Un’altra pagina di storia è stata scritta a Philadelphia, ieri notte, Hillary Clinton ha dichiarato: «Accetto la vostra nomination», parole che la ex first lady ha pronunciato dopo aver attaccato Trump e il suo individualismo, il pessimismo con cui allarma gli americani e dopo aver ricordato che l’America è un Paese forte che guarda al futuro sempre con ottimismo: «Mi chiedo, dove è andato a finire il partito repubblicano? Invece di parlarci delle mattine in America (motto ottimistico di Ronald Reagan) Trump ci parla della mezzanotte in America».
Hillary è riuscita a trainare la folla, ha parlato di Bill, del percorso che continuano a fare insieme dopo 45 anni di matrimonio, ha ringraziato la figlia Chelsea (che ha fatto un discorso dimenticabile) ha parlato della famiglia del partito democratico, della sua esperienza da senatore e poi da segretario di Stato, ha raccontano alcuni aneddoti salienti della sua vita, ha cercato di tessere le sue innegabili doti di leadership con quel tocco umano che invece le è sembrato mancare nel corso delle primarie: «Mia madre Dorothy è stata abbandonata da bambina dai suoi genitori, a 15 anni lavorava come domestica, ha poi trovato persone che l’hanno aiutata e che le hanno restituito la fiducia nella vita. E mi ha sempre insegnato l’importanza della compassione», ha detto Hillary.
Ha poi ricordato l’importanza di aver raggiunto questo traguardo per tutte le donne d’America :«Per le donne che ancora combattono per avere una paga uguale a quella degli uomini, per le donne che sono trattate con accondiscendenza sul posto di lavoro, per le donne che dopo di me potranno capire che una volta sfondate questa barriere il loro unico limite sarà il cielo». E le 40mila persone affollate nella Wells Fargo Arena sono esplose in un grande e fragoroso tripudio.
In effetti l’America progressista, l’America delle nuove frontiere che ha sempre anticipato i tempi e le tendenze su questo fronte era rimasta indietro, pensiamo a Margaret Tatcher in Gran Bretagna, ad Angela Merkel in Germania e adesso a Theresa May: la Gran Bretagna ha già avuto due capi di governo donne, per non parlare della Regina Elisabetta. L’intervento della Clinton è stato adeguato, ha coperto tutti gli aspetti importanti di queste elezioni, il rilancio dell’occupazione, la necessità di rafforzare il manifatturiero, di rinegoziare accordi commerciali che penalizzano l’americano medio: «È la classe media di cui dobbiamo occuparci, perchè senza una classe media prospera è l’intero Paese a soffrire, questo Trump non lo capisce», ha detto ancora Clinton. Ha anche parlato di educazione, di sanità, di Corte Suprema, di scienza e di ambiente.
Con ieri lo scontro sarà adesso diretto. Ci sarà una pausa, se dovesse vincere Trump si sarà archiviato un lungo pezzo di storia americana e si volterà pagina nel senso vero del termine, con il rischio di un salto nel buio. Se vincerà Hillary avremo dietro la retorica di sinistra in politica interna, una riaffermazione del multilateralismo e del modello di crescita e di democrazia industriale che già conosciamo, con il rischio di un salto nel passato. Intanto Hillary Clinton accusa direttamente Mosca per il furto delle email e dei dati all’interno dei server del Democratic National Commitee, il comitato che guida il partito democratico Usa. “Sappiamo che sono stati i servizi segreti russi e sappiamo che hanno organizzato anche la diffusione di quelle mail”.
Oggetto del furto sarebbero 19.250 email con ottomila allegati del Comitato che hanno causato le dimissioni della direttrice del comitato. La campagna presidenziale per la Casa Bianca, appena iniziata ufficialmente con la fine delle due convention, prende quindi le sfumature di una spy story a sfondo geopolitico. Ne vedremo, ancora, delle belle.