Catania, 6 febbraio 2022 – Per il perdurare delle limitazioni imposte dalla crisi epidemiologica da Covid-19, le celebrazioni di Sant’Agata sono state private del tripudio emozionale dei devoti alla sfilata della Santa che secolarmente, fin dalle prime ore dell’alba del 4 febbraio, segnava l’incontro della città con la santa Patrona. Anche quest’anno i fedeli hanno rinunciato alla tradizionale processione di Sant’Agata luccicante di oro e gemme preziose che, il rituale celebrativo prevede dopo la “Messa dell’Aurora” quando il busto reliquiario di sant’Agata viene portato fuori dalla stanza che lo ha custodito per un anno e “consegnato” ai devoti per la processione lungo un percorso esterno della città che si conclude con il rientro nella Basilica Cattedrale in tarda notte, spesso alle prime luci dell’alba.
Per il secondo anno consecutivo, dunque le commemorazioni in omaggio a Sant’Agata, si sono svolte all’interno della Basilica Cattedrale, con accesso limitato e in diretta streaming. La liturgia ha esaltato lo spirito religioso della festività glorificando il sacrificio della Santa Patrona di Catania, “che ha scelto di “perdere” la propria vita per restare sempre con il Suo amato Sposo Gesù”. Così, l’Amministratore Apostolico Monsignor Salvatore Gristina nell’Omelia della Messa dell’Aurora che ha intensamente spiegato come il dispiacere per la mancata processione lungo le strade di Catania in onore di Sant’Agata possa essere un momento di profonda preghiera “per coloro che vivono i disagi della pandemia, per tutti coloro che in vario modo sono loro vicini con l’esercizio della loro professione, con le attività del volontariato e con la ricerca scientifica. Non manchi la preghiera di suffragio per le vittime del covid 19”
Il video della Messa dell’Aurora del 4 febbraio 2022
Nella Basilica Cattedrale l’Omelia alla Messa dell’Aurora del 4 febbraio e l’Omelia della celebrazione liturgica del 5 febbraio sono state pronunciata dall’ Arcivescovo di Catania S.E. Monsignor Salvatore Gristina, dall’8 gennaio 2022 arcivescovo emerito e amministratore apostolico di Catania
Fratelli e Sorelle nel Signore,
1. Ogni anno la Messa dell’Aurora ci ha dato la possibilità del primo incontro con Sant’Agata nel contesto più autentico e più bello. Infatti, annunziando la morte del Signore e proclamando la sua risurrezione, noi celebriamo la manifestazione più grande del Suo amore per noi e possiamo anche ricordare la straordinaria risposta di Agata a tanto amore.
La Santa Messa dell’Aurora ci ha pure offerto la possibilità di essere raggiunti dallo stesso amore che sperimentò Agata e di essere fortificati per rispondervi generosamente come fece lei.
2. Anche quest’anno, come accadde l’anno scorso, stiamo vivendo in maniera diversa, cioè tramite i mezzi di comunicazione sociale, diversa uno dei momenti di più intensa partecipazione e gioia per i devoti di Sant’Agata nostra amata Patrona. Ancora una volta e con grande dispiacere non ci è possibile aprire con la Messa dell’Aurora le due intense giornate di eventi religiosi e civili che caratterizzano la festa di Sant’Agata.
Mi sia permesso di sottolineare che condivido pienamente il comune dispiacere. Esso, anzi, per me è ancora più grande perché è l’ultima volta che presiedo come vescovo le celebrazioni liturgiche in onore di Sant’Agata. Anch’io offro al Signore questo dispiacere, pregandoLo, come certamente fate pure voi, affinché al più presto possiamo uscire dalle difficoltà che il coronavirus continua a far sorgere in tutti gli ambienti. Anche in questa Santa Messa vogliamo pregare per coloro che vivono i disagi della pandemia, per tutti coloro che in vario modo sono loro vicini con l’esercizio della loro professione, con le attività del volontariato e con la ricerca scientifica. Non manchi la preghiera di suffragio per le vittime del covid 19.
