Intervista a cura di Pino Nano – già Capo redattore Centrale Rai
Roma – 62 anni appena compiuti, Francesco Saverio Vetere è oggi uno dei figli di Calabria più influenti e più conosciuti d’Italia. E’ nato a Cosenza il 26 aprile 1962, ha alle spalle un corso di studi importante. Maturità classica al Liceo “Bernardino Telesio” di Cosenza, poi la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ma non gli bastava, e anni dopo prende una seconda laurea Magistrale in Management delle organizzazioni pubbliche e sanitarie, presso l’Università “UnitelmaSapienza” di Roma. Avvocato patrocinante in Cassazione, è Segretario Generale e Presidente della Giunta Esecutiva dell’USPI dal novembre del 1999, giornalista pubblicista e docente di Storia della Stampa Periodica all’Università “Sapienza”, ma anche docente di Management dell’Editoria Periodica, nella stessa Università di Roma Capitale.
Ufficialmente lui oggi è il Segretario Generale dell’USPI, l’Unione Stampa Periodica Italiana, quello che nel complesso e variegato panorama dell’informazione generale di questo Paese, rimane oggi una “cellula viva” della grande stampa italiana. E in questo ruolo è la testa di ponte di almeno 3 mila giornali italiani diversi, piccoli o grandi che sia poco importa, e che a volte fanno a pugni per sopravvivere, per emergere, per liberarsi dalla precarietà a volte assillante del sistema e del momento politico. Bene, dietro ognuno di loro, c’è “l’avvocato”, come ormai da anni lo chiamano molti dei suoi associati. Parliamo dell’Associazione che dal 1953 riunisce insieme ben mille editori, almeno 3000 mila testate periodiche diverse, alcune di queste oggi anche telematiche, edite o trasmesse con qualunque mezzo da medie e piccole imprese editoriali e da enti e associazioni no-profit, e che appena un anno fa, lunedì 19 giugno del 2023, a Palazzo Madama, Senato della Repubblica, hanno celebrato il loro primo settantesimo compleanno di vita, e 70 anni di stampa periodica in Italia sono in realtà la storia vera del Paese e della Repubblica.
L’uomo è un “duro”, chi lo conosce bene parla di un professionista educato a lavorare per gli altri anche 14 ore al giorno, senza un’ora di sosta, cocciuto e caparbio come solo certi calabresi sanno ancora esserlo, un uomo colto, avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, giurista abituato a navigare in mari procellosi, professore e filosofo insieme, un intellettuale pragmatico che non teme mai nessun confronto con gli altri.
Questo fa di lui un leader a 360 gradi, amato e seguito dal “popolo USPI” più di quanto non si immagini, con in corpo la giusta rabbia per le lobby di potere, e nemico dichiarato di chi vorrebbe controllare o influenzare l’indipendenza della stampa periodica italiana. Un mastino vero e proprio, intelligente, sornione, guardingo, riservato, attentissimo alla forma, un cane da guardia come pochi, e soprattutto un uomo intellettualmente libero.
Francesco Saverio Vetere è stato mille cose diverse insieme nella sua vita. Presidente del Coordinamento Mondiale della Stampa Periodica Italiana, Componente della Commissione Paritetica Governo-Editori presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Componente del Comitato per il Credito Agevolato alle imprese del settore della comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Componente della Commissione Tecnica per l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Componente dell’Osservatorio per la Distribuzione e Vendita dei Prodotti Editoriali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Amministratore della Società Editrice Euroma “La Goliardica” di Roma, società editrice della Università di Roma, Consigliere di Amministrazione di OPIMS (Osservatorio Permanente per l’Informazione Medico-Scientifica), organismo che si occupa del monitoraggio dell’informazione medico-scientifica sui mezzi di comunicazione. Insomma, uno dei massimi esperti in Italia della storia della Stampa periodica, e tutto questo suo lavoro e questa sua dedizione verso il mondo della comunicazione periodica e locale nel 2002 gli è valsa l’onorificenza del Presidente della Repubblica di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana.
-Professore, partiamo dall’inizio? So che lei è nato in uno dei quartieri storici della città di Cosenza?
“Sono nato nel 1962 a via Rivocati, quartiere della Riforma. Mio padre era Aldo Vetere, avvocato, mia madre Filomena Valentini insegnante di italiano e latino. I miei punti di riferimento erano la GIL, il cinema Italia, il mercato, la Chiesa di San Nicola, piazza Riforma, corso Umberto con la Villa Nuova e le bancarelle a Natale. Era una dimensione felice, semplice, che non ho mai percepito come pericolosa”.
-Immagino abbia avuto un’infanzia felice?
