Udienza di Papa Francesco per il Giubileo dell’industria

"Al centro di ogni impresa vi sia l'uomo, con i suoi sogni, con le sue necessità, le sue speranze e le sue fatiche"

Immagine: L’udienza agli imprenditori nella Sala Paolo VI

 

Storica udienza quella concessa dal Papa, sabato 27 febbraio nell’aula Paolo VI, a settemila imprenditori per il «Giubileo dell’industria». Si tratta della prima volta in 106 anni di vita della Confindustria. L’incontro è stato aperto dall’intervento del presidente dell’organiamo imprenditoriale Giorgio Squinzi:"Non abbiamo una risposta immediata ai grandi quesiti planetari, ma disponiamo di un bene prezioso: l'impegno nostro e delle nostre imprese. La fede in una società incerta – ha affermato Squinzi – è un elemento di straordinaria importanza e vitalità", "come l'impresa è componente centrale di una società capace di solidarietà di sostanza". 

 

Rivolgendosi a sua volta agli imprenditori, Papa Francesco ha ribadito che il mercato non è un «assoluto» ed ha chiesto di non dimenticare le «categorie più deboli e marginalizzate», come famiglie e giovani disoccupati, ed ha invitato a rifiutare «le scorciatoie delle raccomandazioni e dei favoritismi. Tutte queste forze, insieme, possono fare la differenza per un’impresa che metta al centro la persona, la qualità delle sue relazioni, la verità del suo impegno a costruire un mondo più giusto, un mondo davvero di tutti», ha proseguito Bergoglio. L’attenzione alla persona concreta «comporta una serie di scelte importanti: significa dare a ciascuno il suo, strappando madri e padri di famiglia dall’angoscia di non poter dare un futuro e nemmeno un presente ai propri figli; significa saper dirigere, ma anche saper ascoltare, condividendo con umiltà e fiducia progetti e idee; significa fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità crei altra responsabilità, la speranza crei altra speranza, soprattutto per le giovani generazioni, che oggi ne hanno più che mai bisogno».

 

Papa Francesco ha poi aggiunto: «Dinanzi a tante barriere di ingiustizia, di solitudine, di sfiducia e di sospetto che vengono ancora erette ai nostri giorni, il mondo del lavoro, di cui voi siete attori di primo piano, è chiamato a fare passi coraggiosi perché “trovarsi e fare insieme” non sia solo uno slogan, ma un programma per il presente e il futuro», ha detto ancora il Papa. «Siete chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo “umanesimo del lavoro”. Siete chiamati a tutelare la professionalità, e al tempo stesso a prestare attenzione alle condizioni in cui il lavoro si attua, perché non abbiano a verificarsi incidenti e situazioni di disagio. La vostra via maestra sia sempre la giustizia, che rifiuta le scorciatoie delle raccomandazioni e dei favoritismi, e le deviazioni pericolose della disonestà e dei facili compromessi», ha detto Francesco suscitando nuovi applausi. «La legge suprema sia in tutto l’attenzione alla dignità dell’altro, valore assoluto e indisponibile. Sia questo orizzonte di altruismo a contraddistinguere il vostro impegno: esso vi porterà a rifiutare categoricamente che la dignità della persona venga calpestata in nome di esigenze produttive, che mascherano miopie individualistiche, tristi egoismi e sete di guadagno».

 

Il bene comune, ha concluso il Papa, «sia la bussola che orienta l’attività produttiva, perché cresca un’economia di tutti e per tutti, che non sia “insensibile allo sguardo dei bisognosi”. Essa è davvero possibile, a patto che la semplice proclamazione della libertà economica non prevalga sulla concreta libertà dell’uomo e sui suoi diritti, che il mercato non sia un assoluto, ma onori le esigenze della giustizia e, in ultima analisi, della dignità della persona. Perché non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza il rispetto della dignità di ciascuno».

 

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