Erano circa le 12 di lunedì 5 marzo, quando Roberto Pirrone, 65enne fiorentino incensurato, ha scaricato la sua arma da fuoco (6 colpi, 2 alla testa) contro Idy Diene, 54enne senegalese regolare in Italia, sul ponte Vespucci, nel cuore della città di Firenze. Diene si è accasciato al suolo morente, a nulla sono serviti i soccorsi del 118, date le gravissime condizioni in cui versava. Nel mentre il Pirrone fuggiva, in un atto di codardia pari alla sua incapacità di suicidarsi e preferire a ciò l’omicidio (svoltosi come un’esecuzione) di un uomo innocente. Il movente di questo omicidio verrà analizzato e scoperto dalle forze dell’ordine che stanno tuttora proseguendo le indagini. Nell’opinione di chi scrive è da escludersi un assassinio di matrice razzista (anche perché è stata ritrovata una lettera nell’abitazione dell’assassino che circoscrive le ragioni delle sue azioni alle condizioni economiche in cui versava), però bisogna tenere in considerazione una particolarità di questo atto. Molti giornali hanno detto e scritto che il Pirrone prima di uccidere Diene, abbia incontrato una famiglia con bambini e l’avrebbe evitata. Poi trovatosi di fronte all’uomo venditore ambulante si sarebbe determinato ad ucciderlo. Va premesso che piangere una famiglia di 3-4 persone è differente dal piangere una sola vittima. Purtroppo quell’unica vittima aveva una famiglia ed era un lavoratore, integrato nella comunità, che si è visto togliere la vita senza una ragione, in una lotta tra poveri che sta condizionando il nostro paese ormai da anni. Sono dunque comprensibili le reazioni della comunità senegalese, che si è vista attaccare direttamente e improvvisamente senza ragione, in un momento storico delicato e con dinamiche che non essendo praticamente comprensibili non possono che portare a gridare all’odio razziale. Inoltre, tale ragionamento è di per se ancor più lampante se si considerano i trascorsi avvenuti nella città di Firenze nel 2011, quando un militante di estrema destra uccise due uomini di nazionalità senegalese.
Ad ogni modo la violenza non deve mai essere giustificata, ma ogni atto condannato come deprecabile. Martedì sera si è tenuto un presidio da parte della comunità senegalese sul ponte Vespucci. Ha poi avuto inizio un corteo non autorizzato che è stato fermato dalle forze dell’ordine, senza che avvenissero disordini o altre forme di violenza. Sia nel momento del presidio che nel dolore si sono uniti i cittadini di Firenze. In molti, pieni di rabbia e di vergogna, hanno lasciato fiori e biglietti di cordoglio nel luogo dell’omicidio, a dimostrazione del fatto che esiste una parte di italiani che condividono il dolore dei loro fratelli come se fosse il proprio, e che si dissociano da questi atti di violenza ignobili.
Il sindaco Nardella ha precisato che “Firenze reagirà come ha sempre fatto, con la non violenza, il dialogo e il rispetto delle regole”.
Sabato prossimo è in programma una manifestazione, non ancora autorizzata (né al momento formalmente presentata) dal Comune di Firenze, che si discosterà dalle violenze e dagli atti vandalici a caldo di lunedì sera. La presidente della comunità senegalese di Firenze Diye Ndaye ha infatti dichiarato che quello di lunedì “doveva essere un momento tranquillo che purtroppo è degenerato, soprattutto per le parole di rabbia verso il sindaco”, il quale invitava alla calma la comunità. Rispetto alla manifestazione di sabato ha poi aggiunto che sarà “una manifestazione pacifica che riguarda tutti, non solo Idy, ma i diritti umani che sono stati toccati”.
Intanto nelle prossime ore si terrà a Palazzo Vecchio una preghiera interreligiosa, insieme all’imam di Firenze Izzedin Elzir, in ricordo di Idy Diene, a riprova del fatto che le comunità a Firenze sono unite e ben amalgamate l’una all’altra, capaci di condividere in modo pacifico il dolore di una perdita che ha coinvolto tutti quanti.