
Pierfranco Bruni
Si potrebbe scrivere dei vari legami che (don) Cosimo Damiano Fonseca, scomparso a 93 anni il 10 Marzo 2025, ha avuto con il mondo delle Università, da Rettore e di docente, con il mondo delle culture e dei beni culturali compreso i suoi studi sulla civiltà rupestre. Certo, un percorso anche innovativo. Ma c’è comunque un caposaldo nel suo mosaico di ricercatore ed è quello della lettura del Medioevo. Credo che questa lettura resterà fondamentale.
Direi il Medioevo e la politica. Gli studi su Federico II di Cosimo Damiano Fonseca hanno sempre avuto una lettura innovativa all’interno di un processo politico che porta sulla scena la rilettura complessiva di un Medioevo considerato in altri contesti come una temperie oscura e disordinatamente regressiva. Da qui è partito Fonseca per controbattere a una dialettica storica che aveva subito l’incidere della non scientificità. Ma non gli basta soltanto il dato scientifico. Va oltre controbilanciando il legame tra laicità e sacralità e superando le visioni pre risorgimentali in un cammino che ha visto protagonista il templarismo come risorsa vitale per comprendere anche lo storicismo.

Fonseca è completamente fuori dalla visione crociana e pare affrontare la questione medievale con l’arguzia di Gioacchino Volpe nel suo importante volume sul Medio Evo in Italia del 1933. Tra Fonseca e Volpe c’è un nome di grande prestigio che è Cinzio Violante il quale dopo le letture crociane si immerse nel mondo di Salvemini. Non crociano ma in parte salveminiano fu il percorso laico della ricerca di Fonseca. Si può ritenere laico il mondo di Fonseca. Certamente no. La lettura delle storie italiane e Germaniche non fu mai viziata da alcun abito talare. Piuttosto penetrò con acume i valori e gli ideali del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Il Medioevo assunse così quell’importanza politica che nasceva dalla riconsiderazione storica in cui il dato storico stesso entrava nella conoscenza degli aspetti non solo artistici e religiosi ma anche in quelli sociali e economici. L’identità di un contesto ha radici profonde che devono porre all’attenzione l’equilibrio delle comunità attraverso modelli culturali che riguardano appunto il mondo laico e quello religioso. Era questo uno dei dati fondamentali. Uomo di clero fino in fondo ma con la forza e la capacità di fare della chiesa anche l’oltre Concilio Vaticano II. Questo è un fatto che dovrebbe molto fare riflettere soprattutto in un tempo sempre più divisivo. Proprio partendo dalle radici dell’Occidente che, oltre il mondo Greco Latino, introduceva nel Medioevo rilevando la necessità della storia economica in una visione della autonomia politica.

Infatti nella Lezione inaugurale dell’Anno Accademico 2002-2003 alla Università degli studi di Bari ebbe a pronunciare: “…non si può non rilevare come la storia economica dall’antichità ai nostri giorni ci insegni con dovizia di esempi che libertà economica e autonomia politica sono strumenti e condizioni indispensabili per il progresso e la prosperità dell’uomo”. Entrava quindi in quella visione tra autonomia economia e politica. Un fatto che tutt’ora risulta di grande attualità. Aveva percepito ciò riconsiderando quella temperie a lui cara con uno spirito quasi profetico come per dire che i processi politici non si interrompono e presentano una loro lineare prosecuzione proprio nelle questioni ancora irrisolte.
La realtà federiciana è ancora sede di dibattito innervata in ciò che è stato anche il Settecento e il lavoro che la Chiesa ha sviluppato nel corso di questi decenni resta ciò che Fonseca disse in una Intervista sul “Corriere d’Italia”, 21 febbraio 2021, riferendosi sì a Federico ma in particolare a tutto un mondo in divenire: “…Federico non voleva prevalere sul papa. Anzi chiedeva l’avallo del pontefice per la legittimità della sua incoronazione…”. Mi sembra che la lettura politica ci sia tutta in una tale dimensione di interpretazioni storiche e dialettiche. Ciò è completamente visibile già nel 1968 quando Fonseca pubblica “Aspetti della politica Anglo-Franco-Pontificia tra il XII e il XIII secolo”. Anni difficili e politicamente divisivi anche allora che si protrarranno sino a tutto l’epoca post risorgimentale. Ed è qui che Fonseca fa emergere le contraddizioni della storia con la filosofia della storia segnate in un testo dialogo-conversazioni del 2002 edito da Sellerio. Emerge la vera scoperta di un nuovo modo di concepire la storia attraverso due aspetti: i fatti e le idee. Sembrerebbe una chiosa marxista.
Fonseca è dentro il cattolicesimo profondo tanto che parteciperà nel 1981 a un lavoro dedicato a Walter Tobagi dal titolo: “Mezzogiorno e informazione” in cui parte dalla sintesi geopolitica del Mediterraneo per approdare sempre al Medioevo come coscienza dialettica riprendendo la lezione di Gioacchino Volpe sulla espressione della autonomia della politica. In una fase è stato molto vicino al Meeting di Rimini, c’è quindi una “simpatia” politica anche se in fieri, tanto che nel 1993 vi partecipa presentando una Mostra sulle chiese rupestre di Matera. Un discorso tutto aperto quest’ultimo che si lega ai Mediterranei e da questi a un rapporto a tutto tondo tra Occidente e Oriente. Un andare oltre non disperdendo la tradizione.

Anche qui resta fondamentale il legame tra le varie epoche delle civiltà partendo dalla archeologia sino a superare la stessa stagione medioevale come contesto storico. Il dato politico sta nel fatto di aver saputo leggere le epoche come continuità e mai come parentesi. Un fatto che si contrstializza non come storicismo bensì come funzione storica dentro una profonda cultura dell’umanesimo. Appunto una lezione che parte da Gioacchino Volpe.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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