“Ricordo che alla GIL giocavo a pallone con tutti quelli che capitavano; quindi, puoi capire che c’era di tutto, anche persone di cui Cosenza, e in alcuni casi l’Italia, avrebbero parlato, in tutti i modi. Ma lì eravamo solo dei bambini che volevano giocare insieme. Al cinema San Nicola, nello stesso fabbricato della Chiesa, andavo spesso e il biglietto costava 100 lire. Facevo poca strada da casa, anzi tutto il quartiere sembrava il prolungamento di casa mia. Avevo anche come riferimento la casa dei miei nonni materni, a via Padolisi, vicinissima al Duomo. Si erano trasferiti a Cosenza da Altilia e nonno Eugenio e suo fratello Scipione Valentini avevano iniziato a costruire la grande casa di famiglia ad Andreotta di Castrolibero. Ricordo che mi piaceva guardare gli operai lavorare e cercavo di imparare a impastare il cemento con la pala, con esiti modesti o peggio”.
-E le sue prime scuole, dove?
“Feci la primina in una scuola elementare piccolissima, in una frazione che si chiama Molino Irto. In una sola aula c’erano tutte le classi, dalla prima alla quinta, ma c’era anche la Maestra più brava del mondo, che si chiamava Talarico. Era brava e buona, anche se aveva l’abitudine di mettermi zero tagliato e non ho mai capito perché. Però mamma raccontava a tutti che mi aveva insegnato a leggere in quindici giorni. Quindi, se lo diceva mamma, era certissimamente vero”.
-Vedo che ha ricordi ancora molto netti di quel periodo…
“Le dirò di più. Dalla seconda elementare sono andato alla scuola di via Milelli e lì ho avuto un altro meraviglioso Maestro, che si chiamava Aldo Conforti. Un papà per tutti i bambini, sempre buono e a volte severo, ma sempre a giusta ragione”.
-E’ vero che coltiva ancora la passione per lo sport che aveva già da ragazzo?
“Vede, quando i miei nonni materni finirono la casa, cominciai anche ad andare allo stadio con zio Franco. È da quel momento che cominciò per me la passione per il Cosenza, mai diminuita, e che poi ho cercato di trasmettere ai figli con qualche successo, come vedremo”.
-Che Cosenza era?
“In quel periodo il Cosenza era in serie C, e lo stadio aveva una sola curva. Mi ricordo solo un giocatore, un libero che si chiamava Codognato, ma potrei confondere periodi diversi. Naturalmente devo anche dirti che non si è ancora realizzato il mio desiderio più grande, lo dico dal punto di vista calcistico, e che è quello di vedere il Cosenza in serie A. Ma la speranza è l’ultima a morire”.
-Deluso per questo?
“Francamente non ho quasi mai visto la mia squadra dominare un campionato, facendomi stare tranquillo. Dico quasi, perché un anno vincemmo tutte le partite, ma eravamo in serie D, e un altro vincemmo la serie C tornando in B dopo tantissimo tempo. La festa in città fu indimenticabile”.
-Tanto sport, ma anche tanta politica nella vita della sua famiglia?
“Molte volte la domenica andavamo a Grimaldi, che era il paese di papà. Quasi tutti, in famiglia, in realtà facevano politica. Papà con la Democrazia Cristiana fu eletto per due volte al Consiglio Provinciale, ma fu anche sindaco di Grimaldi. Zio Scipione Valentini era socialista. Per qualche anno fu nel PSIUP, che lui stesso aveva contribuito a fondare, ma quando il partito si sciolse lui tornò nel PSI, a differenza di tutti gli altri che rientrarono nel PCI. Fu svariate volte consigliere comunale e regionale, e fu anche presidente del consiglio regionale della Calabria, e successivamente ancora sindaco di Castrolibero. Quando era presidente del consiglio regionale, addirittura, ricordo che mi portava sempre con lui allo stadio a vedere il Cosenza”.
-Che anni erano?
“Era l’anno in cui eravamo in serie D e vincemmo tutte le partite. Mi ricordo che all’ultima partita io entrai in campo alla fine per prendere una maglia, ma con scarso successo. Ti lascio immaginare la confusione e la festa dentro il campo”.
-Un giorno lei ha raccontato ai suoi studenti all’Università delle sue frequentazioni con il mondo del carcere…
“E’ vero. Ho tanti ricordi di Colle Triglio, dove allora c’erano il vecchio tribunale e il vecchio carcere. Qualche volta papà mi portava con lui, perché non sapeva con chi lasciarmi, ed io, oltre che conoscere personalmente tutti i colleghi e i giudici che lui incontrava, stavo ad ascoltare i detenuti che parlavano dalle finestre con i familiari”.
-Ha qualche altro ricordo particolare del rapporto che aveva con suo padre?
“Ricordo ancora distintamente la campagna per il referendum sul divorzio del 1974. Allora giravo con papà per i paesi, e assistevo ai suoi comizi. C’era un gran fermento, una grande passione anche nelle elezioni politiche soprattutto locali. Era la stagione dei comizi, delle manifestazioni di piazza, delle polemiche feroci soprattutto tra democristiani e socialisti, che a livello locale non erano mai alleati a differenza del livello nazionale. Nessuno allora avrebbe mai immaginato che le ideologie sarebbero presto tramontate, sia che questo venga considerato un bene, sia che venga considerato un male”.
