L’Isis ha rivendicato gli otto attacchi terroristici che hanno drammaticamente colpito lo Sri Lanka nel giorno di Pasqua.
La comunicazione arriva a due giorni dai tragici eventi di Colombo. Le esplosioni avvenute in chiese cristiane e Hotel di lusso della capitale cingalese hanno causato la morte di 321 persone. Circa 500 i feriti degli attacchi esplosivi.
Tra le vittime ci sono circa trenta stranieri appartenenti ad undici diversi paesi: India, Regno Unito, Stati Uniti, Svizzera, Spagna, Australia, Cina, Olanda, Giappone e Portogallo e Danimarca da cui provenivano tre dei quattro figli rimasti uccisi di Anders Holch Povlsen, patron di Asos, famosa holding di abbigliamento danese.
Nessun cittadino italiano, secondo gli ultimi report della Farnesina.
A riferire la rivendicazione dell’Isis è stato il Site, un’agenzia d’intelligence che fornisce agli Stati di tutto il mondo report e analisi sui gruppi terroristici.
A trasmettere la rivendicazione degli attentati in Sri Lanka, l’Amaq, agenzia di propaganda dell’Isis “Coloro che hanno condotto l’attacco che ha preso di mira membri della coalizione a guida Usa e cristiani nello Sri Lanka l’altro ieri sono combattenti dello Stato islamico“. Quanto si legge nel comunicato dei terroristi.
Il governo dello Sri Lanka non ha ancora rilasciato conferme sul concreto coinvolgimento dello Stato Islamico, ma i sospetti erano nell’aria da subito dopo gli attacchi di Pasqua.
Dietro gli assalti ci sarebbero sette kamikaze riconducibili alla National Thowheed Jamath (NTJ), una cellula jihadista locale poco nota ma collegata a reti internazionale terroristiche, secondo quanto riferiscono i sistemi investigativi.
Al momento, sono finite in manette 40 persone in Sri Lanka ritenute tra gli organizzatori degli 8 attacchi terroristici, 6 dei quali sono avvenuti a Colombo. Sono tutti di nazionalità cingalese. Tra questi anche l’autista di un furgone che sarebbe stato utilizzato dai kamikaze e il proprietario di una abitazione dove alcuni di loro avrebbero soggiornato.
Per oggi il presidente dello Sri Lanka, Maithipala Sirisena ha dichiarato lo stato di emergenza, con l’attribuzione all’esercito di speciali poteri di polizia. Un ritorno ai poteri di fermo e arresto dei sospetti che l’esercito deteneva ai tempi della guerra civile conclusa dopo trent’anni nel 2009.
Troverebbe conferma l’ipotesi avanzata dalle autorità investigative, secondo cui gli attentati in Sri Lanka sarebbero la cruenta risposta a due recenti attacchi alle moschee in Nuova Zelanda. Gli assalti dello scorso 15 marzo hanno causato 40 vittime.
Il sistema di intelligence non ha funzionato come avrebbe dovuto. Lo ha ammesso il governo dello Sri Lanka, nelle ultime ore al centro di uno scontro interno sulle ‘’falle ‘’ del sistema di informazione per la sicurezza che non sarebbe riuscito a prevenire e tutelare la popolazione dalla minaccia terroristica che intelligence internazionali avevano fatto circolare dai primi di aprile. Il premier cingalese Ranil Wickremesinghe, immediatamente dopo le esplosioni, ha sempre asserito di non aver mai ricevuto informazioni che rilevavano il pericolo di attacchi kamikaze nel paese ed ha assicurato un’indagine sulla vicenda confermando l’individuazione dei responsabili della strage collegati ad una rete di miliziani islamici. Gli fa eco nelle ultime ore, Harsha De Silva ministro delle Riforme economiche e della distribuzione pubblica dello Sri Lanka, per il quale sarebbe mancata la circolazione delle informazioni necessarie per poter intervenire nei security departments.
Il premier Ranil Wickremesinghe, su indicazione delle autorità inquirenti, ha avvertito la popolazione di possibili nuovi attacchi nel Paese.