di essa, ma anche quella contro la mentalità mafiosa diffusa ovunque; ci sono contesti, spesso quelli periferici, che soffrano particolarmente ed in modo evidente questa piaga, tuttavia se la criminalità organizzata è così forte, lo è per la connivenza di molti insospettabili. Oggi non manca nelle scuole, soprattutto, meno negli ambienti ecclesiali, il riferimento costante alla lotta contro le mafie e all’impegno per la giustizia.
Come mai il titolo del suo libro è in netto contrasto con l’idea che da anni è passata di un “giudice ragazzino”
Già quando fu proferita da Cossiga, questa perifrasi si presentò infelice e fuori luogo, e l’ottimo libro di Nando Dalla Chiesa – usandola provocatoriamente come titolo – dimostrò quanto Livatino, certamente giovane ma non “ragazzino” era più che all’altezza del suo ruolo. Inoltre, vogliamo pensare che la “stidda” abbia avuto paura di un “ragazzino”? Se l’hanno ucciso in quel modo, si vede che i loro timori erano tantissimi! Inoltre, essere chiamato “ragazzino” non piace neanche ai ragazzi stessi.
Chi è per lei Livatino?
Rosario Livatino è per me un modello di figlio, di studente, di magistrato, di uomo dello Stato, di “credente credibile”.
Ha scritto su padre Puglisi adesso su Livatino che il 9 maggio sarà beato ritiene che la lotta alla mafia nasca da una scelta religiosa?
Per loro sì, è la dichiarazione di martirio in “odium fidei” lo dimostra; la fede tuttavia è un dono, dunque anche chi non la ha o è in ricerca può certamente lottare laicamente contro la mafia non meno che Padre Puglisi e Rosario Livatino. Dal punto di vista religioso e cattolico non esiste a mio avviso il “credente antimafia” (o il prete antimafia), poiché ogni donna e uomo di Chiesa sono o devono essere contro chi ruba e uccide la dignità delle persone, della società, del creato. Come possiamo non rendere eroi queste persone per evitare che possa passare l’idea che la lotta alle mafie sia solo fatta da eroi e non da persone comuni Essere un eroe non è negativo ed è qualcosa di molto vicino al mondo dei bambini, dei ragazzi e dei giovani. Si può essere eroi nel quotidiano, facendo ognuno il proprio dovere, rispettando gli altri, prendendosi cura dei più deboli, non scendendo a compromessi. “Non chiamatelo ragazzino” racconta così il nostro giudice e, alla fine di ogni capitolo, pone delle domande per attualizzarne la figura e comprendere meglio cosa ciascuno possa fare da “persona comune”.
Ha già qualche data in cui presenterà il libro?
Il libro sarà presentato ufficialmente on line sulle pagine social delle edizioni Paoline mercoledì 5 maggio alle ore 18. Poi ho già in programma molti incontri on line con diverse scuole in cui studenti leggeranno il libro.
Ha qualche altro progetto in cantiere che vuole raccontarci ?
Entro il mese di giugno dovrebbe essere completato con l’editore “Il pozzo di Giacobbe” un progetto di quattro testi (coloratissimi, ricchi di attività, vicini al linguaggio dei bambini e dei ragazzi) per la catechesi, per le ore di Religione in classe, per i gruppi formativi di parrocchie e oratorio. Ad ottobre, sempre con “Paoline”, uscirà un libro scritto con due carissimi amici (Alfredo Petralia e Lorenzo Galliani) sull’uso pastorale ed ecclesiale dei social network e delle piattaforme on line. E questi sono solo quelli già in dirittura di arrivo!”