-Immagino che lei abbia assorbito anche tanta passione per la politica in quegli anni?
“Devo dire la verità? Ebbene no. Io non riuscivo ad appassionarmi in nessun modo alle battaglie ideologiche, e non ho mai amato prendere parte, su presupposti che non condividevo. Eppure, devo dirti che ho conosciuto tante persone straordinarie, da una parte e dall’altra, che facevano politica con onestà, e che avevano una fede profonda nelle loro idee. Quante sono, mi chiedo invece oggi, le persone così?”
-E’ vero che a scuola lei era un numero uno?
“Forse non sta a me dirlo, ma il mio totale disinteresse per la politica lasciò tutto lo spazio all’interesse per la cultura, ma solo quando andai all’università, a Roma”.
-In che senso, Professore?
“Nel senso che prima avevo letto molti libri, ma senza la profondità necessaria ad un reale assorbimento dei contenuti. Fuori da Cosenza sprofondai invece nello studio vero, e trovai grandi maestri, ma questa è un’altra storia”.
-Dopo la laurea di fatto incomincia a fare l’avvocato: con che ricordi?
“Uno in maniera speciale. Era il 1994 e mi trovavo nel Tribunale di Cosenza. Ero un giovane procuratore legale e cercavo di farmi le ossa nella professione. Quella mattina incontrai con piacere Don Pierino Carbone, così lo chiamavamo tutti. Uno dei più grandi gentiluomini mai conosciuti. Ci salutammo e io gli parlai dell’Accademia Cosentina. Sapevo che lui era il Segretario. Don Pierino mi sorrise e mi chiese: -Ti interessa davvero l’Accademia? Io risposi subito di sì, con entusiasmo. Lui mi sorrise e mi augurò la buona giornata. Ma alle nove di sera mi fu recapitato a casa un plico, con il Diploma di Socio Corrispondente dell’Accademia Cosentina, con la firma del Presidente Luigi Gullo e un biglietto di felicitazioni dello stesso Professore Gullo. Questo diploma campeggia nel mio ufficio, insieme a alcuni altri. Ma, mentre gli altri stanno alle mie spalle, questo sta nella parete davanti a me. Sempre davanti ai miei occhi”.
-E il mondo del calcio, nel frattempo?
“Un paio di anni fa, ricordo, c’era lo spareggio per non retrocedere in serie C, e il Cosenza giocava contro il Brescia. Era la partita di ritorno. Io mi rifiutavo di vederla, perché mi rifiuto di morire per una partita di calcio. Così me ne stavo in camera da letto a guardare un film facendo finta di niente. La mia casa non è piccola e i miei figli guardavano la partita in salone. Sono nati a Roma e i primi due, Aldo e Federico, sono tifosi della Juve. Il terzo, Manfredi, tifa Lazio. In realtà dal telefonino sapevo come stava andando la partita. Perdevamo uno a zero, ed eravamo quasi alla fine, quando dal salone arriva un urlo che fa tremare l’intero palazzo. Uno a uno, eravamo salvi. Ma la cosa più importante era che i miei figli amano Cosenza e il Cosenza”.
-Chi era allora il suo idolo?
“Erano i primissimi anni 2000 e ricordo che eravamo in vacanza al mare. Un giorno andammo a pranzo a Cetraro con tutta la famiglia. Notai che al tavolo vicino c’era Gigi Marulla, anche lui con la famiglia. Non saprei dirti perché, io odio disturbare gli altri, ma quel giorno presi per mano Aldo e lo portai da lui. Chiesi scusa a Gigi e dissi ad Aldo: “Questo signore è stato un grande giocatore del Cosenza, ha fatto tanti gol e noi gli vogliamo molto bene”. Gigi Marulla sorrise e diede una carezza a mio figlio, ancora piccolo. Poi gli chiese se gli piacesse il calcio e se volesse fare una scuola. Sorrideva anche con gli occhi, Gigi Marulla. Era un uomo buono, non solo un grande giocatore. Non potremo mai dimenticarlo. Lui era tutti noi cosentini”.
-Professore, ma riesce ancora a tornare qualche volta a Cosenza?
“Purtroppo, accade sempre più di rado. Tra lavoro, impegni all’Università e il mio ruolo all’Uspi tutto questo mi tiene segregato a Roma e lontano dalla mia città natale. Non è semplice tornare, ma ogni qualvolta riesco a farlo per me è una festa”.
-Chi ritrova quando torna a casa?
“Trovo mia sorella, con attorno la sua bellissima famiglia. Trovo mio fratello Fabio, anche lui ha una bella famiglia attorno, e ogni volta che torno a casa mi diverto anche moltissimo. Mia sorella Nadyia ha due figlie, per altro molto brave, studentesse universitarie tutte e due, che io adoro, lo dico in senso letterale, le adoro. Mio fratello Fabio invece ha una bambina che ha ancora cinque anni, lui ha avuto questa figlia molto più avanti negli anni, che si chiama Raffaella, e che è semplicemente bellissima. Ecco cosa trovo, trovo quello che Gabriel Garcia Marquez nel suo “Cent’anni di solitudine” chiamava “Macondo”, “un villaggio nella Colombia caraibica, di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane… di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito”. Che capolavoro quel racconto. Così è per me, oggi, la città di Cosenza e soprattutto il quartiere dove sono nato”.