Non potendo partecipare di presenza alla Messa dell’Aurora, non mancheremo di farlo domenica prossima, rendendola davvero giorno del Signore ed anche giorno di intensa devozione agatina.
3. Abbiamo ascoltato le parole che Gesù diceva a tutti (Lc 9, 23-26) e che quindi valevano per Agata come pure per noi. Agata ha camminato dietro a Gesù e non ha permesso a nessuno di separarla da Lui. Per questo ha persino scelto di “perdere” la propria vita per restare sempre con il Suo amato Sposo Gesù, del quale non si è vergognata, ma si è pienamente gloriata.
Anche la pagina di San Paolo (1Cor 1, 26-31) illustra splendidamente il comportamento di Agata. Lei, a differenza dei primi cristiani di Corinto cui si rivolgeva l’Apostolo, dal punto di vista umano era nobile e ricca e, quindi, potente. Ma, avendo compreso lo stile con cui agisce Dio, ha rinunziato a tutto per sintonizzarsi con il Signore.
Ciò risulta evidente nelle espressioni che leggiamo nella Passione di Agata e che mi piace citare. Quinziano chiese ad Agata: “Di che condizione sei tu? La beata Agata rispose: Non solo nata libera, ma di nobile famiglia, come lo attesta la mia parentela. Il console Quinziano disse: E se attesti di essere libera e nobile, perché mostri di vivere e vestire da schiava? Sant’Agata disse: Perché sono serva di Cristo, per questo mostro di essere schiava. Quinziano disse: Ma se sei veramente libera e nobile, perché volerti fare schiava? Sant’Agata disse: la massima libertà e nobiltà sta qui: nel dimostrare di essere servi di Cristo” (24-29).
4. Dobbiamo essere fieri, carissimi devoti, di questa coraggiose ed impressionanti parole di Agata.
Esse risuonano in quelle di tante sorelle e di tanti fratelli perseguitati anche ai nostri giorni perché cristiani. Sono i martiri di oggi, dei quali e delle quali si può gloriare la Chiesa, come se ne gloria Cristo stesso davanti al Padre.
La coraggiosa testimonianza di Agata e dei martiri di tutti i tempi costituisce nello stesso tempo qualcosa che non fa onore alla storia umana perché ricorda episodi di violenza verso persone innocenti.
Il Signore ci liberi da ogni forma di violenza, soprattutto se essa si ammanta di motivazioni falsamente religiose. Infatti, non può qualificarsi come atteggiamento autenticamente religioso quello che non trasforma la fede nell’unico Dio, in un chiaro impegno di fraternità, di rispetto reciproco e di operosa solidarietà.
5. Agata si proclamò serva di Cristo e per questo divenne e resta sempre liberazione e protezione per la nostra Città e per tutti i devoti. Anche questa mattina è bene ricordare che autentica devozione significa imitazione. Tutti, perciò, dobbiamo essere attenti e diligenti nel compimento dei nostri doveri personali e comunitari, civili ed ecclesiali.
La nostra gloria maggiore deve essere, come fu per Agata, il servizio al Signore Gesù attraverso quello che svolgiamo nella comunità civile ed ecclesiale di cui facciamo parte. In questo contesto possiamo invocare la protezione di Sant’Agata su tutti coloro che hanno il compito di promuovere il bene comune, a partire dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ieri pomeriggio ha iniziato il secondo mandato cui è stato chiamato dalla grande e meritata fiducia che la Nazione nutre nei suoi riguardi. Vogliamo pure affidare a Sant’Agata l’Arcivescovo eletto, Sua Eccellenza Monsignor Luigi Renna che accoglieremo tra noi sabato 19 febbraio. Egli, come vescovo della Chiesa catanese, sarà conosciuto anche attraverso le manifestazioni liturgiche in onore della Santa Patrona. E’ capitato anche a me in varie occasioni di essere identificato come “il vescovo di Sant’Agata”.
