Quella camicia intrisa di sangue

La camicia intrisa di sangue è la reliquia ufficiale del Beato Rosario Angelo Livatino

AGRIGENTO, 9 maggio 2021 – Non lo nascondo, mi sono commosso quando nella Basilica Cattedrale di Agrigento, stamattina, è entrata la teca argentea contenente la camicia intrisa di sangue di Rosario, permettetemi di chiamarlo affettuosamente col suo nome, Rosario.

Rosario Angelo Livatino, è stato proclamato Beato.

Non chiamiamolo ragazzino. Quando fu coniato questo termine, qualcuno lo volle denigrare “non gli affiderei neppure la custodia della mia casa di campagna” fu detto.

Il Giovane Giudice, si, con la forza degli ideali dei giovani che si fondano sul coraggio e sulla integrità in cui credono.

Si, mi sono commosso davanti a quella camicia intrisa di sangue, molto più dello svelamento della sua bellissima immagine, con la palma del martirio, il suo codice, le sue agende e quella sigla, non più oscura ma che lo ha portato all’altezza degli altari, S.T.D. – Sub Tutela Dei – Sotto la protezione di Dio.  

Ma non facciamo di Rosario un santino, rischiando di annullare tutta la sua vita reale, con difficoltà, dolori, lotte e conquiste, serenità d’animo, amore, anche per i nemici.

LA CAMICIA

La Curia di Agrigento aveva chiesto qualche tempo fa in via temporanea l’affidamento della camicia indossata dal giudice al momento del mortale agguato del 21 settembre 1990. Un “reperto” giudiziario, fino ad oggi. Finalmente è arrivato da parte del Presidente del Tribunale il decreto di concessione di quella che è ormai lecito considerare una reliquia del magistrato.

Il suo sangue, ben visibile in quella camicia, è la reliquia.


L’OMELIA

Il Cardinale Marcello Semeraro, alla presenza di vescovi e sacerdoti provenienti dalle varie diocesi, ha dato subito lettura della disposizione di Papa Francesco: “Accogliendo il desiderio del cardinale Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizi della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d’ora in poi possa chiamarsi beato”.

La data di oggi non è stata scelta a caso. Era il 9 maggio del 1993 quando San Giovanni Paolo II ad Agrigento pronunciò la sua famosa “invettiva” contro la mafia: «Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio».

Il Cardinale Semeraro nell’omelia della Messa di Beatificazione ha commentato: “Rosario Livatino si è collocato come un bambino svezzato in braccio a sua madre. Mi piace pensare cosi al senso di quelle lettere, Sub Tutela Dei. Il beato scriveva queste parole, scriveva in pagine particolari e qualche volta l’ha scritto sovrastato dal segno della croce. I giusti si pongono sotto la croce – ha detto ancora il Cardinale Prefetto nell’omelia -, cioè sotto la tutela della protezione di Dio. Ed è questo che è accaduto a Livatino, è morto perdonando come Gesù i suoi uccisori. Nelle sue parole risentiamo il lamento di Dio. Il pianto del giusto che la liturgia del Venerdi santo pone sulle labbra di Gesù Crocifisso. Ma questo lamento non è un rimprovero, è un invito sofferto a riflettere sulle proprie azioni e a convertirsi”.

CREDIBILITA’

Poi il Cardinale Semeraro invita tutti a riflettere su una parola in particolare, la credibilità. “C’è una parola di Rosario su cui vorrei riflettere e possa aiutarci a comprendere non soltanto la sua vita ma anche la sua santità e il suo martirio – sottolinea il Cardinale – una parola sul ruolo del giudice in una società che cambia. L’indipendenza del giudice è nella sua credibilità che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni e in ogni momento delle sue attività. La parola è credibilità. E’ Gesù l’uomo credibile ed è credibile non soltanto perchè predicava ma perchè agiva coerentemente. Quella del Signore era una vita trasparente limpida, una vita affidabile. E’ proprio la credibilità la condizione posta da Gesù per essere suoi amici. La giustizia sostenuta dalla credibilità, perchè per la giustizia ci si spende. La credibilità è lo specchio della giustizia. Perchè la credibilità e la giustizia o stanno insieme o cadono insieme. L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri. Il nostro beato lo fu nel martirio, la sua morte non è solo un sacrificio ed è anche più dell’uccisione di un magistrato cattolico. Livatino è il testimone della giustizia del Regno di Dio. Seppure dunque Livatino è un eroe dello Stato e della legalità è anche martire di Cristo. La chiesa noi qui ad Agrigento lo onora come martire”.

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