Bruxelles,21 luglio 2020 – Sorge l’alba del quinto giorno sul vertice europeo più lungo degli ultimi tempi se non di tutti i tempi, quando un cinguettio telematico rompe il silenzio: “Deal!” cinguetta su Twitter Charles Michel, il Presidente del Consiglio Europeo. Accordo raggiunto, divergenze spianate, un futuro luminoso e green sembra stendersi davanti all’Unione Europea.
Il vertice straordinario
Lo scorso venerdì 17, in barba a ogni pregiudizio scaramantico, i leader di tutti i paesi dell’Unione si sono incontrati a Bruxelles in presenza della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen e del Presidente del Consiglio, Charles Michel.
? obiettivo era quello di trovare un accordo condiviso di risanamento per far fronte alle conseguenze della pandemia e approvare il bilancio 2021-2027.
Giornate frenetiche, oltre 90 ore di negoziati, dove non sono mancate certo le tensioni fra i vari rappresentanti, ma che alla fine si sono concluse con un accordo che sembra accontentare tutti.
Le dinamiche tra nord e sud
Due gli schieramenti in campo, da un lato quelli che da quattro giorni a questa parte tutti conosciamo come i paesi frugali: Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia; dall’altro i paesi del Sud, quelli più colpiti dalla pandemia, Italia in prima linea. Nel mezzo un asse franco-tedesco a fare da ago della bilancia, sostenuto dalla von der Leyen e da Michel.
I paesi frugali puntavano a ottenere (e hanno ottenuto) uno sconto sulla contribuzione al bilancio Ue, sconto di cui tra l’altro già beneficiavano e che è stato dunque incrementato. Allo stesso tempo non volevano che il recovery plan fosse eccessivamente a favore dei contributi a fondo perduto e hanno provato a puntare sulle decisioni da prendere all’unanimità (ovvero il veto anche di un solo Stato membro sarebbe bastato a bloccare ogni tipo di accordo). Ma su questo l’hanno spuntata invece gli stati del Sud, ogni possibilità di veto è stata eliminata e sull’Europa cade una pioggia di miliardi, fra aiuti e prestiti, come non si erano mai visti.
Ma attenzione, sebbene la somma complessiva proposta dall’Unione Europea sia rimasta invariata, ovvero di 750 miliardi, per convincere i paesi frugali è stato necessario invertire il rapporto tra prestiti e contributi, a discapito di questi ultimi. Abbiamo quindi un totale di 390 miliardi di trasferimenti a fondo perduto (rispetto a una cifra iniziale di 500) e 360 miliardi in prestiti (rispetto ai 250 iniziali).
Hanno vinto i paesi frugali quindi? Non esattamente se pensiamo che siamo davanti a una svolta storica per l’Europa ovvero la possibilità per la Commissione di poter emettere debito comune garantito dal bilancio Ue. Per dirla in altre parole tutti i paesi si fanno carico del debito, con buona pace dunque della riottosità nordica. Determinante in questo caso è stato il cambio di rotta della Germania, fino a poco tempo fa restia a questo tipo di soluzione.
Cosa c’è per l’Italia
? Italia porta a casa circa 209 miliardi (128 miliardi in prestiti e 81 in sovvenzioni) ovvero quasi il 28% del totale. A partire da ottobre bisognerà presentare alla Commissione Europea un piano nazionale che spiegherà nel dettaglio come intendiamo usare questi soldi. Dopodiché la Commissione avrà due mesi di tempo per decidere a maggioranza qualificata il parere da dare al piano e che trasmetterà al Consiglio Europeo il quale avrà poi la parola finale sull’approvazione o meno del suddetto piano.
Saranno stabiliti obiettivi concreti e misurabili, il tutto sotto la supervisione del Comitato Economico e Finanziario, ovvero l’insieme dei Ministri delle Finanze dei Paesi Ue.
Il piano dovrà tenere presente le Raccomandazioni Ue specifiche per il nostro paese e più in generale gli obiettivi di resilienza economica e sociale, crescita e creazione di posti di lavoro. Cosa ancor più importante il piano dovrà essere improntato a una transizione green e digitale dell’economia.
Dunque se vogliamo usare i fondi e i prestiti messi a disposizione dal recovery fund non possiamo più tirarci indietro davanti alla riforma della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, delle pensioni. Ma anche integrazione, trasparenza, sanità, controllo dei conti pubblici. Tutte cose che l’Europa ci chiede da tempo e che il premier Giuseppe Conte sembra intenzionato a fare, almeno da quanto dichiarato in conferenza stampa.
Conclusioni
Leggendo il documento di conclusioni redatto dal Consiglio Europeo non nego che apprezzo molto il termine “resilienza”. Sono conclusioni che puntano il faro sul clima e sulle azioni da implementare per essere “in linea” con l’ambiente. Dove, oltre a parlare di mercato e sicurezza, c’è spazio anche per sottolineare quanto siano importanti, soprattutto in questo momento storico, la coesione e i valori condivisi. Insomma le ottime premesse ci sono, la solennità storica anche, l’odore di cambiamento pure, adesso aspettiamo i fatti.