“Il Giornale d’Italia”, la fondazione nel 1901 e la figura di Alberto Bergamini

Posizione politica e impegno sociale. La gloriosa terza pagina tra le innovazioni editoriali de “Il Giornale d’Italia“. Sfide durante il regime fascista. Il dopoguerra. Il contributo alla Cultura italiana. Alberto Bergamini, eredità ed esempio di informazione libera, accurata e al servizio del bene comune

di Francesco Saverio Vetere *

Introduzione

All’alba del XX secolo, l’Italia stava attraversando una fase di profondi cambiamenti politici, sociali ed economici. La stampa, quale veicolo principale di informazione e formazione dell’opinione pubblica, giocava un ruolo cruciale nel plasmare il dibattito nazionale.

In questo contesto dinamico, la fondazione de “Il Giornale d’Italia” nel 1901 rappresentò una svolta significativa nel panorama giornalistico italiano. Il quotidiano, guidato dal visionario Alberto Bergamini, si distingue per le sue innovazioni editoriali e per l’impegno nel promuovere un’informazione accurata e indipendente.

Questo lavoro approfondirà la genesi de “Il Giornale d’Italia” e la figura di Bergamini, analizzando il loro impatto sulla storia del giornalismo italiano.

Concorso storico della fondazione

Agli inizi del Novecento, l’Italia era una nazione giovane, unificata da meno di cinquant’anni, che cercava di affermarsi sul piano internazionale. La stampa dell’epoca era spesso schierata politicamente, con giornali affiliati a specifici partiti o movimenti ideologici. La necessità di un’informazione più equilibrata e professionale era sentita da molti intellettuali e politici.

Alberto Bergamini, già affermato giornalista, colse questa esigenza e, con l’appoggio di figure influenti come Antonio Salandra e Sidney Sonnino, decise di fondare un nuovo quotidiano. “Il Giornale d’Italia” nacque il 16 novembre 1901 a Roma, con l’obiettivo dichiarato di offrire una voce indipendente e autorevole nel panorama mediatico nazionale. La scelta della capitale come sede era strategica, poiché Roma rappresentava il cuore politico e culturale del Paese.

Alberto Bergamini: biografia e carriera

Nato il 1º ottobre 1871 a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, Alberto Bergamini mostrerà fin da giovane un’acuta intelligenza e una passione per la scrittura. Dopo aver completato gli studi classici, si trasferì a Roma per studiare giurisprudenza, ma ben presto il giornalismo divenne il suo principale interesse.

Iniziò la sua carriera collaborando con importanti testate come “La Tribuna” e “Il Messaggero“, dove si fece notare per la sua abilità nel reportage politico e per le sue analisi profonde. Bergamini credeva fermamente nel ruolo sociale del giornalismo e nell’importanza di un’informazione accurata e imparziale. Questa convinzione lo spinse a fondare un proprio giornale che rispecchiava questi ideali.

Innovazioni editoriali de “Il Giornale d’Italia

Sotto la direzione di Bergamini, “Il Giornale d’Italia” introdusse diverse innovazioni che avrebbero influenzato la stampa italiana per decenni. Una delle più significative fu l’introduzione della “terza pagina”, una sezione dedicata alla cultura, alla letteratura e alle arti. Questa pagina divenne un punto di riferimento per intellettuali e artisti, ospitando contributi di figure come Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pascoli e Luigi Pirandello.

Bergamini rivoluzionò anche l’approccio alla notizia, promuovendo un giornalismo di inchiesta e dando grande importanza alla cronaca. Sotto la sua guida, il giornale adottò un linguaggio più diretto e accessibile, abbandonando il tono accademico e paludato tipico di molte testate dell’epoca. Inoltre, Bergamini fu tra i primi a comprendere l’importanza dell’impaginazione e dell’uso delle immagini per catturare l’attenzione dei lettori.

Posizione politica e impegno sociale

Pur mantenendo una linea editoriale indipendente, “Il Giornale d’Italia” si collocava nell’area liberale e moderata. Il giornale sosteneva le istituzioni monarchiche e promuoveva riforme volte a modernizzare il Paese. Durante la Guerra di Libia (1911-1912), il quotidiano appoggiò l’intervento italiano, vedendolo come un’opportunità per affermare il ruolo dell’Italia come potenza coloniale.

Anno XXIX N. 137. Roma, sabato 8 giugno 1929

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Bergamini sostenne l’interventismo, credendo che la partecipazione al conflitto fosse necessaria per garantire all’Italia un posto di rilievo nello scenario internazionale. Il giornale seguì da vicino gli eventi bellici, offrendo una copertura dettagliata e approfondita, e incoraggiando il sentimento patriottico tra i lettori.

Sfide durante il regime fascista

L’avvento del fascismo pose nuove sfide per “Il Giornale d’Italia” e per Bergamini. Il regime di Benito Mussolini impose progressivamente un controllo sempre più stretto sulla stampa, limitando la libertà di espressione e imponendo la censura. Nonostante le difficoltà, Bergamini cercò di mantenere una certa autonomia editoriale, ma fu costretto a scendere a compromessi per evitare la chiusura del giornale.

