Il futurista Umberto Boccioni innamorato della principessa. Un racconto nell’anno di Marinetti

Umberto e Vittoria non si smarriscono nel sogno. Portano il colore nello sfrecciare dello spazio senza mai misurare il tempo, disperdendo i tratti e i segni. Si è futuristi alla Marinetti ma anche alla D’Annunzio. Il teatro diventa fondamentale. L’amore futurista ha bisogno di teatro. Nel tempo di celebrazioni futuriste, il futurismo non solo come modello di cultura o proposta di innovazione linguistica ma anche come “esigenza” esistenziale

di Pierfranco Bruni

È tempo di celebrazioni futuriste. Il Futurismo non solo come modello di cultura o come proposta di una innovazione linguistica ma anche come “esigenza” esistenziale.
Si è futuristi se si ama il rischio nella lungimiranza dei fatti. Si è futuristi se la concezione della vita è una costante impresa fatta di rivoluzioni nelle idee. Si è futuristi se il colore supera il suono della parola o se le ombre dei colori attraversano il “metallico” delle parole.
Si è futuristi alla Marinetti ma anche alla D’Annunzio. Gli amori di D’Annunzio sono stati amori futuristi? D’Annunzio certamente amava la rivoluzione ma sapeva che l’amore ha bisogno della tradizione. E non spazzavano via i sentimenti, gli imbrogli amorosi, i tradimenti. L’amore non è soltanto dare o religiosamente donare ma gli amori tra gli amanti diventa colore e, dunque, impresa.
Per i futuristi non era naturale avere un amante o una amante ma l’amore diventa, in modo trasgressivo, passione. Ho detto passione e non ossessione. Ebbene, questo amore futurista non conosce ricompense ma neppure nostalgie o rimpianti, perché lo si vive nella “penetrazione” fulminea, nella luce abbagliante, nel sentiero che non si fa orizzonte, nella durata che è parentesi ma mai fine. Ancora D’Annunzio ci ha insegnato che gli amori si vivono superando le romanticherie ma non l’estetica.
Il teatro diventa fondamentale. L’amore futurista ha bisogno di teatro e proprio il Gabriele nazionale ha messo in piazza i suoi amori. Uno tra tutti: quello di Eleonora Duse. Un amore inquieto ma riposante. Un amore-recita ma con intensità.
D’Annunzio anticipa il teatro futurista proprio mettendo in piazza e nel teatro della vita e non solo della finzione i suoi amori e quello con Eleonora diventa un “fuoco” mai spento anche se la cenere riesce a mascherare ma il bravo attore sa tenere la scena. E i futuristi sapevano che bisognava tenere la scena e custodire il retroscena consapevoli che la ribalta va gestita.
Cosa è stato l’amore di Umberto Boccioni con Vittoria Colonna?
Un futurista emblematico che è riuscito a portare il colore nello sfrecciare dello spazio senza mai misurare il tempo e disperdendo i tratti e i segni.
Cosa è stato questo amore? Una parentesi. Lo dice molto bene un libro (tutto da leggere) di Mariella Caracciolo Chia che racconta proprio questa passione – risorgimento dell’anima tra l’artista e una principessa.
Appunto Boccioni che era nato a Reggio Calabria quando incontra la principessa Vittoria Colonna, sposata, da quindici anni, con Leone Caetani di Teano, ha trentatrè anni. La principessa ha due anni più dell’artista.


Un incontro fulminante. Proprio, come si dice oggi, una attrazione fatale? Una parentesi dunque.
Il titolo del libro che raccoglie le lettere tra i due amanti racconta il loro viaggio: “Una parentesi luminosa – L’amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna” edito qualche anno fa da Adelphi. Boccioni ha un destino tragico.
Siamo nel 1916. L’ultimo incontro con Vittoria avviene il 23 luglio. Boccioni muore tragicamente a causa di una caduta da cavallo il 17 agosto. Tra il 23 luglio e il 17 agosto non ci sarà alcun altro incontro tra i due ma delle lettere.
L’ultima lettera di Vittoria viene trovata addirittura nel portafogli di Umberto quando la tragedia lo colse. Il futurista innamorato della principessa. Quel rivoluzionario del colore e delle forme si innamora perdutamente di una principessa e la principessa si tuffa in quell’amore smanioso e pazzesco come sono tutti i grandi amori che vivono di lune e di tramonti e sanno che la realtà esiste.
Umberto e Vittoria non si smarriscono nel sogno. Sono disperatamente innamorati e si stringono tra i silenzi e i graffi della passione.
Umberto in una lettera importante dirà alla sua Vittoria: “Quello che c’è tra noi è una profonda realtà, è nato come realtà. Per quanto poco prima ci siamo conosciuti poi simpatizzato, poi… poi c’è il nostro segreto quel meraviglioso crescendo che ci ha condotto di castità in castità alla nostra casta voluttà! Oh! Le nostre notti! Il tuo pallore, il tuo smarrimento, il mio terrore la nostra infinita comunione di corpo e di spirito. Divina mia, lo sento che mi vuoi bene, un po’ più di quando me lo misuravi con avarizia sulla punta del ditino… Rammenti? Come sono tuo! Come ti sono fratello e amico, come ti ammiro, sempre, ad ogni respiro, sempre! Sempre!”.
Certo, si tratta di una intensità di passione e cuore. Il futurista che sapeva amare con il sapere che non può conoscere le ragioni ma la grazia del cuore. E questo futurista che è rimasto nella storia dell’arte e che ha tracciato il viaggio più incisivo di una avanguardia culturale ha saputo amare fino in fondo sempre condividendo il legame tra arte e vita e mai confondendo la vita e l’arte.
Non si tratta di una recita che entra nella vita o viceversa ma di una realtà. È questo il punto. Vittoria apprende della morte di Umberto il giorno dopo e lo apprende addirittura dai giornali in un trafiletto che portava questo titolo: “Il pittore futurista Boccioni muore cadendo da cavallo”. Qualche giorno dopo Vittoria scrive al marito iniziando la lettera così: “Amore mio…”.
Umberto era morto il 17 agosto e Vittoria il 22 agosto scrive al marito chiamandolo amore mio. Oltre il futurismo c’è il destino. È proprio vero che per i futuristi il senso dell’ironia (o della beffa) viene vissuto intrecciandolo a quello del tragico disperatamente cercando di “uccidere” quel chiaro di luna che resta a fare ombra tra le attese e i cammini del viaggio.
Boccioni ha saputo essere futurista sempre disperatamente e la sua morte tragica e l’amore con la principessa Vittoria restano il segno tangibile di un attore che non ha mai saputo indossare maschere, convinto che la vita è nell’arte e l’arte è nel colore che dà forma alla vita.

Photocover: Umberto Boccioni- Filippo Tommaso Marinetti-Pierfranco Bruni

Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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