Trump contro tutti, non è una novità. Il presidente USA ormai ci ha abituati a un linguaggio offensivo e ieri ha “tuonato” sul suo social preferito, Twitter, minacciando di tassare le auto (e altri prodotti made in Ue) se l’Europa non abbasserà le sue «barriere e tariffe sui prodotti Usa». L’ennesima guerra che “The Donald” porta avanti con scarsi consensi e poca lungimiranza in fatto di politica estera, modificando – rinforzandolo – il precedente slogan “America First” in “Manteniamo grande l’America” nel recente comizio in Pennsylvania. Del resto il non risolutivo vertice tra Unione europea, Stati Uniti e Giappone tenutosi il 10 marzo a Bruxelles ha animato e rinfocolato la “guerra commerciale” in atto ormai da mesi e flebile, sembra, l’affermazione di speranza lanciata dalla commissaria europea al Commercio Cecilia Malmström che aveva invitato – due giorni fa – la Casa Bianca ad escludere l’Ue dalle misure annunciate ricordando che «siamo uno stretto partner».
Le diplomazie internazionali fiutano intanto il pericolo: Unione Europea e Giappone, ad esempio, cercano di svincolarsi dalle annunciate misure protezionistiche di Trump, si parla di rincari del 25% dei prezzi dell’acciaio e del 10% dell’alluminio,con l’esclusione di paesi come Australia, Canada e Messico. L’amministrazione Trump si è detta disponibile a vagliare possibili esenzioni dall’applicazione di questi dazi – analizzando caso per caso – evitando così di coinvolgere organismi internazionali come ilWorld Trade Organization (WTO),l’organizzazione mondiale del commercio protagonista negli ultimi 25 anni di un processo di abbattimento delle barriere doganali, che ha aumentato fortemente il commercio internazionale.
Le reazioni.
La Cina è abbastanza preoccupata, come si evince dalle parole del ministro cinese del Commercio Zhong Shan che ha dichiarato «che non ci sarà alcun vincitore da una guerra commerciale che porterà disastri a Cina, Usa e al resto del mondo: la Cina non vuole una guerra commerciale e non sarà quella che ne comincerà una». Shan conclude: «Detto questo, siamo in grado di affrontare ogni sfida. Difenderemo con forza gli interessi del Paese e della sua gente». Il ministro giapponese dell’Economia HiroshigeSekov mossosi più velocemente del collega cinese ha chiesto prontamente al rappresentante del commercio Usa, Robert Lighthizer, un’esenzione dai dazi su acciaio e alluminino, trovando però la porta sbarrata. Seko ha ribadito due giorni fa a Bruxelles: «Le esportazioni giapponesi di acciaio e alluminio non hanno un impatto sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e contribuiscono in forte misura all’occupazione Usa e la loro crescita economica» ed ha chiosato: «I provvedimenti che si basano sulle rappresaglie non servono gli interessi di nessuna nazione, per evitare di scatenare una guerra che si fonda sulle ritorsioni commerciali».
L’ennesima puntata di una series che si preannuncia ricca di seasons!