Ora che se n’è andato in silenzio per l’ultimo viaggio, accompagnato dai suoi familiari -la moglie Loredana, e dalle figlie Francesca Paola e Marianna- le ultime immagini di Gianni Minà, della sua presenza qui tra noi sono quelle della Camera ardente allestita in Campidoglio a Roma, della bara su cui è deposta una bandiera color granata come quella del suo amato ‘Toro’, circondata dai familiari, dagli amici, dai colleghi, dai partigiani dell’ANPI (l’Associazione cui era iscritto), con i loro fazzoletti rossi al collo, da don Ciotti di Libera, e salutata dalle parole d’addio del Sindaco Roberto Gualtieri a nome di tutti. L’addio al “giornalista straordinario, autore di pagine memorabili, al protagonista e testimone di pagine fondamentali della storia del 900, impegnato soprattutto nell’America Latina e in tante battaglie per i diritti e per la libertà”.
Nel suo saluto, Gualtieri ha ricordato che Minà era una personalità straordinaria e anche una persona dolcissima, con un grandissimo cuore che ha messo tutto il suo impegno, la sua passione e tutto il suo rigore nel rendere nobile il mestiere del giornalismo, protagonista della vita culturale ma anche civile e democratica del nostro paese e del mondo. Ci sono oggi Paesi e continenti che lo ricordano e lo piangono. “Minà ha segnato anche una grande fase di modernizzazione televisiva. Credo vada ricordato come un grande della cultura e del giornalismo italiano”. Il suo cuore si è fermato, dopo breve malattia, il 27 marzo scorso, all’età di 84 anni e la notizia ha suscitato sui social un’ondata di cordoglio, accompagnata da parole di affetto, stima, e ricordi, immagini e filmati, che varrebbe la pena conservare. All’ammirazione di Renzo Arbore per “il giornalista fuori ordinanza “tantissimi altri hanno posto l’accento sul suo modo di fare giornalismo, carico di umanità e simpatia verso l’interlocutore, messo a proprio agio e quindi in grado di raccontarsi con semplicità e sincerità. Altri, come Massimo Troisi hanno scherzato sulla sua Agenda, l’intervista rilasciata a Minà e che doveva essere un racconto sul suo rapporto con Pino Daniele, è forse quella più diffusa sui social: “Invidio la sua agendina” – dice l’indimenticabile attore – “lui c’ha Fidel senza Castro e per arrivare a me ha aperto l’agendina, ha letto Fratelli Taviani, Toquigno, Troisi”. Ascanio Celestini spiega così il “segreto” del loro incontro e delle sue celebri interviste: “Lui che ha conosciuto Fidel Castro, Robert De Niro, il Subcomandante Marcos, Garcia Marquez, Muhammad Ali, i Beatles, Maradona, Sepulveda…quella sera ha incontrato anche il Quagliaro del Quarticciolo… Tutti quei racconti di Gianni sembravano incontri con gente qualsiasi. Castro è uno conosciuto in vacanza. De Niro è l’attore del teatro parrocchiale. Muhammad Ali è il pugile della palestra popolare. Tutta gente di casa. Tutto il mondo un condominio. Tutta la vita un viaggio.”
Altri ricordano gli incontri-confessioni di Maradona o con Lula, l’attuale Presidente del Brasile, oltre alla chilometrica intervista (divenuta libro) con Fidel Castro o con il comandante Marcos. Certo, non sono mancate dure critiche per questo suo giornalismo militante. Di sinistra. Ma la sua visione politica e sociale lo ha portato su quel versante, partecipando alle lotte, soprattutto nell’America Latina che lui amava, per il lavoro, contro le ingiustizie le violenze e le terribili dittature militari, per la libertà dall’oppressione. A tutto questo, Minà ci era arrivato attraverso un lungo percorso giornalistico. Nato nel ’38 a Torino da famiglia di origine siciliana, la passione per lo sport e il giornalismo, lo portò fin da giovane a collaborare nel 1959 a ‘Tuttosport’ di cui fu poi direttore dal 1996 al 1998. Nel 1960 l’esordio in Rai come collaboratore dei servizi sportivi per le Olimpiadi di Roma. Quindi, per il rotocalco ‘Sprint’ diretto da Maurizio Barendson iniziò a realizzare reportage e documentari per Dribbling, Odeon, Gulliver… Minà ha al suo attivo otto Mondiali di calcio e sette Olimpiadi, oltre a vari campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli dell’epoca di Muhammad Ali, di cui è nota l’amicizia.