6. A Lei mi rivolgo pieno di fiducia al termine del mio servizio episcopale qui a Catania. Ho avuto la gioia e l’onore di favorire in questi venti anni ogni possibile avanzamento nella devozione agatina con la collaborazione di tante persone, fedeli e sacerdoti veramente devoti. Per loro e per me invoco la protezione della Santa Patrona, che prego anche a nome di tutti e particolarmente delle persone che soffrono perché non possono quest’anno onorare Sant’Agata come avrebbero desiderato.
Così sia per tutti noi.
( Salvatore Gristina)
5 FEBBRAIO 2022 – CELEBRAZIONE EUCARISTICA
OMELIA
Sorelle e Fratelli nel Signore,
- La Celebrazione Eucaristica che vi vede
devotamente collegati con la Cattedrale di Catania,
costituisce, probabilmente, qualcosa di inedito.
Infatti, nel programma della Festa di Sant’Agata, il 5
febbraio è sempre caratterizzato dal Solenne
Pontificale in onore della Santa Patrona,
abitualmente presieduto, con pochissime eccezioni,
da un Cardinale.
Una delle eccezioni accadde il 5 febbraio
2003 quando fui io a presiedere il Pontificale in
quanto per la prima volta partecipavo alla festa di
febbraio come nuovo arcivescovo. Il ricordo di
quella celebrazione è particolarmente vivo questa
mattina perché presiedo una concelebrazione che
nelle modalità dello svolgimento esteriore è
molto differente dall’abituale Pontificale del 5
febbraio. - La Messa di questa mattina, nel suo
significato e valore, è la stessa cui partecipava
Sant’Agata, ascoltando la Parola e nutrendosi del
Corpo e del Sangue di Cristo. Per Agata la Santa
Messa fu la scuola dove apprese che Cristo aveva
dato la vita per lei. Facendo l’esperienza di tanto
amore da parte di Gesù, Agata lo ricambiò e
consacrò la sua esistenza a Cristo.
Noi la veneriamo santa, vergine e martire, cioè
innamorata totalmente di Gesù e fedele
all’appartenenza a Cristo sino al martirio. Chiediamo
a Sant’Agata di ottenerci la grazia di partecipare alla
Santa Messa come faceva lei e di ricavarne gli stessi
frutti che la resero esemplare discepola di Cristo. - La Parola che abbiamo ascoltato ci illumina
per comprendere i tratti essenziali della vita e della
testimonianza della nostra Santa Patrona. Oggi
celebriamo ancora una volta il momento benedetto
in cui Agata ha messo in pratica quanto noi abbiamo
ascoltato nel brano del Vangelo di Matteo (10, 28-
33). Esso riporta le parole con cui Gesù incoraggia i
discepoli in vista delle persecuzioni che avrebbero
dovuto affrontare: “Non abbiate paura di quelli
che uccidono il corpo, ma non possono uccidere
l’anima …”.
Le parole di Gesù confermano quanto
abbiamo ascoltato nella prima lettura (Macc 7, 1-
2.9-14). Essa riferisce sul caso dei sette fratelli
che, presi insieme alla loro madre, resistettero
alle minacce e alle lusinghe con la forza che loro
infondeva la certezza della risurrezione per chi
resta fedele all’alleanza con Dio fino a sacrificare
la propria vita: “E’ preferibile morire per mano
degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di
essere da lui di nuovo risuscitati …”.
Paolo nel brano della seconda lettera ai
Corinti (6, 4-10) descrive lo stile forte ed
esigente della testimonianza che i discepoli sono
chiamati a dare nei riguardi del loro Maestro. - Leggendo il testo della Passione di Agata
possiamo ammirare la corrispondenza tra il suo
comportamento e il contenuto delle tre letture della
Messa.
Ascoltandole, noi forse ci siamo scoraggiati.
