La Russia si impegna a prestare 1,5 miliardi di dollari alla Bielorussia

Continuano le proteste contro il governo di Aleksandr Lukashenko e le violenze della forze dell’ordine

Sochi – Da oltre un mese in Bielorussia si susseguono manifestazioni di protesta contro il governo di Aleksandr Lukashenko , in carica da ben ventisei anni. Tra gli appuntamenti fissi c’è la marcia delle donne che anche lo scorso sabato, 12 settembre, ne ha viste sfilare in migliaia per le strade della capitale Minsk chiedendo le dimissioni del governo, oltre 10.000 assicura la testata indipendente online Tut.by.

Nonostante le manifestazioni di protesta siano nate pacifiche altrettanto non si può dire della reazione governativa. Durante le violenti repressioni alcuni manifestanti hanno perso la vita e si contano centinaia di feriti. Sono state arrestate quasi 1000 persone, molte delle quali hanno mostrato torture e soprusi subiti fuori e dentro il carcere. Immagini che hanno scosso l’opinione pubblica internazionale.

Ieri Lukaš?nko e il presidente russo Vladimir Putin si sono incontrati a Sochi per fare il punto della situazione. È il primo incontro dopo le elezioni bielorusse del 9 agosto, che hanno confermato la presidenza di Lukaš?nko con quasi il 90% delle preferenze e che i manifestanti contestano a gran voce sostenendo che la vera vincitrice sia la leader dell’opposizione Svjatlana Cichano?skaja, costretta a fuggire in Lituania dopo il risultato elettorale.

Durante la conferenza stampa dell’incontro al vertice Vladimir Putin ha auspicato che “i bielorussi possano affrontare da soli questa situazione, con calma e in dialogo tra loro, senza pressioni dall’esterno”, contestualmente però si è impegnato a prestare 1,5 miliardi di dollari al governo di Lukaš?nko per sostenere la disastrata economia del paese. Certo un’offerta così generosa non può non far sorgere il sospetto che qualche pressione ci sarà eccome. Dal canto suo Lukaš?nko, che in passato non era stato poi così ben disposto nei confronti di Putin, si è profuso in ringraziamenti ed elogi, sostenendo che da questa esperienza la Bielorussia ha imparato che deve stare più vicino al suo “fratello maggiore”, ovvero la Russia.

Ma basterà questo a fermare l’opposizione? Probabilmente no data la prova di resistenza che hanno mostrato sino a ora. Il malumore in Bielorussia serpeggia già da diverso tempo e l’incompetenza governativa davanti all’emergenza sanitaria Covid-19 è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Impossibile dimenticare i consigli che Lukaš?nko dava alla popolazione per combattere il virus, ovvero bere vodka e fare saune, altrettanto impossibile dimenticare come poi sia risultato lui stesso positivo al virus e che i contagi nel paese siano stati molti di più rispetto ad esempio alla vicina Polonia.

In prossimità della tornata elettorale, inoltre, Lukaš?nko era riuscito anche a liberarsi dei suoi principali oppositori arrestando il candidato dato per vincente, Viktor Babaryka, e il blogger Sjarhej Cichano?skij. È stata la moglie di quest’ultimo, Svjatlana Cichano?skaja, a raccogliere il testimone e in quel momento tutti i partiti di opposizione hanno deciso di unirsi a favore del suo sostegno scatenando una partecipazione politica popolare senza precedenti nel paese.

Dopo la fuga in Polonia della Cichano?skaja diversi rappresentanti dell’opposizione sono “misteriosamente spariti”, come Maria Kolesnikova. La donna è stata prelevata alla luce del sole  da uomini a volto coperto che l’hanno costretta a salire su un pulmino, nella notte è stata poi arrestata al confine con l’Ucraina con l’accusa di aver tentato di lasciare illegalmente il paese. La versione sostenuta dall’opposizione però è molto diversa, pare che i servizi segreti bielorussi (che si chiamano ancora KGB) abbiano cercato di portarla fuori dal paese contrariamente al suo volere e che lei per impedirlo abbia stracciato il suo passaporto.

Ancora a piede libero e in Bielorussia l’ultimo volto noto della protesta, il Premio Nobel per la Letteratura Svetlana Alexievich, che recentemente ha affermato di aver subito minacce anonime e ha anche lanciato un appello affinché la comunità internazionale protegga i giornalisti in Bielorussia. Il paese è al 153° posto su 180 paesi nella Classifica mondiale della libertà di stampa redatta da RSF (Reporters sans frontières), ricordiamo inoltre che risale circa a un mese fa l’arresto di un reporter italiano che si trovava in Bielorussia per seguire le elezioni e che fortunatamente è stato poi rilasciato. Ha dichiarato di essere stato in una cella senza cibo e con poca acqua per ben 60 ore. 

I paesi dell’Unione Europea hanno deciso di non riconoscere il risultato elettorale del 9 agosto e hanno come al solito agitato la debole carta delle “sanzioni” senza poi neanche riuscire a metterla sul tavolo dato che il governo di Cipro si è opposto. Cipro ha pensato bene di sfruttare la situazione in Bielorussia per tirare acqua al mulino della disputa con la Turchia nel Mediterraneo. Semplici questioni di equilibri internazionali? Peccato che nel frattempo ci sono persone la cui protesta non viene ascoltata o peggio è repressa con la violenza.

Dal canto suo l’ONU difficilmente potrà agire perché probabilmente qualsiasi azione concreta si scontrerebbe col veto della Russia, ma ieri mattina l’Alto commissario per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, intervenendo al Consiglio di Ginevra, ha chiesto che sia condotta un’indagine sulle accuse di tortura e altre forme di maltrattamento da parte delle forze dell’ordine in Bielorussia. La Bachelet ha affermato: “Continuiamo a ricevere notizie allarmanti sulla repressione violenta in Bielorussia di manifestazioni pacifiche da parte di centinaia di migliaia di persone di ogni estrazione sociale, in particolare donne. Le segnalazioni continuano a indicare un uso della forza non necessario o eccessivo da parte delle forze dell’ordine, migliaia di arresti, molti dei quali apparentemente arbitrari, e centinaia di accuse di tortura o maltrattamenti, anche contro bambini e alcune indicazioni di violenza sessuale”, ha aggiunto poi che “il ripristino della pace sociale in Bielorussia richiede un dialogo di vasta portata, riforme e l’obbligo di rispondere delle gravi violazioni dei diritti umani“.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti invece tutto tace, salvo qualche dichiarazione vaga sulla possibilità di imporre sanzioni a 7 funzionari bielorussi che si ritiene siano responsabili delle violenze e dei brogli elettorali.

Dunque la strada sembra davvero libera per Putin che già in passato ha dimostrato il suo attaccamento ai paesi dell’ex blocco sovietico. Speriamo solo di non assistere a un’altra Ucraina.

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