Dopo 17 anni di precariato, fu assunto al TG2 diretto da Andrea Barbato, per il quale iniziò a raccontare sia la grande boxe e l’America dello show-business, che i conflitti sociali delle minoranze in America Latina, che hanno segnato la sua vita e la sua carriera. E’ noto che nel 1978, mentre seguiva il Campionato mondiale (la giovane Italia di Bearzot arrivò quarta), Minà venne espulso dall’Argentina per aver fatto domande sui desaparesidos al capitano di vascello Carlos Alberto Lacoste (capo dell’ente per l’organizzazione del mondiale) durante una conferenza stampa.
Ma furono gli anni ‘80 a segnare una svolta nella carriera di Gianni Minà. Dapprima con l’assegnazione del Premio Saint Vincent quale miglior giornalista televisivo dell’anno, poi con la realizzazione insieme a Giovanni Minoli di due programmi innovativi e di straordinario successo come ‘Mixer’ e ‘Blitz’, che occupava tutta la domenica pomeriggio e che vide la presenza di straordinari personaggi come Federico Fellini e Giulietta Masina, Sergio Leone, Eduardo De Filippo, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel Garcia Marquez (Premio Nobel per la letteratura), Enzo Ferrari, Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Leo Ferré, Tito Schipa jr e Muhammad Alì, al quale dedicò un lungometraggio intitolato: Cassius Clay, una storia americana.
Chi scrive ebbe il privilegio di collaborare con Blitz, intervenendo la domenica dallo Stadio Franchi di Firenze con collegamenti nell’intervallo della partita. Gianni mi aveva dato carta bianca, piena libertà di scelta degli ospiti. Uno de più importanti fu nel febbraio dell’84 quando in cabina portai Dario Fo e Franca Rame, che erano a recitare al Teatro Tenda di Firenze. Durante il loro intervento commenti al volo sulla partita, si giocava Fiorentina-Sampdoria, poi l’invito di Gianni ai due preziosi ospiti di ritornare in Rai, negli studi di Milano, da cui andava in onda Blitz, dopo un lungo periodo di assenza fisica (a seguito della loro esclusione). Ciò che di lì a poco avvenne. Purtroppo quella giornata fu turbata dal secondo grave incidente ad Antognoni, che Franca aveva ammirato con parole di stupore per l’eleganza della falcata e il modo giocare del capitano viola. Frattura di una gamba.
In altra occasione avevo condotto in cabina il grande Carlo Monni, del quale il mondo dello spettacolo ricorda gli esordi con Roberto Benigni. Ma con Gianni il rapporto andava oltre ‘Blitz’. Fu lui a chiedermi di fare da cicerone ad un suo carissimo amico cubano e, quindi, a farmi conoscere Alberto Korda, con il quale e la di lui giovane moglie trascorsi ore meravigliose. Korda era il fotografo della Rivoluzione cubana, amico di Fidel e di Che Guevara: è sua la foto più iconica del Che, trasformata nel manifesto più diffuso al mondo. Un’immagine, quella, estrapolata da una foto di gruppo scattata ad un funerale. Quante cose mi raccontò Alberto. Minà non dimenticò mai di essere uomo e giornalista sportivo.
A Firenze venne a presentare una serata dei ‘viola’ (gemellati con il ‘Toro’), in cui si festeggiavano tre straordinari numeri 10: Miguel Montuori, Giancarlo De Sisti e Giancarlo Antognoni. E a proposito di Grande Calcio, raccontato e vissuto da Gianni Minà, credo valga la pena ricordare un episodio sconosciuto ai più raccontatomi da Antonello Venditti: subito dopo la Festa a Roma per il ritorno degli azzurri che avevano vinto il Mondiale in Spagna, ci fu una cena a casa di Gianni alla quale presero parte anche Paolo Rossi, Marco Tardelli e Bruno Conti. Dopo la quale, era forse già l’alba, i cinque amici (Gianni, Antonello, Paolo, Marco e Bruno) se ne andarono in giro in auto per Roma e, una volta arrivati in piazza Belli, scesero e cominciarono a giocare a palla come si faceva da ragazzi nelle nostre piazze senza traffico. Tre campioni del mondo a giocare con i due amici in piazza! Tra l’incredulità e lo stupore dei rari passanti.
A questo punto, credo sia giusto chiudere questo ricordo di Gianni Minà, proprio con le parole di Antonello Venditti: “Gianni è stato un testimone del nostro tempo, uno di noi, non c’è momento storico, una foto importante o meno importante in cui non appaia lui. Sì, un testimone garbato, onesto, un testimone narrante di tutte le cose che son successe, un Forrest Gump del giornalismo, mi pare la definizione perfetta.”
*da L’Indro del 30 marzo 2023