Tetovo, 21 ottobre 2023 – Il tempo percorre le strade nella storia che ogni memoria si porta dentro. Ci sono popoli e civiltà che si intrecciano. Conoscono le distanze che possono diventare lontananze. Viaggio guardando i simboli che ogni geografia cattura ed io cerco di percepire dal volto della gente il sorriso del cuore o la malinconia dell’anima.
Ci sono storie profonde che non riguardano gli uomini soltanto, ma intere comunità e le eredità sono una forza che si esprimono in identità. Porre in un intreccio eredità e identità significa capire le appartenenze. Non è una questione di tradizione soltanto. Si tratta di un mondo antropologico in cui la lingua diventa fondamentale.
I costumi di un popolo sono dentro i riti di una civiltà. Le religioni rispetto alla lingua possono avere i loro attraversamenti. Ma sono le lingue che fronteggiano l’identità antropologica di un territorio. Parlare è comunicare. Comunicare è penetrare quel tempo-storia che ognuno di noi si porta dentro e che si realizza come manifestazione di una esperienza-espressione.
Tutto ha un senso. I popoli balcanici non sono identificabili in una tradizione unica. Sono Adriatici, Illirici, Slavi. Può sembrare la comunanza di un unico idioma antropologico e quindi di un unico percorso culturale e cultuale. Non è così. Gli Albanesi non sono Slavi. I Macedoni hanno dei riferimenti cirillici. Gli Slavi hanno un modello oltre l’islamismo. Eppure il mondo musulmano è dentro questo loro cammino.
Sono stato più volte in queste realtà. Il fascino del mistero coinvolge. Ma il Mediterraneo pur essendo legame eterogeneo può necessariamente avere un ruolo intrecciante. La Macedonia albanese ha una sua eredità di storia e di tempo soprattutto nei confronti di riferimenti appunto Adrio-mediterranei. La Macedonia dei macedoni ha connotati che ha rimandi greco-musulmani. Potrebbe sembrare contraddittorio ma non li è.
Basterebbe entrare nelle condizioni linguistiche per rendersi conto di ciò. Osservare l’alfabeto diventa fondamentale. Comunque hanno potenti radicamenti in ciò che è stata la storia dal Medioevo all’epoca rinascimentale. Non è un dato politico soltanto. È in modo particolare una specificità etno-antropologica. Le etnie hanno una valenza di un significato notevole.
Camminare tra le strade è leggere il tutto in una sintesi stravolgente. Ho vissuto una esperienza straordinaria ritornare dopo anni a Tetovo in Macedonia. Tra gli albanesi di Tetovo ho ritrovato l’Albania della mia eredità. Significa vivere di quella accoglienza che solo i popoli che hanno conosciuto la storia trasformatesi in mito e appartenenza possono possedere.
La letteratura è coinvolgere etnie e riti, lingua e costume, festa e religiosità. Un tempo la favola raccontava. Ancora oggi la favola racconta. Ho vissuto la favola da abitare tra lingue e appartenenze.
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Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.
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