Regno Unito – Si è lungamente discusso degli effetti economici e sociali dovuti a Brexit nel corso degli ultimi mesi. Fino ad oggi il più paradossale è stato quello legato alla situazione al confine tra Eire e Irlanda del Nord, dove il Regno Unito vorrebbe mantenere nella forma e nella sostanza una situazione ante Brexit, seppur incoerente con il resto delle azioni intraprese in generale.
Tuttavia un’inchiesta del The Guardian ha messo a nudo una nuova conseguenza di Brexit volontariamente attuata dal Home Office britannico: la fine della cooperazione dell’UK nei ricongiungimenti familiari già in atto. Questa decisione ha “bloccato” letteralmente minori non accompagnati e persone vittime di tortura a cui era già stato riconosciuto il diritto di riunirsi con i propri cari nel Regno Unito nei Paesi europei ospitanti, nella specie Grecia e Italia. Infatti, il Paese aveva già scatenato diverse critiche per la decisione di interrompere la collaborazione con l’UE riguardo ai suddetti ricongiungimenti dopo l’entrata in vigore di Brexit, lasciando però la possibilità di accogliere coloro che avessero già esperito la procedura secondo il diritto dell’Unione Europea prima dell’uscita dell’UK dall’UE.
Alcune organizzazioni non governative tra cui Safe Passage ed anche l’UNHCR hanno dichiarato al The Guardian che da quando la Brexit è effettiva, non esiste una via legale chiara per organizzare i trasferimenti dai Paesi europei al Regno Unito. Inoltre, avvocati greci e italiani hanno dichiarato che lo Home Office (l’omologo del nostro Ministero dell’Interno) ha smesso di rispondere alle richieste di chiarimenti riguardanti i trasferimenti ritardati a causa dell’emergenza Covid-19.
Dunque il Regno Unito sta continuando a non regolamentare situazioni potenzialmente lesive dei diritti umani post Brexit. Purtroppo l’esigenza e l’urgenza di intervenire è avvertita in maniera minore rispetto alla questione irlandese (comunque trattata con estrema lentezza), essendo (ingiustamente) inferiori i diritti delle persone coinvolte e argomento di difficile comunicazione già a livello europeo quello legato all’immigrazione.
Tuttavia, è bene sottolineare come i ricongiungimenti familiari, insistendo su un interesse superiore e indiscutibile (quello dell’unione familiare di minori e vulnerabili), sono sempre state il fiore all’occhiello (seppur con i suoi limiti formali) del diritto europeo dell’immigrazione, poiché tradotte in misure effettive in maniera quasi generale.
Un membro dell’UNHCR ha inoltre dichiarato al The Guardian che la stessa situazione paradossale di silenzio da parte delle autorità britanniche sta avvenendo anche con l’Unità Dublino del Ministero dell’Interno italiano, dove vengono gestite le prese e riprese in carico di richiedenti asilo e non verso i Paesi europei, la quale non sta ricevendo risposte ai diversi casi “Dublino” da quando è entrata in vigore Brexit.
Il risultato è quello di centinaia di persone, spesso minori, bloccati e lasciati da soli in Paesi sconosciuti mentre i loro cari li aspettano in UK, dove avrebbero il diritto di soggiornare legittimamente, e che tendono a perdere la fiducia nei canali legali di trasferimento, rischiando così di cadere nella trappola dei trafficanti che promettono trasferimenti illegali attraverso i confini europei, con ovvi rischi per la loro incolumità e con possibili ricadute negative sui loro soggiorni legali.
A tutte queste critiche, lo Home Office del Regno Unito ha risposto che i minori sono una delle priorità assolute del Paese, il quale ha accolto più minori non accompagnati di tutti i Paesi europei nel corso del 2019, e che è responsabilità dei Paesi in cui questi minori attualmente dimorano di organizzare e procedere al loro trasferimento verso lo UK, la cui legislazione interna permette diverse vie di accesso.
E si cade nuovamente nel paradossale.