-Le è mai venuto il dubbio che forse sarebbe stato più felice se fosse rimasto nella sua casa di Via Rivocati?
“Francamente questo non lo. Non lo posso dire oggi. Forse sì, forse no, ma forse se fossi rimasto a Cosenza mi sarebbe poi mancata la Roma che da studente universitario ho imparato a conoscere ma anche ad amare. Ecco, la vera certezza della mia vita oggi è che a Cosenza sono stato sempre felice. In realtà non c’è mai stato un solo giorno della mia vita in cui, stando nella mia casa di Via Rivocati, io abbia potuto sentirmi triste, o peggio ancora solo. Mai accaduto. Pensa che ho tanti di quei ricordi belli legati alla mia casa e alla mia famiglia di origine che a volte penso di aver vissuto non una sola vita, ma tante vite diverse insieme, e se un giorno trovassi il tempo per scrivere un libro lo riempirei di tutti questi miei ricordi bellissimi legati alla mia infanzia calabrese. Credo che prima o poi accadrà”.
-Se le offrissero un incarico all’Unical lei accetterebbe di tornare in Calabria?
“Lo confesso con grande candore, per me sarebbe un onore tornare a Cosenza nell’Università della mia città e della mia terra di origine. Dovrei però viaggiare, a Roma ho la mia famiglie, i miei figli, insomma il baricentro della vita di ognuno di noi ad un certo punto segue altre direttrici e altre location. Così è stato anche per me”.
-Che argomento ha scelto per la sua tesi di laurea e perché?
“Quando ho preso la mia prima laurea ho scelto una tesi con il Professore Franco Cordero, che era un grande professore di Procedura Penale, il titolo che scelsi era “Profili Costituzionali nella disciplina della competenza”, ricordo che era un tema molto caro a lui, e alla fine lui fu così soddisfatto del mio lavoro che mi riservò giudizi e commenti di grande ammirazione per quello che avevo fatto. Per me lui è stato davvero un grande maestro, e non solo di procedura penale, ma anche di vita”.
-Posso chiederle qual è stato l’ultimo libro che ha letto?
“Il titolo è “Filosofi sovrumani” di Giorgio Colli che è uno dei più grandi studiosi di filosofia greca soprattutto. Un libro davvero straordinario”.
-Professore, so che lei ha un “chiodo fisso” che coltiva da anni?
“Non è un mio sogno privato. È piuttosto il sogno dell’Associazione che mi onoro di guidare, e che è quello dirappresentare la stampa periodica italiana nella tutela dei diritti e degli interessi professionali, morali e materiali dell’intera categoria.
Tutto questo lo facciamo anche mettendo in piedi ricerche, studi, dibattiti e convegni sui grandi temi che riguardano la stampa periodica e i suoi rapporti con la realtà sociale. Vede, lo dico dovunque mi capiti di parlare di noi, noi come USP abbiamo una mission storica a cui non siamo mai venuti meno, e che è quella di mettere in atto, in campo interno e internazionale, tutte le azioni connesse al conseguimento dei nostri scopi. Tradotto in parole più semplici, questo vuol dire assumere ogni iniziativa utile a riunire insieme e coordinare, nei limiti dell’attuale Statuto ma nel migliore dei modi, l’attività professionale di tutti i nostri associati, e questo nei loro rapporti con le amministrazioni e gli istituti sia pubblici che privati. Perché vogliamo difendere ed elevare il prestigio della categoria di cui siamo parte”.
-Ma voi dell’USPI, chi siete realmente?
“Le ricordo solo che l’USPI è nata 71 anni fa per tutelare i giornali culturali, ponendosi come punto di riferimento alto, non meramente commerciale di un settore dell’informazione che si fondava su principi che andavano al di là della logica dell’impresa.
Tuttavia, nei decenni successivi la piccola e media editoria ha chiesto tutela. Noi non ne avevamo assolutamente alcuna voglia, ma abbiamo sentito il dovere di rappresentare presso le istituzioni le necessità di un comparto debole. E alla fine abbiamo rischiato di snaturarci perdendo di vista il tema della qualità, messo inopinatamente in secondo piano rispetto alla libertà di stampa. Dovrebbero, invece, sempre andare di pari passo”.
-Tanto lavoro alle spalle, immagino?
“Praticamente abbiamo dedicato moltissimo tempo e molti anni di lavoro alle cose che più interessavano i piccoli editori. In particolare, le tariffe postali, i contributi pubblici, i contratti di lavoro. Sono temi importanti e dolenti che però necessitavano di un lavoro in profondità, in alcuni casi di una vera e propria demolizione e ristrutturazione del sistema, strutturato sulle necessità di alcune lobby che in passato facevano il bello e il cattivo tempo. Parlo di lobby che condizionavano pesantemente tutta l’informazione. Così il tema della qualità, che io chiamo “bellezza”, è stato messo da parte, e ancora di più quando è arrivata l’informazione online e sono nati i motori di ricerca e i social”.
