Il 5 novembre scorso la città mineraria di Mariana nello stato del Minas Gerais in Brasile è stata colpita da una disastrosa tragedia ambientale. Gli argini di due dighe trasportanti liquidi di scarto industriale altamente tossici hanno ceduto, riversando nel Rio Doce 60 milioni di metri cubi di sostanze inquinanti e devastando il villaggio di Bento Rodrigues. Il bilancio provvisorio è di almeno 13 morti, 11 dispersi e centinaia di sfollati.
La società responsabile di tale incalcolabile disastro è la Samarco Mineracao Sa, la quale è controllata dalla anglo-australiana Bhp Billiton e dalla brasiliana Vale che potrebbero essere condannate a pagare un risarcimento di 5,3 miliardi di dollari.
I fanghi tossici, contenenti piombo, arsenico, cromo e altri metalli pesanti hanno ora raggiunto l’Oceano Atlantico causando una moria di pesci, l’aria irrespirabile a causa della putrefazione della fauna ittica, acqua non potabile, centinaia di ettari di foreste sono stati ricoperti da una coltre di fango, decine di pescatori, agricoltori e allevatori hanno perso il lavoro e la popolazione corre il rischio di ammalarsi di cancro e malattie neurologiche.
Sia le aziende coinvolte che il Governo sono responsabili di aver violato i diritti umani per non essere intervenute immediatamente per arginare il disastro. Non hanno saputo gestire una situazione di emergenza e per ripristinare l’ecosistema del fiume Doce occorreranno almeno 10 anni.
A distanza di qualche settimana dalla frana è intervenuto anche L’Onu dichiarando che il fango rilasciato dopo la rottura della diga è tossico. Ma la Samarco, sostiene invece, il contrario. L’azienda ha dichiarato che i test prima e dopo la frana dimostrano che il fango rilasciato, in gran parte composto da acqua, ossido di ferro e silicio, non comporta pericolo per la salute umana. La moria di animali sarebbe, invece, “dovuta al soffocamento causato dal grande volume di sedimento sottile, non da veleni”.
Di recente la dichiarazione di Paul Rosman, esperto di ingegneria costiera e autore di uno studio commissionato dal Ministero dell’Ambiente per valutare l’impatto e la portata dell’arrivo del fango al mare, che afferma, “Il Rio Doce entro cinque mesi tornerà a rivivere, ci sarà la stagione delle piogge e il fango verrà diluito, come nell’Oceano”
L'ecosistema della zona colpita è completamente stravolto e ancora non è chiaro quando, come, ma soprattutto se la situazione potrà tornare alla normalità.
Secondo gli attivisti di Greenpeace-Brasile, “Ci vorranno cento anni perché la vita torni nel fiume”.