CITTA’ DEL VATICANO, 9 ottobre 2021 – Si è aperto questa mattina con il discorso di papa Francesco il Percorso Sinodale che vedrà impegnata tutta la Chiesa per i prossimi due anni in un cammino comune per riflettere proprio sul tema della sinodalità nella chiesa.
“Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”, questo il tema scelto e impegnativo della riflessione non solo dei Vescovi cattolici ma dell’intero “popolo di Dio”.
Cosa è un Sinodo?
“Sinodo” è una parola antica legata alla Tradizione della Chiesa. Composta dalla preposizione “con”, e dal sostantivo “via” indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio, esprime l’essere convocati in assemblea. Sin dai primi secoli, vengono designate con la parola “sinodo” le assemblee ecclesiali convocate a vari livelli per discernere, comprendere, riflettere alla luce della Parola di Dio e in ascolto dello Spirito Santo, questioni dottrinali, liturgiche, canoniche e pastorali. L’esperienza del Sinodo è dunque quella di “camminare insieme”. I credenti sono, compagni di cammino, chiamati a testimoniare e ad annunciare la Parola di Dio.
Il Discorso di papa Francesco
L’intuizione di papa Francesco nel convocare questo Sinodo, non è nuova. Già in Argentina, da Vescovo, era il suo stile e in Italia da papa, aveva invitato la Chiesa italiana ad operare in sinodalità, già dal Convegno della Chiesa in Italia di Firenze, nel 2015.
Questa mattina, all’apertura di questo momento importante, nell’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano il Santo Padre ha voluto ribadire la speranza che “lo Spirito ci guiderà e ci darà la grazia di andare avanti insieme, di ascoltarci reciprocamente e di avviare un discernimento nel nostro tempo, diventando solidali con le fatiche e i desideri dell’umanità. Ribadisco che il Sinodo non è un parlamento, che il Sinodo non è un’indagine sulle opinioni; il Sinodo è un momento ecclesiale, e il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito, non ci sarà Sinodo”.
Papa Francesco ha ricordato che le parole-chiave del Sinodo sono tre: comunione, partecipazione, missione. “Comunione e missione sono espressioni teologiche che designano il mistero della Chiesa e di cui è bene fare memoria. Il Concilio Vaticano II ha chiarito che la comunione esprime la natura stessa della Chiesa e, allo stesso tempo, ha affermato che la Chiesa ha ricevuto «la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio» (Lumen gentium, 5)”. E poi c’è la partecipazione che è una un’esigenza della fede battesimale, afferma il papa. “«Noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo» (1 Cor 12,13). Il punto di partenza, nel corpo ecclesiale, è questo e nessun altro: il Battesimo. Da esso, nostra sorgente di vita, deriva l’uguale dignità dei figli di Dio, pur nella differenza di ministeri e carismi. Per questo – afferma Francesco –, tutti sono chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione. Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni. Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini. Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile! Tutti battezzati, questa è la carta d’identità: il Battesimo”.
I rischi
Anche il Sinodo però non è esente da rischi, avverte papa Francesco e ne elenco tre in maniera particolare: “Il formalismo. Si può ridurre un Sinodo a un evento straordinario, ma di facciata, proprio come se si restasse a guardare una bella facciata di una chiesa senza mai mettervi piede dentro. Invece il Sinodo è un percorso di effettivo discernimento spirituale… non possiamo accontentarci della forma, ma abbiamo anche bisogno di sostanza, di strumenti e strutture che favoriscano il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto tra sacerdoti e laici. Perché sottolineo questo? Perché a volte c’è qualche elitismo nell’ordine presbiterale che lo fa staccare dai laici; e il prete diventa alla fine il “padrone della baracca” e non il pastore di tutta una Chiesa che sta andando avanti”.
Un secondo rischio è quello dell’intellettualismo: “far diventare il Sinodo una specie di gruppo di studio, con interventi colti ma astratti sui problemi della Chiesa e sui mali del mondo; una sorta di parlarci addosso, dove si procede in modo superficiale e mondano, finendo per ricadere nelle solite sterili classificazioni ideologiche e partitiche e staccandosi dalla realtà del Popolo santo di Dio, dalla vita concreta delle comunità sparse per il mondo”.
Infine, ci può essere la tentazione dell’immobilismo: “Siccome si è sempre fatto così – questa parola è un veleno nella vita della Chiesa –, è meglio non cambiare. Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo. Il rischio è che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi: un rattoppo di stoffa grezza, che alla fine crea uno strappo peggiore (cfr Mt 9,16). Per questo è importante che il Sinodo sia veramente tale, un processo in divenire; coinvolga, in fasi diverse e a partire dal basso, le Chiese locali, in un lavoro appassionato e incarnato, che imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione”.
La speranza
Papa Francesco ha chiuso il suo discorso sperando che questa occasione di incontro, ascolto e riflessione sia un tempo di grazia per tutta la Chiesa cogliendo le opportunità che darà a tutto il popolo di Dio: “Incamminarci non occasionalmente ma strutturalmente verso una Chiesa sinodale: un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e possano partecipare. Ascoltare lo Spirito nell’adorazione e nella preghiera. Quanto ci manca oggi la preghiera di adorazione! Tanti hanno perso non solo l’abitudine, anche la nozione di che cosa significa adorare. Infine, abbiamo l’opportunità di diventare una Chiesa della vicinanza. Torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio sempre ha operato così. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore” (SECO).