-Posso dire che l’amarezza del “Principe” della Stampa Periodica Italiana è palpabile e reale? Posso chiederle perché, professore?
“L’ho appena detto qualche tempo fa ai colleghi di “Paese Italia Press.it”, lo dirige una collega donna molto brava, Mimma Cucinotta. Oggi tutti noi assistiamo a un fenomeno veramente molto grave, l’attività giornalistica, allo stato, dev’essere strutturata secondo le linee guida dell’indicizzazione (la SEO) che impongono un linguaggio e un’ampiezza dei contenuti sempre più basici e fondati su regole comuni, quindi sulla costruzione di un modo di comunicare e di pensare uniforme. Una cosa orribile.
E tutto questo è successo perché l’informazione online è cresciuta sul modello della gratuità e si sostiene con le visualizzazioni determinate dall’approvazione degli algoritmi, dei motori di ricerca e dei social. Non c’è altra strada che stare nei canoni dell’economica guidata dai Big Data, che presuppone la gestione dei nostri dati da parte degli OTT (Over The Top). Questo tempo sta per finire. Questo modello sta per finire. I dati come i diritti dell’uomo non potranno più essere gestiti secondo le vecchie linee guida e il modello degli OTT andrà progressivamente sempre di più in crisi”.
-70 anni di servizio e di impegno, sono valsi a qualcosa?
“Le ripeto quello che ho già detto in mille altre occasioni pubbliche diverse. Noi ci siamo messi continuamente “all’ascolto del mondo”. Dapprima il nostro piccolo mondo italiano, in cui i giornali, soprattutto quotidiani, per esistere avevano bisogno sempre di un aiuto pubblico. Poi all’ascolto delle dinamiche internazionali e abbiamo cercato di comprenderne le trasformazioni. L’informazione cambia e si svincola progressivamente dall’idea di giornale per frammentarsi in contenuti fruibili singolarmente. La vecchia definizione di giornali era quella di un’opera collettiva. Non sarà più necessariamente così, ma si tratterà sempre di informazione, cioè della produzione di contenuti informativi non occasionali, da parte di soggetti che praticano regole di mestiere. Come vede, non è più “il giornale” ma può essere un blog, una pagina social, un podcast, un video, qualunque altra cosa insomma”.
-Posso chiederle se c’è ancora da fidarsi del giornalismo italiano?
“Certo che c’è ancora da fidarsi. Il giornalismo italiano sta attraversando varie fasi di assestamento, di cambiamento, e sul futuro del giornalismo italiano non faccio che ripetere ai miei studenti questo concetto che ritengo fondamentale per capire meglio dove andremo a parare in futuro. Il vero problema non è il giornalismo, e quindi noi che ne siamo in qualche modo protagonisti diretti o indiretti, o attori di prima o di seconda fila, quanto invece lo è il problema degli editori”.
-Cosa vuol dire?
“In questo nostro Paese, come in molti altri paesi del mondo, ci sono editori puri e editori impuri. C’è chi fa un giornale per raccontare il Paese e la vita del Paese, e chi invece fa un giornale per rincorrere interessi privati e che nulla hanno a che fare con la res pubblica. Ma questo non vuol dire, attenzione, che non si possa guardare ancora con immensa fiducia al mondo del giornalismo. Personalmente io mi fido ancora molto dei giornalisti, anche perché sono cresciuto nel culto delle grandi firme, dei grandi inviati, dei grandi editorialisti, Montanelli, Biagi, Bocca, è con le loro cronache e i loro commenti che la mia generazione è cresciuta”.
-Come immagina o vede il futuro della professione?
Il futuro, e di questo sono certo, si giocherà, sulla qualità dell’informazione libera, per quanto potrà esserlo, dai condizionamenti linguistici e contenutistici degli algoritmi.
Questa è la vera strada da percorrere. Dobbiamo ricercare e rincorrere la qualità che porta all’informazione fondata sulla verità, e non sulla ricerca truffaldina di visualizzazioni. Questo è ciò che noi dobbiamo sviluppare e promuovere staccandoci da piccole logiche lobbystiche e da più grandi logiche commerciali mascherate da libertà di internet. La chiamate libertà quella che impone un certo linguaggio e un certo contenuto?”.
-C’è un progetto o una scelta di cui lei si sente davvero fiero come padre storico dell’USPI?
“Abbiam fatto tante cose in questi anni, mi creda. Mi piace citarle qui il nuovo Contratto collettivo nazionale USPI – FIGEC CISAL, firmato più di un anno fa, che disciplina il lavoro giornalistico e i rapporti di lavoro di natura redazionale nei settori della comunicazione e dell’informazione periodica locale e online e nazionale no profit.
