Pierfranco Bruni
Non c’è nulla di più errato dell’affermazione che dice: la politica divide e la cultura unisce. Ipocrisia. La cultura non unisce. Marca le parti, ovvero separa le sponde.
Ogniuno appartiene alla cultura di formazione. La cultura può creare soltanto un confronto più dialettico ma non lega le parti. Questo significa che non può esserci una storia condivisa.
Non ha alcun senso. D’altronde la storia cisa è? Politica, cultura e lettura della cronaca. Ovvero formazione e presente. Un modello di “civilizzazione” delle civiltà e degli uomini.
Le civiltà non sono mai stati unitarie sin nella loro identità. L’antropologia in fondo misura proprio le radici, le origini, i modelli di appartenenza che diventano elementi identitari. Ma in nessun campo della dialettica può esserci omogeneità.
Noi i nostri padri i nostri nonni siamo eredi di divisioni. Anche le religioni sono divisive e creano posizioni divertenti. Il cosiddetto “immaginario collettivo” è una frase di una banalità assoluta. Il concetto di immaginario è dato da un una immagine diventata storia e che è diventata la stessa per tutti. Non può essere così.
Ognuno di noi si approccia a una immagine con il proprio occhio e il proprio pensare e quindi la vede e la sente unicamente con la sua formazione. Il concetto di collettivo è un termine così errato che slega l’immaginario stesso.
Cosa fa da collante? Collettivo uguale collante. Può essere anche. L’immaginario è un collante? Ma per chi? Per chi cerca la condivisione su proprie posizioni. E non è così. Proprio perché ogni porta una sua consapevolezza. Potrebbe essere usato il termine universale? Immaginario universale?
Anche questo presenta le sue riserve ma è già diverso perché non invita a un collante. Come è errato parlare di immaginario di tutti. Se siamo diversi? Perciò credo che si debba parlare di immaginario individuale che incontra altri immaginari. Ecco perché la cultura non unisce.
Si può fare Cultura ponendo insieme porzioni di posizioni formative con una capacità di non raggiungere il conflitto e lo scontro. Ovvero si parla di compromesso. Ancora una volta la deduzione è che la cultura parla chiaramente in linguaggio diverso dalla politica ma questo non significa che le stesse formazioni si assommino. Viviamo in un modo che presenta le sue parti. È stato sempre così.
Non necessariamente occorre dividere. È importante confrontarsi senza mai peccare di presunzioni e di arroganza. Ci riusciremo? Non credo. Ognuno ha un proprio mondo da vivere che ha le sue eredità. Ognuno di noi è un’isola che la abita con la sua consapevolezza e la sua storia. Il resto è un parlare soltanto. Antropologicamente l’immaginario universale è solo teoria. L’uomo è unico. Le civiltà sono unioni di culture. Le culture sono scavi di radicamenti materiali e immateriali. Ognina di queste culture ha una formazione etnica e una visione soprattutto della vita. Viviamo un tempo divisivo. Forse è giusto che sia così.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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