La scorsa settimana è entrata in vigore una legge che introduce una censura militare e che rende ancora più difficile parlare del conflitto in Ucraina. Ma fermare le voci contro il conflitto è impossibile: arrivano da fronti diversi della Russia. La lotta contro questa guerra andrà avanti finché non cesseranno le ostilità”. A scandire questo messaggio è Alexandra Polivanova, esponente del consiglio direttivo di Memorial International, una delle anime di Memorial, ong nata nel 1990, nell’Unione Sovietica al tramonto, ritenuta la più antica organizzazione in difesa dei diritti umani della Russia.
L’intervista con l’agenzia Dire si svolge nel contesto dell’offensiva militare lanciata da Mosca in Ucraina due settimane fa. Il tema centrale è quello del dissenso contro la guerra e contro il presidente Vladimir Putin e della contemporanea risposta del governo russo, ogni giorno più decisa. Stando a dati dell’organizzazione di monitoraggio degli incarceramenti per ragioni politiche Odv-Info, in 14 giorni le persone arrestate sono oltre 13mila.
Polivanova, nativa di Mosca, può declinare la questione alla prima persona. La sua organizzazione è di fatto non più esistente dal 28 febbraio, mentre la sede moscovita della ong è stata messa a soqquadro da un raid delle forze di sicurezza la settimana scorsa.
L’ultimo giorno di febbraio, quattro giorni dopo lo scoppio della guerra, ha segnato il punto di arrivo di un procedimento legale contro l’ong che il governo russo aveva avviato a novembre. La giustizia di Mosca aveva infatti chiesto la chiusura dell’organizzazione sulla base di una legge sulle ingerenze di “agenti stranieri” che ha riguardato numerose realtà della società civile locale. “Dopo una lunga serie di udienze la magistratura ha ordinato la chiusura di Memorial International – ricostruisce l’attivista – mentre per quanto riguarda l’altra componente del nostro movimento, il Memorial Human Rights Center, siamo ancora in attesa del verdetto della Corte di appello”.
Contro questo epilogo per Memorial International si è schierata anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che tramite un provvedimento provvisorio ha chiesto alla Russia di sospendere il processo di liquidazione dell’ong lo scorso dicembre. Una decisione in merito a questa richiesta non è ancora stata presa e la prossima udienza, riferisce Polivanova, “è prevista per il 22 marzo”.
Gli attivisti hanno comunque deciso di approfittare della data simbolica del 28 febbraio per rilanciare l’opposizione al conflitto in Ucraina. “Abbiamo onorato l’ultimo giorno della nostra sede organizzando un festival dal titolo chiaro: ‘Noi siamo contro la guerra’. Abbiamo invitato poeti, musicisti, scrittori, e gli abbiamo dato la possibilità di esprimere il loro sostegno alla pace”, ricorda l’esponente di Memorial.
In attesa della decisioni della giustizia russa, l’ong ha già avviato il processo di liquidazione “che, visto che si tratta di un’organizzazione molto grande, prenderà diversi mesi”, spiega Polivanova. A interrompere questa fase di chiusura, lo scorso venerdì mattina, una perquisizione nel quartier generale di Mosca dell’organizzazione, lungo via Maly Karetny, a due passi dal centrale giardino dell’Hermitage. A condurre l’operazione, un commando di “siloviki”, gli agenti dei servizi di intelligence e delle forze armate. “Il raid è durato almeno cinque ore. Sono entrati anche nella sede di un comitato di nostri colleghi e amici, il ‘Civil Assistance'”, riferisce Polivanova, che continua: “Non hanno fatto uscire chi già si trovava negli uffici e non hanno fatto entrare nessun altro: né avvocati né rappresentanti di altre autorità. Insieme a reparti della polizia antisommossa e a ufficiali giudiziari senza la divisa, hanno cercato ovunque e hanno confiscato computer fissi, portatili e dischi rigidi”.
L’attivista specifica però che “è stato impossibile verificare tutto quello che hanno preso, perchè poliziotti in tenuta antisommossa hanno scortato gli ufficiali fuori dal palazzo”.
Segni visibili della perquisizione sono rimasti però come un monito nella sede di Memorial, ong che riunisce il lavoro di oltre 50 organizzazioni in tutta la Russia e che ha uffici in altri 11 Paesi, Italia compresa. “Dato che non riuscivano ad aprirla, hanno letteralmente estratto una cassaforte dal muro, rompendone una parte” denuncia Polivanova. “Poi hanno scritto su una lavagna una grossa ‘Z’, il simbolo dell’offensiva russa in Ucraina, e sotto la frase: Memorial è finita.
Fonte Agenzia Dire