Infatti, esse ci descrivono prospettive e traguardi
paradossali rispetto a quanto abitualmente
ascoltiamo dagli altri o pensiamo noi stessi,
indottrinati da una pubblicità sempre più invadente e
suadente.
Agata ascoltò le parole di Gesù, le accolse con
gioia e le visse coraggiosamente. Per questo noi la
ricordiamo e la veneriamo; per questo siamo fieri di
lei e ne parliamo come di una persona che vorremmo
imitare. Questo, sorelle e fratelli, è il motivo più
vero della nostra devozione agatina: nel profondo
del nostro cuore abbiamo il desiderio di vivere
come Agata, con le sue virtù, superando ogni
rispetto umano e divenendo sempre più cittadini
e cristiani esemplari.
Anche questa mattina la voce della giovane
Agata risuona forte e sicura nell’incoraggiarci ad
imitarla nel restare uniti a Gesù per seguirlo
sempre, anche nelle circostanze in cui
proclamarci cristiani e vivere come discepoli di
Gesù non è facile, ma richiede forza e costa
sacrificio. - Comportandoci così seguiremo davvero
Sant’Agata. Questo è, o dovrebbe essere, il
significato autentico delle partecipate processioni
agatine. Quest’anno, come l’anno scorso, esse
non possono svolgersi secondo le indicazioni che
i Vescovi di Sicilia abbiamo prudentemente emanato
a causa della pandemia. L’assenza delle processioni
può aiutarci a comprendere meglio che partecipare a
questi gesti di devozione in onore della Madonna e
dei Santi, costituisce un pubblico impegno di voler
camminare con loro, di vivere come loro.
Venerando i santi e cercando di imitarli, la
Chiesa di Catania vuole realizzare con l’audacia
della fede il suo pellegrinaggio terreno alla luce del
Vangelo. La Santa Patrona ci accompagna con la sua
gloriosa testimonianza, soprattutto in questa stagione
della storia della Chiesa universale e particolare.
Infatti, in comunione con tutte le Chiese
abbiamo iniziato il cammino sinodale diocesano per
una Chiesa sinodale che ci vedrà crescere nella
comunione, nella partecipazione e nella
missionarietà.
In questo cammino si inserirà giorno 19
febbraio il nuovo Arcivescovo, Sua Eccellenza
Monsignor Luigi Renna. Egli diventerà nostro
compagno di viaggio; anzi, lo guiderà con il
ministero episcopale che svolgerà tra di noi con
la luce e la forza dello Spirito e come immagine
autentica di Gesù Buon Pastore.
Nuovamente lo affidiamo alla protezione di
Sant’Agata, alla quale affido anche me stesso
affinché mi accompagni nell’ultimo tratto del
cammino della mia vita. Anche per questo
desidero trascorrere il resto dei giorni, che il
Signore vorrà concedermi, in questa amata
Chiesa catanese.
Resterò così unito a voi, sotto la guida del
nuovo Pastore, verso il quale fin d’ora e
pubblicamente, nella fraternità episcopale,
prometto rispetto ed obbedienza. Insieme
pregheremo affinché la nostra Chiesa, la Chiesa
della gloriosa nostra Patrona Sant’Agata, cresca nella
fedeltà allo Sposo divino e nel multiforme servizio
che il Signore le affida.
Così sia per tutti noi.