E ne vado fiero perché esso stabilisce finalmente dei punti fermi nella tutela del lavoro giornalistico e nell’affermazione della sua dignità, attraverso l’introduzione di significativi aumenti retributivi e contributivi e l’estensione di diritti e tutele che si applicano sia alle figure professionali tradizionali che a quelle legate alle piattaforme digitali. Ma abbiamo rinnovato anche l’accordo sul lavoro autonomo, che stabilisce un trattamento economico minimo con criteri migliorativi rispetto al contratto FIEG-FNSI. Ma abbiamo introdotto, infine, anche altri elementi da cui traspare sensibilità nei confronti dei principi religiosi dei lavoratori, sia per i cattolici -con l’introduzione, come novità assoluta rispetto ad altri contratti, del giorno di Pasqua tra le festività-, sia per gli appartenenti a religioni o culti differenti, con la possibilità di individuare festività religiose integrative o sostitutive rispetto a quelle cattoliche. Le pare poco?”.
-L’ultima volta che l’ho incontrata è stato un anno fa al Senato per la vostra festa di compleanno e in quella occasione il tema che lei aveva scelto era “Il bello e il bene”. Perché questo tema?
“Perché possiamo individuare tanti significati, diretti e indiretti, in un titolo così impegnativo. Devo dirle però che sono un appassionato di filosofia, e dopo varie peregrinazioni nella modernità per circa 20 anni, sono tornato a Platone, e al fondamento del pensiero di noi occidentali”.
-Che sarebbe?
“La nostra forza vera è la passione. Noi viviamo di passioni, e tendiamo a ricondurre tutte le cose che accadono nella nostra vita a ciò che ci muove dentro. Non saprei vivere freddamente. Non mi divertirei. Non troverei un senso a tutto il lavoro che faccio. Cominciamo dunque dai princìpi. Ripartiamo dai principi, e mettiamola in questo modo: “Il Bello e il Bene” sono a fondamento del mondo per come vogliamo conoscerlo e per come lo desideriamo. Non è d’accordo con me?”.
(Pino Nano)
“Temi di Editoria Periodica”
“Temi di editoria periodica” è l’ultimo suo saggio, e devo riconoscere che solo lui, Francesco Saverio Vetere, avrebbe potuto immaginare di dar corpo e vita, come realmente ha fatto, ad un “manuale didattico” sui temi più classici e tradizionale dell’Editoria Periodica Italiana.
E, ripeto, solo lui, da anni ormai docente all’Università Sapienza di Roma, e per via soprattutto di questa lunghissima esperienza maturata come leader carismatico dell’Unione Stampa Periodica Italiana, che sotto la sua guida è diventata una costola portante e fondamentale del grande circo mediatico italiano e del mondo vero della comunicazione moderna che oggi più conta.
Il Manuale, che ha per titolo “Temi di Editoria Periodica”, nasce in realtà- lo spiega bene lui stesso- da un lavoro durato anni, un lavoro di limatura e di aggiornamento avvenuto raccogliendo dati ed elementi sempre più nuovi e in linea con l’evoluzione dei tempi.
Un Manuale, insomma, nato e pensato per gli studenti del suo Corso di Laurea Magistrale di Editoria e Scrittura presso l’Università Sapienza di Roma, e scritto a quattro mani. Il saggio è a cura dello stesso Francesco Saverio Vetere e della Dott.ssa Irene Vitale, scritto insomma a quattro mani, con la collaborazione editoriale della Dott.ssa Tania Sabbatini.
Badate bene, parliamo qui di un lavoro non facile, anzi assai complesso ed insidioso, che finalmente rimette però insieme tasselli, date, eventi, vicende, personaggi, storie e momenti clou della vita del Paese altrimenti scollegati tra di loro, e difficili da ricordare o da raccontare. Perchè alla luce di ogni analisi sociologica, questo va detto con assoluta chiarezza, la storia dell’Editoria Periodica italiana non è altro che la crescita, la trasformazione, e l’innovazione della nostra Repubblica. Icona stessa del pluralismo e della libertà di stampa, e di cui spesso si parla anche a sproposito.
-Avvocato Vetere, perché lei ama parlare molto più di un “manuale” che non invece di un saggio scientifico, percome è sembrato essere a noi?
“Perché questo mio lavoro è essenzialmente un Manuale. Potrei aggiungere che oltre a voler essere un manuale, è soprattutto uno strumento utilissimo per comprendere e conoscere a fondo il settore editoriale in ogni sua sfaccettatura”.
-Qual è il segreto vero del successo di un manuale come il suo?
“Sicuramente, la serietà del racconto, la dovizia dei dettagli e dei particolari a cui il manuale fa preciso riferimento, e soprattutto la voglia e la capacità di tenerlo sempre aggiornato, con le novità e l’evoluzione del comparto generale, perché questo nostro mondo dell’editoria periodica è un mondo che si muove sempre più velocemente grazie anche alle innovazioni del settore e del momento, e grazie agli sviluppi tecnologici dell’era moderna”.
