“Anche se la guerra continua ancora in alcune zone del paese, non mancano in Siria i primi segni di una pace prossima. Tra questi intere città, come Aleppo, che hanno trovato pace e sicurezza”. Le parole del messaggio di Natale di mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo di Aleppo dei greco-melkiti, portano speranza nel cuore di tutti coloro che soffrono per la grave crisi siriana.
A due anni dal cessate il fuoco e dalla riconquista della città da parte del governo centrale, ad Aleppo è davvero tempo di ricostruzione e in particolare nella parte antica della città.
In un recente rapporto dell’Unesco leggiamo che i danni irreparabili sono pari al 10% dei monumenti storici. Ma Aleppo pian piano riprende a vivere: riaprono gli esercizi commerciali e tornano i venditori ambulanti. Tornano i servizi idrici e l’energia elettrica, le strade tornano a vivere riempiendosi di suoni, luci e colori. Una ripresa lenta ma costante fra le macerie e i danni che la guerra ha lasciato dietro di sé.
“È davvero bellissimo tornare qui dopo 7 anni di guerra. Visitare di nuovo questi siti ti provoca una sensazione bellissima”, afferma una residente.
“Spero che Aleppo non vedrà più la guerra. Lo speriamo tutti così come speriamo tutti che Idlib verrà presto liberata”, aggiunge un altro residente e venditore ambulante.
Sono tanti i cittadini che non si sono arresi alla disperazione e che attendono con ansia che la pace torni in tutto il Paese.
Edifici ricostruiti, famiglie che hanno potuto far ritorno alle loro case e molti giovani che hanno beneficiato di prestiti gratuiti per piccole attività a scopo di lucro.
Sempre nella lettera di mons. Jeanbart possiamo leggere: “Il nostro centro di formazione professionale ha già fornito i suoi servizi a 1.077 giovani, uomini e donne, molti dei quali sono stati in grado di trovare un lavoro gratificante. Tra le novità degne di rilievo quella di un gruppo di cinque ragazze che ha scelto di imparare la falegnameria per lavorare sul restauro delle antiche case di Aleppo”.
La grande attività pastorale e umanitaria ha fatto davvero la differenza ad Aleppo, ad esempio per le giovani coppie sono stati lanciati due progetti allo scopo di poter offrire loro un alloggio e incoraggiarli a restare nel paese. Aiuti anche per gli anziani, formule di assistenza neonatale, attività culturali e ricreative. A giugno 2018 è stato inaugurato un centro di incontro per le donne il “Club of the Aleppo Woman”.
Fra i protagonisti di questa rinascita troviamo Radwan Khawatmi, responsabile della ricostruzione di Aleppo per l’Aga Khan Museum di Toronto, imprenditore siriano che vive in Italia da circa quarant’anni. Nel marzo 2018 Khawatmi si è trasferito ad Aleppo con un pool di ingegneri ed esperti italiani, qui hanno lavorato con le maestranze locali, trasmettendo loro le competenze necessarie per realizzare il restauro del suq, del minareto e della moschea degli Omayyadi, patrimonio UNESCO, che possiede un minareto risalente a 1090 anni fa.
Credits photo: Avvenire