(Salvatore Gristina)
………
La Storia
La festa di Sant’ Agata, patrona di Catania. La terza tra le feste più belle al mondo, celebrata dal 3 al 5 febbraio. Tre giorni di culto tra devozione, folclore e tradizioni. Catania offre alla sua patrona una festa straordinaria paragonabile alla Settimana santa di Siviglia o al Corpus Domini di Cuzco, in Perù. In quei tre giorni la città dimentica ogni cosa per concentrarsi sulla festa, misto di devozione e folklore. Un milione di persone tra devoti e curiosi. sono ogni attirati dai festeggiamenti della patrona della città etnea. Il primo giorno è riservato all’offerta delle candele. Una suggestiva usanza popolare vuole che i ceri donati siano alti o pesanti quanto la persona che chiede la protezione. Alla processione per la raccolta della cera, un breve giro dalla fornace alla cattedrale, partecipano le maggiori autorità religiose, civili e militari. Due carrozze settecentesche, che un tempo appartenevano al senato che governava la città, e undici “candelore”, grossi ceri rappresentativi delle corporazioni o dei mestieri, vengono portate in corteo. Questa prima giornata di festa si conclude in serata cori un grandioso spettacolo di giochi pirotecnici in piazza Duomo. I fuochi artificiali durante la festa di sant’Agata, oltre a esprimere la grande gioia dei fedeli, assumono un significato particolare, perché ricordano che la patrona, martirizzata sulla brace, vigila sempre sul fuoco dell’Etna e di tutti gli incendi.
Il 4 febbraio è il giorno più emozionante, perché segna il primo incontro della città con la santa Patrona. Già dalle prime ore dell’alba le strade della città si popolano di “cittadini “. Sono devoti che indossano il tradizionale “sacco” (un camice votivo di tela bianca lungo fino alla caviglia e stretto in vita da un cordoncino), un berretto di velluto nero, guanti bianchi e sventolano un fazzoletto anch’esso bianco stirato a fitte pieghe. Rappresenta l’abbigliamento notturno che i catanesi indossavano quando, nel lontano 1126, corsero incontro alle reliquie che Gisliberto e Goselmo riportarono da Costantinopoli. Ma l’originario camice da notte, nei secoli, si è arricchito anche del significato di veste penitenziale Tre differenti chiavi, ognuna custodita da una persona diversa, sono necessarie per aprire il cancello di ferro che protegge le reliquie in cattedrale: una la custodisce il tesoriere, la seconda ilcerimoniere, la terza il priore del capitolo della cattedrale. Quando la terza chiave toglie l’ultima mandata al cancello della cameretta in cui è custodito il Busto, e il sacello viene aperto, il viso sorridente e sereno di sant’Agata si affaccia dalla cameretta nel crescente tripudio dei fedeli impazienti di rivederla. Luccicante di oro e di gemme preziose, il busto di sant’Agata viene issato sul fercolo d’argento rinascimentale, foderato di velluto rosso, il colore del sangue del martirio, ma anche il colore dei re. Prima di lasciare la cattedrale per la tradizionale processione lungo le vie della città, Catania dà il benvenuto alla sua patrona con la solenne “Messa dell’Aurora“, celebrata da S.E. Mons. Arcivescovo. Tra i fragori degli spari a festa, il fercolo viene caricato del prezioso scrigno con le reliquie e portato in processione per la città.
Il “giro“, la processione del giorno 4, dura l’intera giornata. Il fercolo attraversa i luoghi del martirio e ripercorre le vicende della storia della “santuzza“, che si intrecciano con quella della città: il duomo, i luoghi del martirio, percorsi in fretta, senza soste, quasi a evitare alla santa il rinnovarsi del triste ricordo. Una sosta viene fatta anche alla “marina” da cui i catanesi, addolorati e inermi, videro partire le reliquie della santa per Costantinopoli. Poi una sosta alla colonna della peste, che ricorda il miracolo compiuto da sant’Agata nel 1743, quando la città fu risparmiata dall’epidemia. I “cittadini” guidano il fercolo tra la folla che si accalca lungo le strade e nelle piazze. In quattromila o cinquemila trainano la pesante macchina. Tutti rigorosamente indossano il sacco votivo e a piccoli passi, tra la folla, trascinano il fercolo che, vuoto, pesa 17 quintali, ma, appesantito di Scrigno, Busto e carico di cera, può pesare fino a 30 quintali. A ritmo cadenzato e agitando bianchi fazzoletti, gridano: “cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti, cittadini, viva sant’Agata“, un’osanna che significa anche: “sant’Agata è viva ” in mezzo alla folla. Il “giro” si conclude a notte fonda quando il fercolo ritorna in cattedrale.
