“L’uomo vecchio ha per nemico tutta la natura”. Potrebbe essere l’inciso di una vita. Quella di Giacomo Casanova nato a Venezia il 2 aprile del 1725 e morto a Duchcov il 4 giugno del 1798.
Il pensatore e lo scrittore. Il viandante che ha creduto alla alchimia e che la magia è parte integrante non solo del vivere, ma anche dell’essere. L’uomo che ha sedotto il piacere?
Se l’ironia venisse trattata come una filosofia delle conoscenze, Giacomo Casanova sarebbe uno dei grandi filosofi che sorride e piange sull’atto degli illuministi. Non solo post “ragione” ma navigatore dei fiumi della Ragione per lasciarla sepolta in un rigurgito di inaffidabile vita.
Con la ragione degli Illuministi non si crea arte, anzi non si crea Opera. Il suo secolo del lumeggiare viene superato con Casanova non per restaurare un classicismo melodrammatico legato al romantico senso della memoria, ma un romanticismo sfilacciato che unisce il riso tragico al decadente melanconico.
Nelle sue Memorie non si leggono i ricordi. Si ritrova il tempo. Quel tempo che non necessita della storia ma di una sopravvivenza straordinaria per sconfiggere la tensione della morte. I suoi amori, o gli amori a lui attribuiti, sono una resistenza per sconfiggere il passaggio del tempo nella morte della vita.
Forse è il primo decadente che apre a una estetica e a un mosaico di vite il cui sublime è l’estasi e il simbolico. Lo capirà bene Gabriele D’Annunzio che cerca di coniare il concetto di “piacere” intorno all’estetica casanoviana. Il piacere sta alla base della sua virtù. I vizi sono ben altra cosa.
Casanova è la contrapposizione al melodramma, appunto. Tutto è estetica. Perché una vita senza bellezza, o la ricerca della bellezza come avventura, non avrebbe un luogo sia metafisico che corporale. Il corpo deve indossare la bellezza. La donna mostra sempre una sua estetica: bisogna saperlo catturare altrimenti trionferebbe la debolezza del non godere ogni istante come istante di vita.
Si racconta nei suoi scritti e si definiscono come un diario di viaggi. Da Venezia a Cosenza. Dalla Francia a una lingua tedesca che non ha mai amato. Ma nella sua Venezia, vissuta come isola reale e dell’anima, si abita l’incipit e la fine di un trasporto esistenziale.
La cronaca in Casanova non trova l’attimo. Può trovarsi l’attimo in un libertino che fa della sua stessa vita un pensione al quale cerca di dare voce attraverso la fisicità?
Scriverà : “La morte è un mostro che caccia dal gran teatro uno spettatore attento, prima della fine di una rappresentazione che lo interessa infinitamente”. Casanova teme, infatti, lo spettatore attento e cerca di viversi nelle distrazioni. I suoi libri e i suoi rapporti con le culture lo portano a superare la paura di dover morire senza la volontà della morte. Ecco perché il piacere diventa fondamentale e la donna è il piacere non nell’evasione ma nell’estasi.
Ancora Casanova: “Coltivare il piacere dei sensi è sempre stato la mia principale occupazione”.
Per attraversare ciò ha bisogno necessariamente della seduzione. La seduzione come arte. L’arte come infinita ricerca del mistero. Ma sa bene che il mistero non ha bisogno di essere cercato. Comprende bene che è la letteratura a disegnare il cammino che potrà condurlo verso l’altro da sé. Cosa c’è in ciò?
La musica come allegoria. L’allegoria come suono. Mozart diventa il sottosuolo del tragico che occuperà il modello di Wagner. Bisogna non assentarsi dal pensiero: “Chi ha deciso di fare qualcosa, e non pensa ad altro, supera tutti gli ostacoli”.
Occorre superare gli ostacoli ma per superarli bisogna superarsi. È un viandante nella sua eresia. Giudicato, condannato, perseguitato, catturato, imprigionato. Ma è un libertino. Nasce tale. Anche per questo teme il tempo. Più il tempo che la morte: “Le cose han cambiato volto, mi cerco e non mi ritrovo; non son più quello di prima, e questa non è vita”. Dunque non teme la morte, ma il tempo sì. Conosce gli scavi dell’uomo perché è consapevole che tutto è labile.
Dirà: “L’uomo più felice è quello che conosce meglio l’arte di rendersi tale senza venir meno ai propri doveri, e il più infelice è quello che ha scelto un modo di vivere che lo costringe a fare ogni giorno, dal mattino alla sera, malinconiche riflessioni sull’avvenire”. Perché l’avvenire è sempre un tempo immobile. Essendo immobile si traduce nel lacerare ciò che si è stati, ciò che si è e non saremo più.
La donna potrebbe essere uno specchio. Lo è per Casanova. Sa molto bene che “Il seduttore di professione, che fa del sedurre un progetto, è un uomo abominevole, sostanzialmente nemico dell’oggetto su cui ha posto gli occhi: è un vero criminale che, se possiede le qualità necessarie per sedurre, se ne rende indegno usandole per sedurre una donna”.
Dunque la seduzione non è un mestiere. È una metafisica. Cercare dentro questi percorsi non significa soltanto l’uomo Casanova, ma il pensiero di vivere la felicità nell’uomo che avverte la mortalità. Era un contesto complesso quello in cui visse.
Non si arrese alla obbligatorietà degli ordini. Neppure ai Piombi. Trovò sempre una uscita di sicurezza perché “Per quel che mi riguarda, ben sapendo di essere sempre stato la causa principale di tutte le sventure che mi sono capitate, mi sono trovato con piacere in condizione di essere lo scolaro di me stesso e in dovere di amare il mio precettore”.
Una lezione per tutti e forse per nessuno. Per Casanova che si testimonia sempre c’è un dire e un fare oltre la clessidra del tempo stesso. Casanova non vuole interpretare, bensì essere protagonista nel gioco di quella roulotte chiamata vita.
Infatti “Nel gran libro dell’esperienza avevo imparato che non bisogna riflettere sulle grandi imprese ma eseguirle senza contestare alla fortuna l’impero che essa ha sulle azioni umane”.
Non un desiderio. Ma una verità. Casanova non vorrebbe spezzare il cerchio magico. Alla fine è il cerchio magico che si frantuma.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente della Giunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024) e direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100.@riproduzione riservata