“LA CHIESA HA FALLITO”

La situazione è andata peggiorando nella varie parti del mondo, dove la chiesa cattolica ha radici profonde e secolari.

Le parole di papa Francesco “La Chiesa ha fallito”, pronunciate in Irlanda lo scorso 25 agosto, in riferimento alla vastità della piaga della pedofilia nell’istituzione ecclesiastica, dimostrano la gravità del problema e l’impotenza nel trovare una soluzione. Da anni è stata sollevata la questione, attraverso i processi e le vie legali alle quali sono ricorse le vittime di un simile crimine, ma non c’è stato il benché minimo segnale di miglioramento. Tutt’altro. La situazione è andata peggiorando nella varie parti del mondo, dove la chiesa cattolica ha radici profonde e secolari.

 

Già nella prefazione al libro di Daniel Pittet, “La perdono, padre”, papa Francesco rilevava l’aberrazione del peccato di pedofilia nella Chiesa, dichiarando che quella testimonianza era “necessaria, preziosa e coraggiosa”. Oggi la piaga è andata sempre più espandendosi fino a diventare una specie di pandemia cattolico-ecclesiastica. Alla gravità della questione morale si aggiunge la polemica ai vertici della Chiesa Cattolica, sollevata dall’ex-nunzio a Washington Carlo

Maria Viganò, al quale replica, in una intervista, papa Francesco coinvolgendo, stranamente e fiduciosamente i giornalisti, con le parole: “Leggete voi attentamente e fatevi un giudizio… Avete la capacità giornalistica per fare le conclusioni. È un atto di fiducia in voi. Vorrei che la vostra maturità professionale facesse questo lavoro”. Parole che evidenziano come il problema assuma caratteri di aperta discussione, prescindendo dal ruolo dei vari protagonisti.

 

Di fronte ad una malattia, una specie di pandemia come è la pedofilia, occorre ricercare le cause per una diagnosi precisa ed efficace e proporre la terapia. Finora, nulla è stato realizzato in merito. Ci si è limitati alla descrizione, alla denuncia dei responsabili come nel report della Pennsylvania o nel film Spotlights, ma nessun intervento terapeutico. Alla luce del fatto che anche i preti-pedofili son persone malate che andrebbero curate. Senza ipocrisia e senza malevolenza, come invece sembra apparire dal comportamento dei due papi viventi, Benedetto XVI e papa Francesco. Papa Francesco ha addirittura pronunciato le parole “Userò il bastone contro i preti pedofili”, senza chiedersi il perché di tale atteggiamento deviante e peccaminoso e né riflettere sulle cause.

 

In Italia una inchiesta sul clero e sulle sue devianze non è stata realizzata né sembra possibile. Eppure problemi di pedofilia e casi di preti pedofili ce ne sono tanti. Anche clamorosi. D’altronde è sufficiente scrivere su google “preti pedofili” per avere davanti un elenco di preti processati per pedofilia. Ma il vero problema è alla radice. Perché la Chiesa ha usato e in gran parte continua ad usare la deformazione della persona umana. Se un prete pedofilo arriva al suicidio, e ci sono tanti casi, ci si deve chiedere qual è la causa di una simile tragedia. E la causa non è che la formazione giovanile. L’invenzione d’una vocazione per sempre. Il modello del “sacerdos in aeternum”, quando invece la vita di ogni uomo non è che un continuo divenire. L’Homo evolutivus.  

 

La formazione di seminario è una aberrazione pedagogica. Un luogo chiuso, separato dal resto del mondo, in cui giovani maschietti, reclusi di giorno e di notte, restano prigionieri di un sistema che li addottrina e li schiavizza. Una violenza istituzionale che tende a distruggere la persona umana nelle sue dimensioni di libertà, di affettività, di relazione. Nel libro “Il volto scoperto” ho cercato di raccontare la mia vocazione di quindicenne che entra in seminario e vi resta nove anni. Una vita ascetica, interiorizzata, macerata fisicamente e moralmente. Una formazione a senso unico.

 

La grande colpa dell’istituzione ecclesiastica è privare i giovani della possibilità di scegliere altre vie, incatenandoli alla sola “professione” sacerdotale. L’impossibilità ad essere liberi diventa schiavitù.  Si resta prete come una condanna. Un prigioniero di se stesso. Con il peso enorme della crisi di coscienza che lacera interiormente, frutto d’una assurda fede-capestro. Solo abolendo i seminari e tornando all’antica formula della formazione in itinere o della elezione di preti e vescovi da parte del popolo, sarà eliminata la piaga della pedofilia. Suggerimenti e proposte che già nel 1832 venivano esposti in un famoso libro, condannato, dal titolo “Le cinque piaghe della Chiesa”, scritto dal prete filosofo Antonio Rosmini. Chissà se ci fosse qualcuno a suggerire a papa Francesco di riprenderlo tra le mani e riproporlo come una esortazione apostolica, in linea con la “Evangelii Gaudium” del 24 novembre 2013, per il rinnovamento del clero e della chiesa.

 

Purtroppo, finora solo parole di esortazione, di lamento, ma nessuno sconvolgimento del sistema clericale. Il modello non può che essere quello di Cristo: l’annientamento (kenosi). Su questa linea di povertà estrema e di testimonianza evangelica sarebbe auspicabile adottare alcune riforme radicali: annullare la curia, azzerare le diocesi e le parrocchie, fare del Vaticano un centro di spiritualità e di testimonianza evangelica. Una Chiesa veramente povera che non si affida al finanziamento statale, né alla sciagurata “Donazione di Costantino”, dimostrata falsa da Lorenzo Valla, ma al contributo libero e spontaneo dei fedeli.  È chiaro che tutto ciò non può essere preteso da un papa come Francesco, che solo da pochi anni ha le chiavi di Pietro, ma è certo che il cammino iniziato è irreversibile e che la Chiesa del futuro sarà sempre più l’immagine di Cristo nudo inchiodato sulla croce.

 

 

Mario Setta, ordinato sacerdote nel 1962, ha studiato e conseguita la licenza in Scienze Sociali alla Pontificia Università Gregoriana; si è laureato in Sociologia e Filosofia all’Università di Urbino; ha pubblicato articoli su “L’Osservatore Romano”; ha curato il libro sul periodo di vita a Scanno e in Abruzzo del Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, “Il sentiero della Libertà, un libro della memoria con Carlo Azeglio Ciampi” (Laterza 2003); ha curato con Maria Rosaria La Morgia il libro “Terra di Libertà, storie di uomini e donne nell’Abruzzo della seconda guerra mondiale”.  

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