“Buongiorno…o buonasera! Perché quando si è nello spazio non si sa mai bene cosa dire! Caro dottor Nespoli, cari astronauti, penso che lì nella Stazione Spaziale le giornate scorrano in modo diverso, vero?”. Così Papa Francesco, in una inedita veste di intervistatore, a Paolo Nespoli e al resto dell’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale (Iss), durante il collegamento che per un pomeriggio ha visto lui fare le domande.
Oggi, a distanza di quasi cinquant’anni da quella straordinaria notte del 20 luglio 1969 in cui Paolo VI seguì la lunga diretta Rai dello sbarco sulla Luna, è per noi quasi normale sapere l’uomo nello spazio, vederlo in missione ed avere immagini della Terra e dell’universo. Meno normale però resta vedere il Papa in persona collegarsi con gli astronauti in missione, in quel delle loro “navicelle spaziali”. È infatti solo il secondo Pontefice a farlo, dopo Benedetto XVI nel 2011. L’equipaggio della missione attualmente in orbita – si tratta della “Expedition 53” – è composto da sei astronauti: tre statunitensi, due russi e l’italiano, Paolo Nespoli, al quale Francesco, proprio dall’Aula Paolo VI in Vaticano, ha subito chiesto, senza tanti fronzoli: “l’astronomia ci fa contemplare gli orizzonti sconfinati dell’universo e suscita in noi le domande ‘da dove veniamo?’, ‘dove andiamo?’. Dottore, alla luce delle sue esperienze nello spazio, qual è il suo pensiero sul posto dell’uomo nell’universo?”.
“È una domanda complessa – ha risposto sorridendo Nespoli, che era presente anche quella “prima volta” con Benedetto XVI – io mi sento una persona tecnica, un ingegnere, mi sento a mio agio tra le macchine, tra gli esperimenti , ma quando si parla di queste cose rimango anch’io perplesso”. “È un discorso delicato, l’obiettivo qua penso che sia quello di conoscere il nostro essere, per riempire la conoscenza, capire quello che ci sta intorno”, ha continuato Nespoli, prima di lasciarsi andare ad una riflessione di socratica memoria: “trovo poi interessante vedere come più conosciamo e più ci rendiamo conto che non sappiamo niente…perciò mi piacerebbe tanto che non solo ingegneri, non solo fisici, ma anche persone come Lei, teologi, filosofi, poeti, scrittori, possano un giorno venire qui nello spazio. Ma tanto questo sarà sicuramente il futuro, mi piacerebbe che venissero qua per esplorare che cosa vuol dire avere un essere umano nello spazio”.
“È vero quello che lei dice – ha ripreso Francesco – proprio in questa sala, come vedete alle mie spalle, si trova un arazzo artistico ispirato al celebre verso con cui Dante conclude la Divina Commedia: ‘l’amor che move il sole e l’altre stelle’. Mi chiedo che senso abbia per voi chiamare ‘amore’ la forza che muove l’universo?”. A questo punto Nespoli ha reso il Papa protagonista di un simpatico siparietto, perché ha voluto passare la parola al collega russo, Aleksandr Misurkin, il quale ha ovviamente risposto in russo; dopodiché Nespoli ha chiesto al Papa se avesse lì vicino un traduttore istantaneo o fosse “meglio sintetizzare velocemente”. “Meglio sintetizzare velocemente”, è stata la risposta del Papa. “Va bene – ha risposto sorridendo l’astronauta italiano – in pratica il mio collega fa riferimento ad un libro che sta leggendo in questi giorni, ‘il Piccolo Principe’, che narra la storia di un ragazzo che darebbe volentieri la sua vita per salvare gli animali e le piante sulla Terra, e per questo il mio collega sostanzialmente dice che l’amore è quella forza che ti dà la capacità di dare la tua vita per qualcun altro”.
“Mi piace questa risposta, è vero, senza amore non è possibile dare la propria vita per qualcun altro. È bello questo, grazie – ha proseguito Francesco – ora però ho un’altra curiosità, dicono che solo le donne siano curiose, e invece lo siamo anche noi uomini! Vi volevo chiedere cosa vi ha motivato a diventare astronauti e cosa vi dà maggiormente gioia nel tempo che passate nella stazione spaziale”. Al che ha risposto un altro astronauta dell’equipaggio, sempre russo, il quale – come ha riportato Nespoli – ha detto che suo nonno è stato uno dei pionieri dello spazio, ha lavorato al satellite Sputnik, il primo satellite volato sulla Terra, lui perciò ha preso ispirazione da suo nonno e ha voluto seguire le sue tracce perché secondo lui lo spazio è interessante e bello, ma anche molto importante per noi, come esseri umani”. “Quello che io vedo da qua – ha detto un altro collega – è una prospettiva incredibile: abbiamo la possibilità di vedere la Terra un po’ come la vede Dio, e di vedere la bellezza straordinaria del nostro pianeta. Nella nostra velocità orbitale di 10 km al secondo, noi vediamo la terra con occhi diversi, vediamo una Terra senza confini, con l’atmosfera fine e labile, e questo ci fa pensare come esseri umani, ci fa pensare come tutti dovremmo lavorare assieme e collaborare per un futuro migliore”.
