Pierfranco Bruni*
Tra Orazio e Ariosto, Giacomo Casanova visse il tempio onirico della vita. Tra il piacere dei giorni e la seduzione delle passioni che divennero costante viaggio nel sublime. Non contò gli anni fino a che gli anni non misurarono il tempo dalla memoria. Non conobbe la consolazione ma la consolazione conobbe Casanova sino a rendere la sua vita stessa misteriosa fantasia.
Ci furono due riferimenti che identificano il suo cercarsi: il tempo e la curiosità. “Amore mio, mi disse, lasciamo che sia il tempo a soddisfare la nostra reciproca curiosità”. Scrisse nelle sue Memorie. La curiosità fu proprio quel superamento della ragione che lo avvicinò al teatro della maschera. Visse di maschere e di specchi.
Smise di usare gli specchi quando iniziò a indossare quella maschera vera che era costituita semplicemente dal suo volto. La giovinezza fu un volo. La vecchiaia un’epoca. Quando capì forse che “Non si può amare con la stessa intensità due donne alla volta, né mantenere vivo l’amore dandogli troppo alimento o negandoglielo del tutto”.
È un concetto potente. Ma allora il mito di Casanova e le sue numerose amanti dove è andato a finire. In questa riflessione cade tutto un discorso che si è costruito sulla sua vita e sui suoi amori.
Infatti l’innamoramento di Casanova è altro rispetto ai piaceri. Però si potrebbe dedurre che tra amore vero e piacere carnale è l’amore che trova quella focalizzazione che lo rende vero. Non mi interessa contare quante donne si sono strette tra le sue braccia. Bensì quanti sussulti ha fatto il suo cuore per una donna. Ma nelle sue Memorie quanta finzione c’è? È realmente un’opera autobiografica?
Credo che sia un intreccio in cui la finzione si impossessa della rappresentazione della maschera e il “travestimento” di Pierrot è dentro il suo quotidiano. Sensualità certamente. Ma anche sentimento. C’è un profondo sentimento quando sottolinea: “Sarei stato troppo ingrato, anzi crudele, se non avessi stretto al mio cuore con la più sincera tenerezza quell’angelo di bontà e di Bellezza che era giunto davanti ai miei occhi solo perché spinto dalla più nobile amicizia”.
Un Casanova che fa vibrare le corde dell’anima tra ragione e pregiudizio tra istinto e sentimento. Non bisogna dimenticare che in Casanova c’è una profonda consapevolezza religiosa. Più volte fa riferimento ai principi cristiani. Proprio in questa lettura si incastra la sua filosofia come modello antistorico. Potrà giungere a una interpretazione metafisica? È questo che più mi interessa nel mio camminamento in Casanova.
Non il rito di un mito. Ma l’esperienza in una speculazione filosofica. Ovvero: “Noia crudele! Se chi ha inventato l’inferno non ti ha messo fra le sue pene, dev’essere stato solo per dimenticanza”. Non c’è tragedia. Sorriso sì. “La vita è il solo bene…”. Mentre “la morte è un mostro…”. È qui che Casanova incide la bellezza tra il piacere tout court e il piacere della seduzione per la bellezza.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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