L’ operazione scaturisce dalla collaborazione di un “pool” composto da Polizia, Carabinieri, Direzione Nazionale Antimafia, Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e Procura di Foggia. Esempio inedito di quel concorso di forze e competenze a cui Libera da sempre richiama e si richiama, nel segno della condivisione e della corresponsabilità. Questa azione nasce nella stessa Foggia, che il 10 gennaio scorso, ha voluto gridare il suo “no!” alla violenza mafiosa e alle complicità che la alimentano con una marcia di oltre ventimila persone unite per disinnescare la miccia della paura e della rassegnazione.
Dalle prime ore della notte dello scorso sabato è stata portata a termine una maxioperazione antimafia nel “cuore” della città di Foggia, convenzionalmente denominata “Decimabis”, da parte della c.d. “Squadra Stato”. Centinaia di agenti della Polizia di Stato e di militari dell’Arma dei Carabinieri stanno eseguendo una misura cautelare emessa nei confronti di decine di soggetti affiliati e contigui all’organizzazione criminale di matrice mafiosa nota come società foggiana.
Si tratta dell’attività antimafia più importante eseguita nel capoluogo nel contrasto della pervasività criminale delle tre batterie “morettii/pellegrino/lanza”, “sinesi-francavilla” e “trisciuoglio-tolonese-prencipe”, principalmente operanti nel settore delle estorsioni ai danni dei commercianti ed imprenditori locali, in sostanziale prosecuzione con la precedente analoga operazione contro la criminalità mafiosa foggiana del 2018, denominata “Decima Azione”.
Il risultato ottenuto da “Decima-bis”, consegna importanti elementi di continuità, ma anche l’elaborazione di un nuovo corso della Società. Ovvero il ‘Modello Foggia’, che prevedeva la fine della compartimentazione delle attività illegali divise per batterie e l’adozione convinta di un modello consortile”. “Niente più iniziative separate – emerge in una intercettazione – facciamo tutto insieme, perché siamo tutti una cosa sola”. Il modello da seguire sembra essere quello della ‘ndrangheta, un modello basato quasi su legami di famiglia.
“In tutto ciò – riferisce Gatti – mutano e si ampliano anche le proiezioni egemoniche: si amplia la zona grigia, sia verso l’imprenditoria che le pubbliche amministrazioni, fino a forme di concorso esterno. L’attività estorsiva si apre ad altri livelli, viene programmata a tappeto”. Si rinsaldano le pubbliche relazioni con i clan delle altre organizzazioni criminali del territorio. “Il passaggio successiva sembra essere quello da ‘mafia della città’ a ‘mafia della provincia’, ovvero si stavano per progettare le basi per una più ampia confederazione mafiosa della provincia di Foggia, per superare i blocchi contrapposti delle diverse mafie di Capitanata”.
È quanto emerge dalla fotografia aggiornata della ‘Società Foggiana’. La Società continua ad essere una mafia all’insegna di tradizione e modernità: da una parte c’è il familismo mafioso e dall’altro la vocazione agli affari, così come racconta Giuseppe Gatti, profondo conoscitore della realtà Foggiana e oggi inserito nella Direzione distrettuale nazionale antimafia. “Resta identico il modello organizzativo: un’unica organizzazione ma ripartita in tre batterie, ovvero i Moretti-Pellegrino-Lanza, i Sinesi-Francavilla e i Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe. Quest’ultima è quella che ultimamente recupera campo rispetto alle altre, le regole sono sempre le stesse, medesimo il modello funzionale: l’organizzazione garantisce gli stipendi agli associati, l’assistenza per i carcerati e le rispettive famiglie, la presenza di una cassa comune. Le conflittualità endemiche non mettono in dubbio l’unitarietà del sodalizio, la cui solidità rafforza la fama criminale”. Questo nonostante le stagioni di turbolenza per l’affermazione di posizioni di forza e quelle in cui si insegue la ricerca di una composizione interna. Nel mezzo, tanti gli agguati falliti e consumati, progetti di vendetta e moti di scissione.
Già dopo la prima azione portata a segno, dal pool, denominata “Decimazione”, aveva destabilizzato la Società, causando una forte crisi economica e una devastante crisi d’immagine, la cassa comune è andata in rosso e la fama criminale, che era ad altissimi livelli, veniva de-quotata da sistematici interventi repressivi. Ma le mafie sanno essere anche “produttive” e quindi hanno messo in pratica una operazione di rilancio del brand, per rimpinguare il patrimonio mafioso, attraverso micidiali attentati con ordigni esplosivi ed incendiari e una cruenta intensificazione delle estorsioni”. Tutto quello che la cronaca ha raccontato negli ultimi mesi.
Ma c’è una parte di Foggia che sta rialzando la testa e si muove controcorrente, resta tanta omertà che si trasforma da soggiacente a compiacente. Quegli stessi cittadini che, dopo l’assoggettamento ai criminali, si rivolgono ai mafiosi per superare le loro problematiche: la ricerca di un lavoro, il recupero all’asta di un bene pignorato, come sempre accade le mafie entrano, e si arricchiscono, negli spazi vuoti lasciati dallo stato, ma da solo lo stato non può bastare, oltre alla funzione repressiva e di controllo, propria delle forze dell’ordine, deve esserci una maggiore consapevolezza, ed una maggiore presa di posizione della gente, delle persone. Credo possa essere importante puntare sul futuro, puntare sui giovani, forse partendo proprio dagli asili, attraverso percorsi di educazione civica e conoscenza dei beni comuni.
“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.” Cit. P. Borsellino