Messina – L'accoglienza a Piazza Duomo è stata originale e bene augurante con lo striscione issato dai giovani della Parrocchia di S. Domenico "Con Accolla Messina Decolla". Il pomeriggio è stato bagnato dalla neve purificatrice caduta sui Peloritani e portata in città dal vento gelido, che ha salutato l'arrivo a Messina di S. E. Mons. Giovanni Accolla, Arcivescovo di Messina Lipari S. Lucia del Mela.
Mons. Accolla ha partecipato alla conferenza stampa dedicata ai media, a loro si è presentato con accanto don Giuseppe Lonia responsabile dell'Ufficio Comunicazioni sociali dell'Arcidiocesi.
Con la stampa è rimasto circa un'ora, dopo il saluto ha iniziato a rispondere alle domande dei colleghi, il suo primo messaggio è stato quello "del dialogo e dell'ascolto" quindi di apertura verso chi soffre, apprezzato dai presenti il ricordo del clochard morto di stenti in una Messina distratta, che si è fatta trovare colpevolmente impreparata in un weekend da freddo artico abbondantemente annunciato da tutti i media locali e nazionali.
Mons. Accolla non ha fatto proclami ma ha dichiarato: "Sono qui per cercare assieme a tutti voi di risolvere i problemi reali della nostra comunità cominciando dalle piccole cose. In questi giorni che hanno preceduto l'insediamento ho sentito l'obbligo di incontrare i miei predecessori: Giovanni Marra, Calogero La Piana e i due amministratori apostolici, Antonino Raspanti e Benigno Papa, da loro ho ricevuto il giusto incoraggiamento per iniziare il mio servizio".
Mons. Accolla dopo le interviste finali ha trovato anche il tempo di concedersi un selfie, con la delegazione della stampa cattolica Ucsi Sicilia ed ha dichiarato sorridendo "questo è il mio primo selfie da Arcivescovo di Messina".
Il freddo polare ha fatto accorciare il programma e annullato il breve corteo che da Piazza Unione Europea doveva sfilare fino a Piazza Duomo, quindi l'incontro con il Sindaco Accorinti è avvenuto alle 16.30 sul sagrato della Cattedrale, all'ingresso in Duomo mons. Accolla è stato accolto dal Capitolo dei Canonici della Cattedrale con il Crocifisso che ha baciato in segno di riverenza.
Il saluto alla città di S. Ecc. Mons. Giovanni Accolla
Carissimi fratelli e sorelle,
cari amici tutti.
Rivolgo il mio ringraziamento per la presenza e per le parole che mi sono state rivolte al Sig. Sindaco Prof. Renato Accorinti e a tutte le gentili autorità civili e militari.
Nel rispetto delle diverse competenze e dei diversi ruoli, sono sicuro che il nostro comune intento è di servire la gente, a cominciare dai più poveri, dai più disagiati.
Sentiamo questo tempo come un tempo che ci stimola fortemente ad essere all’altezza di grandi sfide: tra queste, sento urgente la sfida di una cultura della dignità della persona.
Ancora una volta, la gente e la Chiesa di Messina – Lipari – S. Lucia del Mela si dimostrano accoglienti e vivaci, come ho potuto subito constatare in questi giorni dai vostri gesti di apprezzamento e di affetto.
Ogni volta che diciamo “grazie” lo facciamo sapendo che è Dio Padre a farci sentire la sua paternità, non facendoci mancare i suoi doni di vita. È a lui, insieme a voi tutti, che desidero elevare la mia preghiera di ringraziamento e di lode.
Insieme con voi, vorrei rivolgere poi il mio pensiero filiale e riconoscente al Santo Padre, Papa Francesco: con uno sguardo di speciale benevolenza, mi ha ritenuto degno di questo servizio pastorale, che oggi ufficialmente avvio, con cuore sereno e gioioso, nella santa Chiesa.
Il mio grazie sentito e fraterno va a S. Ecc. Mons. Antonino Raspanti e a S. Ecc. Mons. Benigno Papa, che nella loro veste di Amministratori Apostolici, hanno guidato questa Chiesa nell’ultimo tratto di strada.
Ringrazio Mons. Papa anche per le parole che mi ha riservato nella sua ultima Lettera alla città, parlando di me come di «un uomo, un prete che viene dalla comunità cristiana di Siracusa per vivere sempre nella comunità cristiana di Messina a servizio della Chiesa e di tutta la comunità degli uomini. C’è una Chiesa che dona, Siracusa, e una Chiesa che accoglie il dono con gratitudine, Messina».