-Quali sono i contenuti fondamentali del suo manuale?
“Ovviamente siamo partiti dalla storia dell’editoria e del giornalismo, approfondendo le tappe e i momenti storici basilari che sono diventati poi la vera base portante del mondo dell’editoria periodica italiana, Perché è su queste basi storiche che il mondo dell’editoria periodica si è poi sviluppato diventano la realtà importante che è oggi”. Raccontiamo la storia delle prime Gazzette a stampa del ‘600, per arrivare poi al XX secolo, ai giorni nostri, analizzando e raccontando anche il profondo cambiamento avvenuto nella stampa italiana ad opera del fascismo”.
-Professore, immagino sia stato un lavoro molto articolato?
“Non solo articolato, mi creda, ma a tratti anche complicato. Ma tutto questo nostro mondo dell’editoria periodica è di difficile comprensione se non si conoscono almeno i Fondamenti del sistema editoriale, e quindi le definizioni, le leggi e gli stessi sistemi che regolano il settore, partendo comunque da una domanda fondamentale che è questa: “Cos’è un periodico”? Ecco, noi siamo partiti proprio da questo per raccontare in maniera completa la nostra struttura editoriale periodica italiana, perché serviva necessariamente partire dalla prima definizione contenuta nella Legge n. 47/1948, passando poi per quella relativa al “quotidiano online”, legge numero 198/2016, e per tutte le specificità delle testate online che le rendono tali”.
-Un Manuale dunque specificatamente tecnico allora?
“Non sono io la persona ideale per parlare bene del mio manuale. Posso dirle però che il nostro Manuale ha un lungo paragrafo sulla libertà di stampa, sul suo sviluppo nei secoli in Italia e nel mondo, e lo abbiamo fortemente voluto proprio con l’obbiettivo di poter avvicinare meglio i nostri lettori, e nel caso specifico gli studenti della Sapienza in particolare, a un primo approccio “morbido” a questo argomento che è meno semplici di quanto apparentemente potrebbe sembrare”.
-Questo significa che lei affronta anche il tema della Organizzazione dello Stato?
“Non si poteva prescindere da questo. Le strutture ordinamentali che assicurano la tenuta del settore sono raccontate in maniera completa nel terzo capitolo del libro, dove abbiamo dedicato una particolare attenzione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, perché è in seno alla Presidenza di Palazzo Chigi che opera e si muove il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria (DIE) e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM). Due pilastri della nostra storia e della libertà della nostra stampa”.
-Ma come funziona oggi un’azienda editoriale al suo interno?
“Vede, il giornale è oggi più che mai, e forse anche più di prima, il risultato finale di una catena complessa e molteplice di responsabilità. Ma anche di un’individualità collettiva, pensi al ruolo e al lavoro di una redazione giornalistica. E questo ci ha convinti che serviva raccontare nei minimi dettagli quel grande puzzle che è oggi un sistema editoriale, chiarendo per bene quali sono le figure tipiche di questo tipo di azienda, cosa fa l’editore, quale è il ruolo di una Direttore responsabile, ma senza mai ignorare i vari Contratti che hanno regolato nel tempo, e che regolano tuttora, i rapporti di lavoro giornalistico e la organizzazione generale di tutte quelle figure apparentemente secondarie che rappresentando il nostro sistema editoriale moderno”.
-Eppure oggi il web la fa da padrona Professore, e molte cose sono cambiate all’interno delle redazioni tradizionali, non crede?
“Questo è il grande tema di oggi. Una volta capito come il giornale cartaceo nasce, e si sviluppa, e come diventa un prodotto editoriale, e come viene distribuito sul territorio, occorre anche però comprendere quali sono oggi le differenze fondamentali tra un giornale cartaceo e un giornale online. Partendo da questa considerazione obbligata abbiamo allora fatto di tutto perché il nostro Manuale spiegasse con grande chiarezza come questo nuovo prodotto, quindi un giornale on line, sia nato, come si sia poi imposto sul mercato e, soprattutto, quali siano oggi le tante modalità di fruizione dello stesso. Ma anche, attenzione, come queste modalità siano cambiate, e lo stiano ancora facendo, nel panorama informativo nazionale e mondiale. Abbiamo dedicato a questo tema un intero capitolo, il Capitolo 7 del nostro saggio, e in cui si racconta tutto questo analizzando anche come poter sfruttare al meglio internet e i sistemi che offre internet per una maggiore diffusione del prodotto online”.
-Possiamo dire, una sorta di “Istruzioni per l’uso” insomma?
Non solo questo. Non ha senso spiegare le tecniche moderne senza non aver prima raccontato la vera storia del nostro sistema editoriale e della stampa nazionale”.
-Vedo che nel suo Manuale si parla anche di profitti economici?
Perché si meraviglia? La vita di un giornale è fatta anche di copie vendute e di fatturati ufficiali, di spese e di investimenti, di processi finanziari che solo alla luce del sole. Una volta che i nostri studenti hanno compreso il funzionamento e la struttura del settore editoriale, è necessario che ognuno di loro capisca anche con quali risorse il giornale va avanti e come arriva nelle edicole, o sui sistemi digitali più moderni.
