Roma – Giovedì 13 dicembre si è disputata la partita di Europa League Lazio – Eintracht Francoforte. Una partita che non valeva nulla ai fini della classifica, ma la quale ha richiamato un’orda di tifosi tedeschi nella capitale. Circa in 9.000, secondo le stime della Questura, sono arrivati a Roma tra la notte di mercoledì e la giornata di giovedì. Numeri non esorbitanti per una città che attira un gran numero di turisti, ma questi non erano turisti in villeggiatura. Le intenzioni erano ben altre. La città è stata letteralmente invasa da persone che non desideravano altro che far baldoria, devastando in lungo e in largo il centro storico e le zone limitrofe allo stadio. Sui social si è potuto assistere al degrado e alla nuova discarica a cielo aperto inaugurata per l’occasione in piazza del Popolo. Il cuore di Roma è stato violentato, la città usata come un grande cestino da un gruppo nutrito di vandali.
Che fosse una situazione annunciata è chiaro. Infatti il Comune di Roma aveva preso delle “opportune” contromisure: recintare la “Barcaccia” a piazza di Spagna (già preda di vandalismo pochi anni fa), chiudere alcune vie al traffico e vietare la vendita di alcolici da mercoledì 12 dicembre. Quest’ultima ormai è una delle politiche preferite dal Comune (utilizzata, senza grandi risultati, per sanare la situazione del quartiere San Lorenzo), ritenuta per qualche motivo la soluzione a tutto ma connotata da un problema di fondo: è conosciuta, quindi chi arriva già sa che deve premunirsi di alcol, e inoltre non colpisce tutti gli altri problemi correlati. Tra questi la detenzione e l’uso di fumogeni, razzi ed esplosivi. Proprio loro sono stati i veri protagonisti della partita. Il calcio è infatti passato in secondo piano sin da subito, venendo sopraffatto da esplosioni, lancio di razzi e fumogeni verso le forze dell’ordine e invasioni di campo. Un livello di sicurezza ritenuto astrattamente di “allerta massima”, ma poi non applicato in concreto. Non si capisce infatti come sia stato possibile che tutti questi ordigni, ritenuti nelle normali partite di campionato delle vere e proprie “armi”, abbiano potuto passare i controlli. Dei controlli che, sempre durante gli ordinari match all’Olimpico di Roma, vagliano ogni singolo tifoso e sono molto accurati soprattutto sotto il profilo delle sostanze stupefacenti. Il paradosso risiede proprio su quest’ultimo punto: gli stupefacenti sono di norma piccoli oggetti, nascosti in luoghi astrusi, e bisogna fare ispezioni oculate per rinvenirli; i petardi, i fumogeni, i razzi sono ingombranti, hanno un forte odore, sono…esplosivi!
Che ci sia stata disattenzione è insindacabile. Forse la c.d. “invasione” è stata sottovalutata o forse si è evitato come sempre di agire in modo concreto e diretto, provando esclusivamente le soluzioni “usato garantito” (che a quanto pare non sono così tanto efficaci). E ancora una volta la città ha subito le violenze di persone che più che tifosi sono bestie, a cui, e questo è il vero problema, è stata lasciata la possibilità di fare il loro comodo con la città e i suoi cittadini. Infatti anche dopo la partita sono seguiti disordini, tra cui un “assalto” a un gruppo di supporter laziali.
Sarebbe l’ora di prendere in seria considerazione interventi preventivi e non successivi di di riparazione dei danni. Anche seguire l’esempio delle altre città europee non sarebbe del tutto sbagliato. Magari non arrivando a quanto successo in Polonia nel 2013 (diversi tifosi laziali imprigionati per mesi nelle carceri polacche e definiti – e trattati – dalle autorità come “banditi”), ma gestendo i grandi arrivi come Londra recentemente con i tifosi del Napoli. Insomma cercare di tutelare la città, senza dimenticarsi che a differenza di qualunque altro luogo, Roma è il museo a cielo aperto del mondo.