Con lo stesso spirito di comunione, desidero ringraziare anche S. Ecc. Mons. Giovanni Marra e S. Ecc. Mons. Calogero La Piana, miei predecessori, che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza attraverso i saggi consigli di cui farò tesoro.
Vengo a voi come un Pastore che desidera stare tra le sue pecorelle, custodire quanti stanno nel recinto della Chiesa, raggiungere le lontane per ricondurle a casa portandole sulle spalle, e accompagnarle tutte verso i pascoli migliori: i pascoli del Vangelo, della vita nuova. E poiché so che il cammino può essere faticoso e impegnativo, mi sono portato nella bisaccia tre cibi spirituali. Per non dimenticarmene, li ho scelti per il mio stemma episcopale e, in questo momento, mi piace raccontarveli perché mi aiutiate a farne sempre memoria.
Il primo segno, ovvero il primo sostegno spirituale per me e per tutta la nostra Chiesa, è la croce di Cristo. Sembra un paradosso che la croce, uno strumento di morte, possa costituire un qualcosa che dà vita, un appoggio nelle difficoltà, una speranza di futuro. In realtà, il Crocifisso si comprende alla luce delle parole stesse di Gesù: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Da vescovo porto al collo la croce di Cristo: è vuota, perché ho fede che chi muore con Gesù, con lui anche risorgerà (cfr. Rm 6,8). Lo testimonia l’alfa e l’omega, che accompagnano la croce e che richiamano la storia dell’umanità dall’inizio alla fine: non siamo noi i padroni della storia, ma Dio Padre. A noi spetta il compito di vivere come suoi figli, compagni di viaggio di Gesù per le strade del mondo, nello Spirito che dà la vita.
Il secondo segno, che sento come un altro indispensabile cibo spirituale, è la barca: questa è simbolo della Chiesa. Una Chiesa che prende il largo senza paura: la barca non è fatta per restare ormeggiata. Lo sanno meglio di tutti quelli di noi che vivono nelle Isole Eolie: sanno che l’impeto del mare a volte è spaventoso. Eppure sanno che un buon nocchiero sa domare persino i cavalloni più alti. Così è nel Vangelo. Solo Gesù può dire al mare in tempesta: «Taci, calmati» (Mc 4,37). E solo lui può dirci con altrettanta decisione, ma anche con affetto: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40). Mi porto nella bisaccia questa immagine di Chiesa: una barca che ha preso il largo e che quindi a volte può essere soggetta ai marosi. Ma questa barca ospita Gesù, il Timoniere della storia. E noi siamo tutti su quella stessa barca, chiamati a fidarci di lui e a remare insieme nella stessa direzione per attraversare il mare e raggiungere il porto sospirato. Il Vangelo non dice quanti fossero i discepoli sulla barca: ho pensato che questo silenzio voglia indicare che nella Chiesa c’è spazio davvero per tutti. La Chiesa è maestra di accoglienza dell’altro più lontano e madre che educa principalmente i suoi figli a vivere da fratelli. Il nostro impegno primario come presbiterio è rivolto a saper collaborare, per il bene gli uni degli altri: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Per questo mi piacerebbe che la barca della Chiesa di Messina – Lipari – S. Lucia del Mela portasse sulla sua prua dipinta questa frase di San Paolo: «Gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10). Sarebbe questo il modo concreto per vivere il Vangelo nella Chiesa e per farci conoscere da un mondo sempre più bisognoso di amore.
Il terzo segno – se posso dire così – che mi porto nella bisaccia di vescovo è Maria, la Madre di Gesù. Soprattutto la mia vita sacerdotale è segnata dalla compagnia materna della Vergine Santissima: dalla prima educazione cristiana a casa, alla formazione teologica e spirituale in Seminario, alla mia ordinazione sacerdotale fino a quella episcopale nel Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, dove ho anche svolto parte del mio ministero presbiterale. Oggi mi sento nuovamente abbracciato da una Madre, a cui qui a Messina potrò rivolgermi con il titolo venerabile di “Madonna della Lettera”. Mi piace immaginare che, nel tempo che il Signore mi concederà, io sappia scrivere insieme con tutti voi una lettera di ringraziamento a Maria. Direi di più, vorrei che voi stessi foste la mia lettera, come ebbe a dire san Paolo rivolgendosi ai cristiani di Corinto: «Voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2Cor 3,3).
Oh Vergine Maria, Madonna della Lettera, prega per noi.