di Francesco Saverio Vetere – Segretario generale Unione Stampa Periodica Italiana USPI
Il sesto comma dell’Articolo 21 della Costituzione italiana recita:
“Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.”
Questo comma introduce un limite alla libertà di espressione basato sul concetto di buon costume, che risulta volutamente generico e soggetto a interpretazione.
Il concetto di buon costume
1. Significato generale:
• Nel contesto dell’epoca (1946-1947), il “buon costume” era inteso come l’insieme di regole morali e comportamentali condivise dalla società, riferendosi soprattutto alla pubblica decenza, alla morale sessuale, e alla tutela della sensibilità collettiva.
2. Ambiguità e elasticità:
• Il termine “buon costume” è volutamente generico per consentire un’interpretazione flessibile da parte delle autorità giudiziarie. Tuttavia, questa genericità ha sollevato critiche per la potenziale arbitrarietà nell’applicazione.
3. Relatività del concetto:
• Il buon costume varia notevolmente nel tempo e nello spazio, essendo legato ai cambiamenti culturali, sociali e morali di una determinata epoca o comunità.
Critiche alla genericità del concetto
1. Rischio di arbitrarietà:
• La mancanza di una definizione chiara lascia spazio a interpretazioni soggettive, potenzialmente influenzate dai valori personali di giudici o legislatori.
• Questo rischio è particolarmente evidente nei casi giudiziari riguardanti opere artistiche, letterarie o cinematografiche.
2. Evoluzione dei costumi:
• Ciò che è considerato “contrario al buon costume” in un periodo storico può diventare accettabile o persino normale in un altro. Ad esempio:
• Film o libri censurati negli anni ‘50 per contenuti sessuali oggi potrebbero essere considerati opere d’arte o testimonianze culturali.
• Il trattamento delle tematiche LGBTQ+ è cambiato radicalmente, passando da argomenti tabù a temi ampiamente accettati e discussi.
3. Conflitto con la libertà di espressione:
• L’applicazione del limite del buon costume può entrare in tensione con il diritto costituzionale alla libertà di espressione (Articolo 21, primo comma). La questione chiave è: chi decide cosa è o non è conforme al buon costume?
Evoluzione dei costumi e Costituzione materiale
- Costituzione formale e Costituzione materiale:
• La Costituzione formale è il testo scritto della Carta, invariato nel tempo salvo modifiche esplicite.
• La Costituzione materiale è l’insieme delle prassi, delle interpretazioni giuridiche e dei valori condivisi che ne determinano l’applicazione concreta.
2. Impatto dell’evoluzione dei costumi sulla Costituzione materiale:
• L’interpretazione del concetto di buon costume si è adattata ai cambiamenti della società italiana:
• Negli anni ’50 e ’60, la censura riguardava prevalentemente contenuti ritenuti offensivi per la morale cattolica dominante.
• Dagli anni ’70 in poi, la liberalizzazione culturale ha portato a un progressivo allentamento delle restrizioni, con la Corte Costituzionale e i tribunali che hanno privilegiato un’interpretazione più ampia della libertà di espressione.
3. Ruolo della giurisprudenza:
• La giurisprudenza ha giocato un ruolo fondamentale nel reinterpretare il “buon costume” alla luce della società contemporanea. Ad esempio:
• Sentenze che hanno difeso opere considerate “oscene” ma di valore artistico o culturale.
• Decisioni che hanno circoscritto il divieto del sesto comma a casi specifici, come la diffusione di pornografia infantile o contenuti gravemente lesivi della dignità umana.
Il buon costume nella società contemporanea
1. Rilevanza residua:
• In una società pluralista e globalizzata, il concetto di buon costume è sempre più difficile da applicare in modo uniforme.
• Oggi si tende a tutelare non tanto il “buon costume” inteso in senso tradizionale, quanto i diritti fondamentali, come la dignità delle persone, la protezione dei minori e il contrasto all’incitamento all’odio.
- Il dibattito sulla necessità del concetto:
• Alcuni giuristi ritengono che il riferimento al buon costume sia ormai superato e potrebbe essere sostituito da norme più specifiche, che tutelino direttamente valori costituzionalmente rilevanti (dignità, uguaglianza, protezione dei minori).
• Altri sostengono che il concetto mantenga una sua utilità come “clausola generale”, adattabile ai cambiamenti della società.
Conclusioni
Il “buon costume” rappresenta un limite tradizionale alla libertà di espressione che, pur essendo generico e fluido, ha saputo adattarsi attraverso l’interpretazione giurisprudenziale. Tuttavia, la sua genericità solleva questioni sull’arbitrarietà e sull’effettiva necessità di un concetto così ampio in una società moderna. L’evoluzione della Costituzione materiale e dei costumi potrebbe portare, in futuro, a una ridefinizione di questo limite o alla sua sostituzione con norme più precise e orientate alla tutela dei diritti fondamentali. ( http://Vetere.it)
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Francesco Saverio Vetere, nato a Cosenza il 26 aprile 1962, vive a Roma.
Avvocato patrocinante in Cassazione.
Dal novembre 1999 è Segretario Generale e Presidente della Giunta Esecutiva dell’USPI Unione Stampa Periodica Italiana, organismo nazionale di maggiore rappresentanza del comparto Editoria e Giornalismo.
Giornalista pubblicista.
Docente di Storia della Stampa Periodica, Università “Sapienza” di Roma.
Docente di Management dell’Editoria Periodica, Università “Sapienza” di Roma.
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