Sale la tensione tra Mosca ed Ankara che dopo le accuse di complicità con l’Is affermate da Putin rincara la dose, come se non bastasse a una settimana dall’abbattimento del caccia russo da parte dei turchi, e attraverso il ministero della Difesa attacca senza mezzi termini il presidente turco Erdogan e la sua famiglia.
L’accusa? Essere coinvolti direttamente e personalmente nel traffico di “oro nero” con lo Stato islamico. Dichiarazioni forti che evidentemente sono state ponderate a lungo dai vertici politici e militari russi. La replica non si è fatta attendere e lo stesso Erdogan ha chiarito: “Nessuno ha il diritto di calunniarci”, ribadendo che è pronto a fare un passo indietro, ergo a dimettersi, nel caso in cui le accuse mosse dalla Russia si rivelassero fondate. Siamo alla resa dei conti. Proprio ieri avevamo scritto dello “stop” imposto da Putin al complesso sistema import-export tra i due paesi ed ai circa 44 miliardi di dollari che questo interscambio produrrebbe.
Le accuse del viceministro Anatoly Antonov sono però chiare: “Il principale consumatore di petrolio rubato dai legittimi proprietari, Siria e Iraq, è la Turchia. In base alle informazioni ricevute il massimo livello della leadership politica del paese, il presidente Erdogan e la sua famiglia sono direttamente coinvolti in questa attività criminale, le dimissioni di Erdogan non sono il nostro fine, è un compito che spetta al popolo turco questo”. E chiude: “In Occidente nessuno si chiede che il figlio del presidente turco è a capo della più grande compagnia energetica o che il suo genero è stato nominato ministro dell’Energia, che meravigliosa famiglia d’affari!
Il cinismo della leadership turca non conosce limiti”. Le prove di Mosca riguardano nello specifico tre vie lungo le quali viene convogliato verso la Turchia il petrolio rubato in Siria e in Iraq dall’Is, circa 200mila barili al giorno, una quantità che produce due miliardi di dollari l’anno ai miliziani del califfato. Foto, filmati e documenti di ogni tipo sono stati forniti anche ai giornalisti, pare che in direzione contraria, dalla Turchia alla Siria, passerebbero inoltre le armi destinate ai miliziani dell’Is, secondo i filmati mostrati “duemila militanti nel corso dell’ultima settimana, oltre 120 tonnellate di munizioni e circa 250 mezzi di trasporto”.
Alla riunione straordinaria voluta dai vertici militari russi hanno partecipato gli addetti militari delle ambasciate di tutto il mondo presenti a Mosca, anche quelli italiani naturalmente. Particolare impressione ha destato la ripresa del 14 novembre scorso – presso Silopi – che mostrerebbe un enorme parcheggio di autocontainer pronti a partire per partecipare al traffico di petrolio dello Stato Islamico.