Washington, 12 novembre 2024 – Com’era prevedibile le prime nomine del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, fanno sorridere Israele. Per la sua futura amministrazione, che s’insedierà nel prossimo gennaio, il leader repubblicano ha scelto il senatore della Florida Marco Rubio per la casella di segretario di Stato, il rappresentante della Florida Mike Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale, la rappresentante di New York Elise Stefanik come ambasciatrice alle Nazioni Unite.
Donald Trump ha pure annnuciato di aver nominato come capo della Cia John Ratcliffe, gia’ direttore della National Intelligence.
Per le prime tre figure, si potrebbe sottolineare quanto lo Stato ebraico possa legittimamente annoverarle tra i propri più stretti alleati a Washington.
Negli ultimi mesi Rubio, Waltz e Stefanik hanno frequentemente attaccato l’amministrazione dell’attuale presidente Joe Biden per non aver sostenuto a sufficienza Israele nella guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza e contro Hezbollah in Libano. Nel 2016 il futuro segretario di Stato criticò anche lo stesso Trump, che all’epoca assunse una posizione di neutralità nel conflitto tra israeliani e palestinesi. Waltz, ex berretto verde dell’esercito degli Stati Uniti, si è detto contrario a un cessate il fuoco in Medio Oriente, che “lascerebbe i terroristi di Hamas al potere a Gaza”. Stefanik, da parte sua, ha sovente accusato le Nazioni Unite di antisemitismo per le ripetute condanne ai bombardamenti israeliani, spingendo anche per lo stop agli aiuti Usa a favore dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Unrwa.
Quel che è meno noto è che la nomina di Rubio al dipartimento di Stato rappresenta una pessima notizia per la Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan si è affrettato a congratularsi con Trump, definito “un amico”, dopo la vittoria di quest’ultimo alle elezioni presidenziali Usa dello scorso 5 novembre. Il leader turco ha anche auspicato che Trump mantenga fede alle promesse fatte in campagna elettorale e ponga fine ai conflitti in corso in Medio Oriente e in Ucraina, e che la sua elezione possa portare a un miglioramento dei turbolenti rapporti tra gli Stati Uniti e la Turchia. La scelta di Rubio, tuttavia, è destinata a far risuonare qualche campanello d’allarme ad Ankara. Nel corso dei suoi anni alla commissione Esteri del Senato, l’esponente repubblicano si è fatto promotore di diverse iniziative contro la Turchia e a favore di Cipro.
Nel 2019 presentò, assieme al democratico Bob Menendez, un disegno di legge volto a “ridisegnare la strategia degli Usa nel Mediterraneo orientale”, con il “pieno sostegno al partenariato trilaterale tra Israele, Grecia e Cipro attraverso iniziative di cooperazione in materia di energia e difesa, anche attraverso la rimozione dell’embargo sulle armi a Cipro”, e il contestuale congelamento degli affari militari con la Turchia, inclusa la fornitura dei caccia F-35. Rubio ha anche avuto in questi anni contatti con il movimento d’opposizione turca nato intorno al predicatore Fethullah Gulen, morto lo scorso 20 ottobre in esilio in Pennsylvania. Ha incontrato in più circostanze il giocatore di pallacanestro Enes Kanter (ora noto come Enes Freedom), seguace del movimento di Gulen, minacciato di morte per le sue critiche a Erdogan dopo il fallito colpo di Stato militare del 2016.
Le nomine di Trump non sono neanche una buona notizia per l’Iran. A ottobre Rubio ha rilasciato una dichiarazione nella quale si pronunciava a sostegno del diritto d’Israele “di rispondere in maniera sproporzionata” alla minaccia di Teheran. Anche Waltz dovrebbe portare al consiglio per la sicurezza nazionale della prossima Casa Bianca posizioni apertamente anti-iraniane. Il mese scorso, a proposito della risposta israeliana all’attacco condotto dalla Repubblica islamica con missili balistici, aveva suggerito che lo Stato ebraico colpisse l’isola di Kharg, uno degli snodi più importanti per il commercio iraniano di petrolio, e le strutture nucleari a Natanz, a sud di Teheran.
Waltz ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero chiarire che non impediranno a Israele di colpire militarmente il programma nucleare iraniano e che “un esempio di deterrenza efficace” nei confronti di Teheran sia l’assassinio, nel gennaio del 2020, del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Qods dei Guardiani della rivoluzione islamica. Due giorni fa, poco prima di essere scelta come ambasciatrice degli Usa alle Nazioni Unite, Stefanik ha scritto su X che Washington è “pronta a tornare a una campagna di massima pressione contro l’Iran”.