Sul fercolo del 5 febbraio, i garofani rossi del giorno precedente (simboleggianti il martirio), vengono sostituiti da quelli bianchi (che rappresentano la purezza). Nella tarda mattinata, in cattedrale viene celebrato il pontificale. AI tramonto ha inizio la seconda parte della processione che si snoda per le vie del centro di Catania, attraversando anche il “Borgo“, il quartiere che accolse i profughi da Misterbianco dopo l’eruzione del 1669. Il momento più atteso è il passaggio per la via di San Giuliano, che per la pendenza è il punto più pericoloso di tutta la processione. Esso rappresenta una prova di coraggio per i “cittadini”, ma è interpretato anche – a seconda di come viene superato l’ “ostacolo” – come un segno celeste di buono o cattivo auspicio per l’intero anno. All’alba del giorno 6, il Fercolo con le reliquie giunge in via Crociferi. E’ il momento in cui la Santa saluta la città prima della conclusione dei festeggiamenti. Per tutta la notte, migliaia di cittadini in camice bianco sfidano il freddo della notte, gridando “Viva Sant’Agata“, in un momento denso di magia e spiritualità. A questo punto, mentre improvvisamente l’atmosfera si fa silenziosa, si eleva il canto angelico delle monache di clausura. L’origine del testo e della musica si perde nella notte dei tempi, anche se una leggenda tramanda che il suo autore fu un siciliano di nome Tarallo, che lo compose appositamente per le monache di clausura di San Benedetto. A notte fonda i fuochi artificiali segnano la chiusura dei festeggiamenti. Quando Catania riconsegna alla cameretta in cattedrale il reliquiario e lo scrigno, i sacchi bianchi non profumano più di bucato, i volti sono segnati dalla stanchezza, i muscoli fanno male, la voce è ridotta a un filo sottile. Ma la soddisfazione di aver portato in trionfo il corpo di sant’Agata per le vie della sua Catania riempie tutti di gioia e ripaga di quelle fatiche. Bisognerà aspettare diversi mesi, la festa estiva del 17 agosto, o un altro anno (la festa del 5 febbraio), per poter vedere sorridere ancora una volta il viso buono della santa che fu martire per la salvezza della fede e di Catania.
Il fercolo, raffinata opera d’argenteria impiegata per portare in processione le sacre Reliquie della Martire catanese attraverso le vie cittadine nei giorni delle festività agatine. Nel 1519 iniziò l’opera Vincenzo Archifel arricchita poi da ornamenti dal figlio Antonio; nel corso dei secoli venne abbellita di nuovi addobbi: i marchi e le sigle sulle parti argentee testimoniano come nel tempo diverse maestranze, soprattutto catanesi e messinesi, si sono avvicendate nella realizzazione dell’opera che nel corso dei secoli ha subito diverse trasformazioni e danneggiamenti ultimo dei quali in seguito ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale che ne ha determinato il totale rifacimento. Nello zoccolo in basso diverse formelle illustrano scene della vita, del martirio della Santa e del rientro a Catania delle reliquie da Costantinopoli
La festa di Sant’Agata è inscindibile dalla tradizionale sfilata delle “candelore”,enormi ceri rivestiti con decorazioni artigianali, puttini in legno dorato, santi e scene del martirio, fiori e bandiere. Le candelore precedono il fercolo in processione, perché un tempo, quando mancava l’illuminazione elettrica, avevano la funzione di illuminare il passo ai partecipanti alla processione.
Alla tradizione della santa catanese sono legate specialità dolciarie che oltre alla calia e simenza, ricorrenti nelle feste sicilliane, si annoverano le ‘olivette’ e le”Cassateddi di Sant’Aita” o “Minni di Sant’Aita“. che simboleggiano le mammelle della santa strappatele per obbligarla ad abiurare la sua fede, prima di essere gettata sui carboni ardenti.