Felice di quello che i due hanno detto, dove “il primo, è andato alle proprie radici per spiegare questo, è andato al nonno” e il secondo, “che viene dall’America, è riuscito a capire che la Terra è troppo fragile, è un momento che passa”, il Papa ha ribadito che, sì, “la Terra, è una realtà fragile, delicata come l’atmosfera, tanto da poter distruggersi ma anche capace di fare del male e ditruggere”. “Perciò il nonno e Dio – ha osservato Francesco – le radici e la speranza, che sono la nostra forza, mai dimenticarlo. Questo mi fa bene sentirlo, grazie”.
“Viaggiare nello spazio – ha proseguito il Papa – modifica tante cose che si danno per scontate nella vita quotidiana, per esempio l’idea di ‘su’ e di ‘giù’. Vi domando: c’è qualcosa in particolare che vivendo nella Stazione spaziale vi ha sorpreso? E c’è al contrario qualcosa che vi ha colpito proprio perché ha trovato conferma anche lì, in un contesto così diverso?”. “Quello che l’ha sorpreso – riporta in italiano Nespoli per bocca del collega americano Mark Vande Hei – è che nello spazio trovi cose completamente diverse che sembrano le stesse ma non riconoscibili. Ogni tanto si avvicina a qualcosa da un angolo completamente diverso, dice, e all’inizio rimane un po’ sconcertato, perché non riesce a capire dove sia o cosa sia. Quello che non è cambiato, invece, è che anche qui dove non c’è più il ‘su’ e il ‘giù’, e per riuscire a capire dov’è deve decidere lui dov’è il ‘su’ e dove il ‘giù’. E quindi stabilire il suo micro-cosmo, il suo micro-universo con i suoi sensi e i suoi sistemi di riferimento”. Cosa questa “propriamente umana”e “molto interessante”, ha commentato il Papa, perchè “la capacità di decidere, di riflettere, “va alle radici umane”.
Poi, riflettendo sulla società contemporanea che è “molto individualista”, quando “invece nella vita è essenziale la collaborazione”, il pontefice, pensando “a tutto il lavoro che c’è dietro un’impresa come la vostra”, ha chiesto a Nespoli e all’equipaggio se potessero dargli “un esempio significativo di collaborazione nella stazione spaziale”. “Per questa Stazione c’è una cooperazione tra le più svariate nazioni del mondo – ha risposto l’ultimo astronauta che doveva ancora parlare con il Papa, Joseph Acaba, americano ma “di discendenza portoricana”, come ci ha tenuto a precisare in spagnolo – ci sono gli Stati Uniti, c’è la Russia, il Giappone, il Canada, nove nazioni europee, che lavorano tutte insieme per ottenere qualcosa che è al di sopra di ognuno di loro”. “Ma soprattutto – ha aggiunto Nespoli – ha detto che ognuno di noi porta una diversità e queste messe insieme arrivano ad essere una cosa molto più grande e importante della persona da sola”.
Al che Francesco ha esclamato gioioso: “Voi siete un piccolo Palazzo di Vetro!”. Infatti, ha osservato, è proprio così: “la totalità è più grande della somma delle parti. E questo è l’esempio che voi ci date, grazie tante amici”. “Vorrei dire ‘fratelli’ – ha poi aggiunto e concluso – perché nel grande progetto di cui fate parte vi sentiamo come rappresentanti dell’intera famiglia umana! Vi ringrazio di cuore per questo colloquio. Il Signore benedica voi, il vostro lavoro e le vostre famiglie! Vi assicuro che pregherò per voi, voi pregate per me”. “Santo Padre, a nome di tutti la voglio ringraziare di essere stato con noi oggi e averci portato più in alto e averci fatto pensare a cose più alte e importanti, tirandoci fuori da questa meccanicità”, è stata la risposta di Nespoli, altrettanto felice per il collegamento con la Stazione Papale.
Fonte: Faro di Roma
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