Un bilancio sulla COP26, tra consapevolezza e speranza

La voce delle associazioni

Un coro quasi unanime quello che vede nella COP26 una frustrazione sulle grandi attese per il clima e le misure a contrasto del rialzo della temperatura globale. Gli impegni dei vari paesi riuniti al summit in Scozia secondo le stime più ottimistiche consentono un +1,8 gradi e secondo le più severe, come quelle del Climate Action Tracker, un +2,4 gradi (sempre se gli impegni verranno davvero mantenuti. Alla COP21 di Parigi, della quale la COP26 puntava a “scrivere le regole”, nel 2015 si decise di rimanere “entro +2 gradi puntando a +1,5 gradi”.

Non si è raggiunta l’intesa sullo stop al carbone: infatti, quando l’accordo è stato messo al voto alla plenaria, per il necessario ok unanime dei 197 paesi riuniti, c’è stato il ‘colpaccio’ dell’India che con all’ultimo minuto ha ottenuto, a tempo scaduto di cambiare il testo da “coal phase out”, cioè abbandono, a “coal phase down”, cioè riduzione.

Le associazioni ambientaliste hanno fatto sentire la loro voce. La bozza dell’accordo segnala il WWF include “una serie di meccanismi proposti per aumentare le ambizioni, Tra questi ci sono: la richiesta rivolta ai Paesi di rivedere e migliorare i propri obiettivi per il 2030, una prima menzione sull’importanza di eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili e un riferimento al ruolo fondamentale delle soluzioni basate sulla natura per l’adattamento e la mitigazione del clima”.

E’ proprio il nodo dei combustibili fossili a rappresentare il punto cruciale di delusione e rammarico. Netto il giudizio di Legambiente, attraverso le parole di Stefano Ciafani, presidente nazionale che ha dichiarato: “Tra i punti dolenti c’è la questione cruciale dell’abbandono dei combustibili fossili affrontata in maniera inadeguata, anche se la loro strada è ormai segnata”, “accordo inadeguato” è il bollinero nero messo dall’associazione.

La voce delle Istituzioni è stata più cauta, mirando a valorizzare la ‘svolota’ comunque impressa al meeting e ai target tra i Paesi. Tra gli altri, il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, a SkyTg24, ha detto che “isogna essere pragmatici da una parte e spietati dall’altra: è la prima volta che entra pesantemente in gioco il tema della riduzione del carbone, allo stesso tempo non si può ignorare il fatto che l’India sia un’economia fossile che ricava il 70 per cento dell’elettricità dal carbone con 193 centrali esistenti e altre 55 da aprire”.

Netta la pagella di GreenPeace con le parole della direttrice esecutiva Jennifer Morgan, che ha parlato di “un accordo debole che manca di coraggio”.

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