Roma, 19 giugno 2022 – È di nuovo emergenza. Stavolta il grande nemico è la siccità che imperversa nel Nord Italia. Se è possibile un paragone, l’estate 2022 sarà come quella del 2003. Chi se la ricorda ha ancora vivide le immagini di asfalti fumanti e caldo, caldo ovunque, caldo senza possibilità di scampo. Sono impietose le immagini del Po in secca scattate in questi giorni. A Firenze i cittadini cercano di salvare con il retino i pesci intrappolati nelle poche pozze che restano qua e la sul letto del fiume. Da Scandicci a Bologna si moltiplicano i Comuni che vietano l’uso dell’acqua per consumo non alimentari e in queste ore le autobotti raggiungono alcuni centri abitati del Piemonte senza più rifornimenti di acqua potabile. Sono rimedi non nuovi, ed anche frequenti, a cui però si ricorre in estate inoltrata non certo a giugno.
Coldiretti non usa mezze misure: serve lo stato di emergenza. Adesso.
“A fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, chiediamo che venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati, tenuto conto del grave pregiudizio degli interessi nazionali”, scrive Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti, nella lettera inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi.
Una crisi che, secondo Prandini, può essere affrontata solo mettendo in rete tutti i soggetti coinvolti e tutti quelli che possono dare una mano: la Protezione civile, le Regioni, le Autorità di bacino e Consorzi di bonifica.
Lo scenario 2022
Secondo i dati elaborati da Coldiretti sui dati Isac Cnr, l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, in Italia la primavera è stata segnata da un aprile freddo e da un maggio bollente durante il quale la colonnina di mercurio è stata in media superiore di 1,83 gradi.
Preoccupante poi la constatazione che ad un inizio inverno decisamente temperato, si è poi aggiunta una primavera siccitosa durante la quale le precipitazioni sono diminuite del 44 per cento nel periodo gennaio-maggio 2022.
I cambiamenti climatici sconvolgono i cicli colturali
Sono gli effetti dei cambiamenti climatici in Italia dove l’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai la norma. La tendenza al surriscaldamento è infatti accompagnata da una più elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa.
La proposta di Coldiretti: gli invasi idrici
In un contesto in cui i periodi di siccità saranno sempre più frequenti al punto di divenire la nuova normalità “appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo – continua Prandini– . Raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno. Si tratta di emergenze sempre più ricorrenti con un costo negli ultimi 10 anni che supera i 10 miliardi di euro”.
Scarsità dell’acqua
Ma siamo davvero consapevoli della scarsità di acqua che attanaglia l’Italia? Lo siamo sicuramente in estate ma poi tendiamo a dimenticarlo. Per questo Coldiretti in occasione della Giornata Mondiale contro la desertificazione celebrata lo scorso 17 giugno, ha pubblicato la prima la mappa della sete in Italia.
La mancanza di precipitazioni, si legge nel rapporto “ha portato a cambiare anche le scelte di coltivazione con un calo stimato di diecimila ettari delle semine di riso. A preoccupare è la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come il grano che fa segnare quest’anno un calo del 15% delle rese alla raccolta ma in difficoltà ci sono girasole, mais, e gli altri cereali ma anche quella dei foraggi per l’alimentazione degli animali e di ortaggi e frutta che hanno bisogno di acqua per crescere”
Le conseguenze? Con il picco del caldo da bollino arancione in molte città e la carenza idrica, rischia di aumentare la dipendenza dall’estero da dove arriva il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 47% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 44% del grano duro per la pasta e il 27% dell’orzo, secondo la Coldiretti.
Ma non solo. Alla diminuzione dei livelli dei fiumi, corrisponde l’avanzata dell’acqua salata che risale il fiume dalle foci, come nel caso del Po. Questa miscela a prevalenza salina finisce nelle irrigazioni e si sa, buttare sale sul terreno coltivabile non è mai una buona idea.
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