Andrà in onda su Rai Radio 3 il 25 novembre alle ore 20,30 – per la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne – la lettura Barbablù/Bluebeard, testo di Hattie Naylor, traduzione di Monica Capuani, interprete Tommaso Ragno e con la regia di Veronica Cruciani; sonorizzazione a cura di Giovanna Natalini, introduzione di Simona Argentieri, a cura di Laura Palmieri.
Veronica Cruciani porta in radio un testo feroce, drammatico, potente e necessario perché la violenza contro le donne è sempre più al centro del dibattito pubblico: persino in un’epoca che si professa civilizzata come la nostra il fenomeno è in aumento.
È un testo controverso, che pone interrogativi e questioni che ad alcuni potrebbero risultare “scandalosi”, questo Bluebeard della drammaturga britannica Hattie Naylor, monologo teatrale che ha debuttato all’Old Vic di Bristol nel giugno 2013 per poi approdare al Soho Theatre di Londra, e ancora mai rappresentato in Italia.
Un racconto in prima persona, senza mezze misure e senza sconti, di un uomo che confessa le sue imprese sessuali, senza indulgenza verso di sé o le sue partner. Una confessione che contiene in sé (come la favola di Perrault) due tratti tipici dello schema criminologico che si ritrova nella casistica delle forme più gravi di violenza di genere: la dipendenza / sottomissione al potere maschile e l’isolamento della donna vittima.
Dalle note di regia di Veronica Cruciani
Le donne continuano a morire. Il femminicidio è l’esplosione di violenza che porta all’uccisione di una donna quando decide di non rispettare il confine del ruolo impostole da un uomo. Come l’ultima moglie di Barbablù, che oltrepassa la soglia della stanza proibita.
“Ho sempre voluto scrivere un Barbablù”, dice la drammaturga inglese Hattie Naylor. “Barbablù si inserisce in modo molto scomodo nella tradizione della fiaba, perché è un racconto particolarmente raccapricciante. Ci sono pochi serial killer nelle fiabe. La mia ispirazione è stata anche la bellissima versione di Angela Carter in La camera di sangue. Non mi ha mai convinto l’opinione comune sulla morale di Barbablù, e cioè che “la curiosità ha un prezzo”. Di solito le fiabe sono avvertimenti, ma la punizione che tocca alla nuova moglie di Barbablù è del tutto sproporzionata rispetto al crimine”.
Nella mia visione lo spazio di Barbablù è il luogo del narcisismo maschile. È lo spazio in cui l’aguzzino costruisce la documentazione celebrativa delle sue gesta ero(t)iche, che è anche lo spazio che i corpi delle donne-vittima hanno abitato.
Questo moderno Barbablù parlerà al microfono – strumento che metterà in luce la dimensione di auto-rappresentazione perversa della propria vita. Il tentativo di narrarsi, celebrarsi, giustificarsi, di fare mondo, di essere mondo. Di lasciare traccia, una traccia manipolata e costruita che disegna la propria autobiografia adulterata.
“Jung credeva nelle storie archetipiche, storie che ci colpiscono nel profondo, e che risiedono da e per sempre nell’‘inconscio collettivo’”, continua Hattie Naylor. “Quando attingi a un archetipo, stai utilizzando un modello durevole, solido e familiare, con risonanze emotive già molto profonde. È un grande trampolino. Puntare un riflettore sui luoghi più bui della nostra condizione umana, con le sue infinite sfumature e contraddizioni. Astenendosi dal giudizio, ponendo interrogativi difficili, lasciandoci preda di complessi dilemmi. È questo il mandato delle fiabe immortali, della tragedia greca, della migliore drammaturgia contemporanea”.