-Qual è la mediazione che avete scelto di seguire in questo lavoro?
“Il Capitolo 5 del nostro lavoro parte dall’analisi della vendita e della pubblicità come i due principali strumenti di provento per gli editori, affrontando poi una panoramica sull’attuale situazione del settore dal punto di vista dei ricavi e della parte più strettamente economica. Qui, le confesso anche, si sono resi necessari studi e report e raffronti sempre più aggiornati, su quello che è il settore soprattutto nell’ultimo decennio, non tralasciando o sottovalutando mai naturalmente il complesso sistema dei Contributi pubblici all’editoria. Che oggi, le ricordo, gode di contributi indiretti, di contributi diretti, di misure di sostegno importanti e diversificate, e di interventi all’editoria che sono molto specifici e settoriali, e che vengono direttamente seguiti e gestiti dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
-Come affrontate invece il discorso, non semplice, della distribuzione dei giornali cartacei?
“Con estrema severità devo dirle. Siamo partiti da una domanda di fondo che era questa, “I giornali cartacei come arrivano oggi tra le mani dei propri lettori? Come ci sono arrivati in tutti questi anni? Ecco, il Capitolo 6 del nostro Manuale spiega proprio questo agli studenti alle prime armi, e che si approcciano a questi temi per la prima volta in vita loro. Ma questo vale anche per tutti gli addetti al settore che già conoscono questi temi e che hanno voglia di approfondirli. Per noi che ci siamo già passati sembra tutto scontato o inutile da riscrivere, e invece non è così, per i giovani studenti che hanno voglia di capire meglio come si muove il nostro sistema editoriale, gli va spiegato per bene e fino in fondo, e non solo il funzionamento della distribuzione, dall’editore allo stampatore, o dal distributore nazionale alle edicole, passando per i distributori locali, ma analizzando anche lo stato generale del settore italiano delle rivendite esclusive. Immagini qual è stato lo sforzo editoriale per assicurare ai nostri studenti questo processo di narrazione perfettamente aderente alla realtà e ai giorni nostri. Le dirò di più. Non poteva mancare in un Manuale di questo genere un breve accenno al sistema fiscale agevolato del comparto editoriale, così come ci è sembrato fondamentale dedicare grande attenzione anche al Diritto all’oblio, tema sempre molto caldo e molto dibattuto nel panorama informativo di questi anni. Soprattutto alla luce di questa invasione dell’editoria digitale”.
-Professore, Avvocato, Segretario, mi scusi ma non so più come chiamarla. Posso chiederle però come immagina che i suoi studenti valuteranno questo lavoro così complesso?
“Spero nel migliore dei modi. Il Manuale non solo approfondisce il passato dell’editoria italiana, ma fornisce anche le basi necessarie per comprendere meglio le sfide future del settore. E questo approccio è in linea con la mission di USPI, che è quella di supportare e proteggere le attività professionali legate al mondo editoriale giornalistico, offrendo strumenti aggiornati e pertinenti che rispondono finalmente alle esigenze attuali e future degli addetti ai lavori.
-Professore, uno studente o un giornalista interessato dove potrà trovare questo suo nuovo lavoro?
Il testo del Manuale è disponibile gratuitamente sul nostro sito dell’USPI. Basta cliccare “uspi.it”. Ci sembrava scontato ma anche rispettoso per i nostri studenti permettere loro un accesso facile a questa sorta di guida del giornalismo periodico italiano, e aperto anche a tutti coloro che desiderano arricchire la propria conoscenza e competenza nel campo dell’editoria giornalistica. Un Manuale, dunque, che non è in vendita e che tutti potranno andarsi a cercare e leggere se vorranno”.
-Complimenti allora, professore e soprattutto in bocca al lupo…
“Viva il lupo”. (Pino Nano)
Il Re del mondo
“La mia ultima sfida letteraria”
Già su Amazon, e pronto ormai ad uscire anche in libreria, “Il Re del mondo” è il nuovo ultimo libro di Francesco Saverio Vetere, forse un romanzo autobiografico – l’autore non lo dice chiaramente- ma dentro c’è per intero il senso della sua vita, della sua giovinezza, della sua esperienza di grande comunicatore e di testimone del suo tempo.
“Dentro questo libro-scrive l’autore- troverete il cammino di conoscenza in cui consiste la vita di ogni uomo. La filosofia, la religione, i misteri. La ricerca di Dio e il senso della vita. Il senso della storia, anche la più piccola narrata”.
La storia sembra quasi una favola d’altri tempi. “Nove ragazzi coetanei crescono insieme in un piccolo paese e vengono educati alla filosofia fin da piccoli da un giovane maestro. L’educazione al pensiero filosofico non consente loro di accettare senza critiche le convinzioni comuni del loro paese. Mettono dunque in discussione -sottolinea Francesco Saverio Vetere.
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