Roma – In che modo in tutti questi anni è stata raccontata la diaspora del 1400 di un antico popolo quale quello degli Arbëresh? Come i giornali hanno trattato il tema delle minoranze linguistiche storiche?
È sufficiente quanto la stampa fa ogni giorno per tutelare questo mondo? Cosa la politica dovrebbe fare di più per l’Istruzione e cosa la stampa e il mondo della comunicazione dovrebbero riscoprire?
La presenza etnica degli italo albanesi in Italia ha al centro della problematica certamente la lingua, ma occorre anche andare oltre e considerare quegli elementi che hanno valenza artistica, antropologica e letteraria. La lingua potrà reggersi se intorno alla difesa della lingua si creeranno processi comparati che vanno a chiosare la realtà delle culture nella complessità dei fattori. Cerchiamo di fare un discorso alto e profondo. Identità, eredità, appartenenza.
Soltanto filtrando ciò in un progetto valorizzante si può pensare alla rinascita complessiva di una cultura arbëreshe. Ha dichiarato il professor Pierfranco Bruni, tra i massimi rappresentanti di questo mondo così articolato e complesso delle minoranze linguistiche storiche e presidente il Comitato Scientifico Arbëreshe, della Fondazione Salvatore Crucitti Onlus, promotrice del convegno il 3 luglio scorso, in Senato dal titolo “Istruzione e Comunicazione per la Tutela della Minoranza Linguistica Storica Arbereshe“, moderato dal giornalista Pino Nano.
Un incontro svolto, tra gli altri, alla presenza del vice presidente del Senato Maurizio Gasparri che, ha posto in evidenza proprio questo percorso.
“Riteniamo sia solo l’inizio di un nostro viaggio all’interno della grande diaspora albanese di sei secoli fa, uno dei temi più affascinanti della letteratura e della storia moderna”. Così il giornalista Demetrio Crucitti Presidente della Fondazione Salvatore Crucitti, per lunghi anni direttore della Sede RAI Calabria.
“Essere arbereshe o amare gli Arberesh o abitarli. Io li abito, ho eredità, li amo. Ma non basta. Per realizzare una progettualità bisogna andare oltre.Soprattutto bisogna necessariamente andare oltre ciò che si chiama accademia.È fondamentalmente cercare di legare/intrecciare tradizione, religiosità, storia con la letteratura che è alla base di una espressione linguistica, con le arti che sono manifestazioni complesse e articolate con i segni tangibili della creazione di una civiltà, con il rito che lega il tempo dell’Oriente con l’Occidente.Tutto questo passa inevitabilmente sotto un modello che è dimensione antropologica. Il bene culturale immateriale necessariamente deve fare i conti con il patrimonio culturale materiale.La letteratura e la lingua in quanto immateriali del bene si confronta necessariamente con le chiese, con la ghitonia, con le strutture e i reperti. I camini e il Bizantino delle chiese sono beni immateriali.Le radici illiriche riportano, chiaramente, a un rapporto archeologico con il mondo balcanico che vive dentro i Mediterranei.La progettualità in questo caso deve nascere da tre epicentri: biblioteche, archivio, musei. La realtà degli Italo-albanese deve entrare nei percorsi istituzionali ufficiali. Ovvero si ha bisogno di una “rete” nazionale e euro-internazionale di tali forme strutturali che diano un senso veramente istituzionale.Occorre una biblioteca nazionale degli Arberesh, un archivio e in museo che possano raccogliere le testimonianze di una storia e “provocare” modelli di fruizione e valorizzazione. La cultura arbereshe deve essere la rappresentazione di un bene culturale tra il materiale e l’immateriale. Un “esercizio” che deve permettere di andare oltre le sette/otto regioni dove risiedono gli Arberesh.Otto perché? La Legge del 1999 andrebbe ritoccata. Il Piemonte ha inaugurato forte componente/nucleo di italo-albanesi. La questione della lingua va riconsiderare sul piano di una logica puramente linguistica. Bisogna fare in modo di creare una koinè unica pur e nonostante le forme varie di “parlate” locali. Ma lingua italo-albanese deve avere una sua unicità.È inutile insistere sulla diversità delle lingue. Non si esce fuori dal problema che ha una sua esercitazione grammaticale e sintattica e ortografia. Da anni/decenni porto avanti questo aspetto. È giunto il tempo di unificare le lingue in una lingua unica. Il resto è provincialismo/paesanismo dialettale.Il Progetto deve puntare a tali capisaldi se so vogliono superare le nicchie. È bene che si affronti ciò con serenità, serietà, problematicità dialettica”.
Hanno aderito al Convegno : Giunta Regionale della Calabria, Eparchia degli Italo Albanesi dell’Italia Continentale di rito Bizantino di Lungro (Cs), Figec Cisal (Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione), Amministrazione Provinciale di Cosenza, Fondazione Regionale per la Comunità Arbërshe di San Demetrio Corone (Cs), Rivista Kamastra, Sportelli Linguistici Arbëreshë del Molise Montecilfone (Cb), Vatra Arbëreshe di Chieri (To), Biblioteca Internazionale Arbëreshe di Frascineto (Cs), Club Unesco di Cosenza, Associazione Magna Grecia di Pieve Emanuele, sede operativa di Gerace (Rc) e il quotidiano online Calabria.Live di Santo Strati.
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Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo.
Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023.
Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.
Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma.
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