The Donald vince negli Stati “chiave” e torna alla Casa Bianca (47° presidente) nonostante, alla vigilia del voto, sondaggi e analisti puntavano alla possibile sorpresa. Dopo Hillary Clinton, nel 2015, il tycoon newyorkese batte la sfidante dem Kamala Harris. Primo presidente della storia a ricoprire due mandati non consecutivi dopo Stephen Grover Cleveland a fine ‘800. Primo presidente ad essere stato incriminato e il più vecchio a insediarsi (ha 78 anni). Trump ha vinto in almeno due dei tre Stati del cosiddetto “Blue wall”, conquistando i 10 grandi elettori del Wisconsin e i 19 della Pennsylvania. Una vera e propria impresa elettorale senza precedenti se consideriamo i due impeachment, i processi, le due condanne penali e gli scandali. Dopo l’assalto a Capitol Hill sembrava un leader politico finito, ma ha saputo riconquistare anche il suo partito, convincendo i più conservatori. Come? Trump riesce a trasmettere forza e pragmatismo, osservano diversi analisti. Veterano della TV e abile seduttore mediatico ha compreso, fino in fondo, la forza della persuasione che oggi si muove attraverso i social e piattaforme digitali. Ha trasformato in show ogni sua uscita pubblica, regalando ai suoi sostenitori-spettatori sempre una sorpresa. Da sempre “vede” il mondo diviso in vincitori e perdenti captando il senso di impotenza della working class americana, quello più profonda, nascosta. La “pancia dell’America” cosiddetta. In questa tornata elettorale l’inflazione e la paura di una “invasione” di immigrati dal Nord del Messico esprimono un’ansia politica più profonda, molti negli Stati Uniti hanno la sensazione di non riuscire a farsi strada e si identificano con lui.
Quali scenari in politica estera? Partiamo dalle dichiarazioni dal palco di Palm Beach: “Siamo il partito del buonsenso, non vogliamo guerre, in 4 anni non abbiamo avuto guerre. Questa è un enorme vittoria per la democrazia”. L’impronta ideologica è molto chiara: protezionismo economico, guerra tariffaria contro amici (noi) e nemici (i cinesi), guerra culturale al pensiero woke, avanzata del proibizionismo antiabortista, disimpegno americano nel mondo attraverso una «soluzione rapida» dei conflitti in corso che potrebbe tradursi nel dare via libera a Putin in Ucraina (destinata a una forte amputazione territoriale) e a Netanyahu in Medio Oriente (con i palestinesi a forte rischio di definitiva cacciata). Sull’Ucraina il piano sarebbe rivisitare i falliti “Accordi di Minsk” del 2014 e 2015, che cercavano di porre fine ai combattimenti nell’Ucraina orientale tra le forze ucraine e i separatisti sostenuti da Mosca. La bozza dell’accordo immaginava il mantenimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina pur prevedendo zone autonome. Capitolo Medio Oriente. Una possibilità è che Trump inviti Netanyahu a Washington per spingerlo verso un cessate il fuoco che porti alla restituzione degli ostaggi presi da Hamas. E questo perché Trump è intenzionato a tornare all’idea di un accordo con Israele e Arabia Saudita per una pace regionale a lungo termine.
C’è il rischio di una involuzione autoritaria della più grande democrazia del mondo? La democrazia è a rischio? L’ala destra del trumpismo — che fa capo al Project 2025 — ha un programma apertamente estremista: sostituzione di 50 mila dirigenti dell’amministrazione federale, espulsione di milioni di clandestini, stop alle politiche di contrasto al cambiamento climatico, controllo delle scuole e soprattutto delle università, considerate il fortino della cultura liberal. È chiaro che le intenzioni dovranno poi scontrarsi con la realtà di un paese, di fatto, spaccato a metà.