Durante gli anni ’20 e ’30, il quotidiano si dovette adattare alle direttive del regime, pur cercando di preservare la qualità e la professionalità dell’informazione. Bergamini, pur non essendo un oppositore dichiarato del fascismo, non aderì mai completamente all’ideologia fascista, mantenendo una posizione più moderata.

Il dopoguerra e la fine de “Il Giornale d’Italia

Dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, l’Italia entrò in una fase di ricostruzione democratica. “Il Giornale d’Italia” riprese le pubblicazioni, cercando di ritrovare il proprio spazio nel nuovo contesto politico e mediatico. Tuttavia, gli anni del dopoguerra furono segnati da profondi cambiamenti nel mondo dell’informazione, con l’ascesa di nuovi quotidiani e l’avvento della televisione.

Nonostante gli sforzi per rinnovare la testata, il giornale faticò a competere in un mercato sempre più competitivo. Problemi finanziari e gestionali portarono a una progressiva perdita di lettori e di influenza. Nel 1976, dopo 75 anni di attività, “Il Giornale d’Italia” cessò definitivamente le pubblicazioni.

L’eredità di Alberto Bergamini

Alberto Bergamini morì l’8 aprile 1962 a Roma, lasciando un’importante eredità nel mondo del giornalismo italiano. La sua figura è ricordata non solo per la fondazione de “Il Giornale d’Italia“, ma anche per il suo contributo allo sviluppo della professione giornalistica.

Fu tra i promotori della costituzione della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) nel 1908, di cui fu presidente. Bergamini si impegnò per affermare i diritti dei giornalisti e per promuovere un codice etico professionale. Credeva nell’importanza della formazione e nell’aggiornamento continuo, anticipando tematiche che sarebbero diventate centrali nel dibattito sulla deontologia professionale.

Innovazioni tecniche e stilistiche

Bergamini introdusse diverse innovazioni tecniche e stilistiche nel giornalismo italiano. Oltre alla già citata “terza pagina”, promosse l’uso del titolo a effetto per attirare l’attenzione del lettore e introdusse la pratica di suddividere gli articoli in paragrafi con sottotitoli, facilitando la lettura e la comprensione dei contenuti.

Fu un precursore nell’utilizzo delle agenzie di stampa, comprendendo l’importanza di disporre di notizie tempestive da tutto il mondo. Sotto la sua direzione, “Il Giornale d’Italia” stabilì rapporti con le principali agenzie internazionali, ampliando la copertura degli eventi esteri.

Contributo alla cultura italiana

La “terza pagina” de “Il Giornale d’Italia” divenne un punto di riferimento per la cultura italiana. Ospitò saggi, recensioni e opere di alcuni tra i più importanti intellettuali dell’epoca. Questa sezione del giornale contribuisce a diffondere la cultura e a stimolare il dibattito su temi letterari e artistici.

Bergamini comprese il potere della stampa non solo come mezzo di informazione, ma anche come strumento di elevazione culturale. Il suo impegno in questo senso contribuì a rendere il giornalismo una professione rispettata e influente nella società italiana.

Influenza sulle generazioni future

L’approccio innovativo di Bergamini influenzò profondamente le generazioni successive di giornalisti. La sua attenzione alla qualità dell’informazione, al rigore nella verifica delle fonti e al rispetto per il lettore divennero principi fondamentali per la professione.

Molti dei suoi collaboratori divennero a loro volta figure di spicco nel mondo del giornalismo e della cultura italiana, portando avanti l’eredità di Bergamini. La sua visione di un giornalismo etico e al servizio della società rimane ancora oggi un punto di riferimento.

Conclusioni

La fondazione de “Il Giornale d’Italia” e la figura di Alberto Bergamini rappresentano un capitolo fondamentale nella storia del giornalismo italiano. In un’epoca di profondi cambiamenti, Bergamini seppe interpretare le esigenze della società, introducendo innovazioni che hanno lasciato un segno duraturo.

La sua dedizione all’indipendenza dell’informazione, alla qualità dei contenuti e alla promozione della cultura elevò gli standard del giornalismo italiano. Nonostante le sfide e le difficoltà incontrate nel corso della sua carriera, Bergamini rimase fedele ai suoi principi, contribuendo a definire il ruolo del giornalista nella società moderna.

L’eredità di Bergamini continua a vivere attraverso i valori che ha incarnato e le innovazioni che ha introdotto. Il suo esempio ispira ancora oggi professionisti e studenti di giornalismo, ricordando l’importanza di un’informazione libera, accurata e al servizio del bene comune. (Fonte http://vetere.it)

Francesco Saverio Vetere, nato a Cosenza il 26 aprile 1962, vive a Roma.
Avvocato patrocinante in Cassazione.
Dal novembre 1999 è Segretario Generale e Presidente della Giunta Esecutiva dell’USPI Unione Stampa Periodica Italiana, organismo nazionale di maggiore rappresentanza del comparto Editoria e Giornalismo.
Giornalista pubblicista.
Docente di Storia della Stampa Periodica, Università “Sapienza” di Roma.
Docente di Management dell’Editoria Periodica, Università “Sapienza” di Roma.

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