Gravi nubi si addensano sull’orizzonte mondiale. Dopo la pandemia da Covid-19 è stata la volta dell’invasione russa dell’Ucraina, mentre pochi giorni fa il governo del Kosovo ha deciso di rimandare di 30 giorni l’introduzione di un obbligo che impone l’utilizzo di targhe per le auto kosovare al posto di quelle serbe.
La misura era entrata in vigore a mezzanotte dal 1° agosto ma il giorno prima erano scoppiati disordini che avevano convinto il premier Albin Kurti a posticipare il piano al primo settembre, ribadendo comunque che l’obbligo verrà applicato. La prima conseguenza è stata che la Russia di Putin ha preso posizione a favore dell’antico alleato serbo, mentre l’Unione europea si è mossa sul piano opposto.
Il rapporto tra Pristina e Belgrado è sempre stato storicamente molto difficile e complicato. Alla fine della Seconda guerra mondiale il Kosovo, con una forte componente etnica albanese, divenne una provincia della Serbia all’interno della Jugoslava. Quando alla fine degli anni ’80 in Serbia prese il potere Slobodan Milosevic, il Kosovo venne posto sotto il governo diretto di Belgrado.
Anche qui, come in Ucraina, altro fuoco sotto la cenere in Europa. Infatti il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia nel 2008 ed ha ottenuto il riconoscimento da circa 100 Paesi, tra cui 22 dei 27 Stati membri dell’Unione europea (compresa l’Italia). Senza dimenticare, anzi evidenziando, che l’indipendenza non l’hanno riconosciuta la Serbia e i suoi storici alleati la Russia e la Cina, che hanno sinora impedito al Kosovo di entrare nelle Nazioni Unite.
Terzo focolaio, ancor più pericoloso, è scoppiato a Taiwan l’antica Formosa. Taiwan è una delle più forti economie del mondo ed è la patria della produzione degli ormai indispensabili semiconduttori. Infatti la società Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) ne è la prima espressione. Dai dati del secondo trimestre del 2022 si evidenzia come questa compagnia, da sola, produca il 52,9% dell’intero fabbisogno del mercato mondiale. Circa due miliardi e mezzo di persone al mondo, insomma, utilizzano ogni giorno prodotti con dentro i semiconduttori da lei prodotti a Taiwan.
Nel frattempo, una fortissima inflazione su scala mondiale ha costretto la BCE e la FED ad alzare i tassi per tentare di frenarla. La Federal Reserve con l’aumento della settimana scorsa ha portato il tasso di interesse al 2,25-2,5%, secondo innalzamento di 3/4 di punto in appena 40 giorni. Powell ha ricordato che la Fed ha a disposizione tutti gli strumenti e la determinazione per far tornare alla stabilità i prezzi.
Tuttavia, queste decisioni stanno contribuendo però a creare nuove problematiche che, senza accorgercene, hanno fatto entrare gli Stati Uniti in una recessione tecnica. Quest’ultimo fenomeno si verifica quando il prodotto interno lordo fa segnare una variazione congiunturale negativa per due trimestri consecutivi, mentre la recessione economica si ha quando si è in presenza di una variazione negativa del Pil “tendenziale”, cioè rispetto all’anno precedente. La situazione negativa negli USA potrebbe avere effetti disastrosi per l’economia globale, che risentirebbe enormemente di una eventuale recessione americana.
A settembre c’è la forte possibilità che la Fed statunitense possa di nuovo procedere ad un aumento del tasso superiore a quello della settimana appena trascorsa, e che alla fine del 2022 si potrebbe addirittura raggiungere un livello dei tassi intorno al 3-3,5%. Dal canto suo, Biden ha lanciato un piano da 369 miliardi di dollari che dovrebbe rallentare in particolare i prezzi dell’energia e dei farmaci, intento opportuno ma che potrebbe avere effetti sia sull’inflazione che sulla recessione.