A Roma continua a discutersi della possibilità di riconoscere l’immunità a Matteo Salvini rispetto alla richiesta di autorizzazione a procedere del Tribunale dei Ministri di Catania. Molti gli sfoghi dei politici. Conte si rifiuta di parlare di immunità e preferisce la definizione “è stato interesse dello Stato”. Il Ministro dell’Interno d’altro canto si sfoga con argomenti pungenti tra cui, “in Sicilia ci sono problemi peggiori”, che il suo è stato un “atto politico” e soprattutto in modo pacato sottolinea di lasciare “ai M5S la loro scelta, ma penso che voteranno di conseguenza, avranno le idee chiare”. Una dichiarazione che ha il suono di minaccia. Intanto, la dichiarazione del 27 agosto di voler con orgoglio fare a meno dell’immunità è finita nel dimenticatoio ed è stata scavalcata da un’ipocrisia scadente che finisce per far cadere la colpa di questa sua scelta di fruire dell’immunità sul parere di ipotetici amici: “io ero tranquillo. Ma tutti gli amici mi hanno detto che il processo sarebbe stata un’invasione di campo senza precedenti”. E conclude chiosando una battuta da grande oratore: “è stato un atto politico che rifarei: ho agito da ministro, mica da milanista”.
Tralasciando la tristezza di tutto ciò, c’è da dire che questo atto politico ha davvero poco a che vedere con il Governo. L’atto fu personale del Ministro per le sue idee e convinzioni, come riportato da Guardia Costiera e Capo Gabinetto del suo stesso ministero. Però fa comodo trovare scuse facili e altro chiacchiericcio da bar, per fare nebbia sulla gravità degli atti compiuti da un ministro della Repubblica Italiana.
Nel mentre si è rischiato di consumare l’ennesima tragedia e violenza (molto simile al caso Diciotti) nei confronti di altri richiedenti asilo, questa volta sulla nave SeaWatch3. Dopo una settimana bloccati al largo del golfo di Sicilia, il Governo ha deciso di accordare alla nave l’approdo e il successivo sbarco. Si è tanto parlato di questo accordo con altri 6 paesi europei per la distribuzione dei passeggeri della SeaWatch, come la pietra angolare della soluzione del caso. Si è forse parlato troppo poco della decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riguardo al caso in questione. Infatti il 29 gennaio la Corte EDU ha imposto all’Italia (ex Rule 39 CEDU) di prendere le dovute misure cautelari onde evitare il protrarsi delle violazioni dei diritti umani basilari dei richiedenti asilo sulla nave. In particolare, si tratta di accesso a cibo, acqua, cure mediche e assistenza legale, soprattutto per i 15 minori non accompagnati. Una violazione di questo provvedimento avrebbe comportato la violazione dell’art. 34 della Convenzione e quindi la presentazione di ricorsi individuali da parte di ogni richiedente alla Corte.
Si può dunque supporre che le ragioni alla base della decisione di far sbarcare i passeggeri della SeaWatch3 non fossero legati esclusivamente al millantato accordo con i paesi UE. Ma di questi tempi sembra che ciò che è logico e reale importi poco.