Catania, 18 maggio 2021 – Se ne è andato Franco Battiato, icona della musica italiana. Sempre legato alla Sicilia, sua Terra d’origine dove era nato il 23 marzo 1945 a Jonia un Comune della provincia di Catania esistito dal 1939 al 1945 anno di nascita del musicista, cantautore amatissimo da molte generazioni.
‘’Un’anima siciliana al tempo stesso europea e araba. Se ne è andato un grande, il volto autentico, bello e colto della nostra Sicilia”. Così con intensa emozione Pippo Baudo ha salutato il suo conterraneo e amico Franco.
Nel dare l’annuncio della scomparsa, la famiglia spiega che “le esequie si terranno in forma strettamente privata. La famiglia ringrazia tutti per le innumerevoli testimonianze di affetto ricevute”.
Battiato a fine 2019 aveva annunciato il suo ritiro dalle scene, a causa di una malattia e viveva dove si è spento alla falde dell’Etna, in una sorta di ermo incontaminato a Milo.
Un paradisiaco rifugio privilegiato e preferito alla stupenda e barocca via Crociferi nel cuore della Catania antica, dove il cantautore abitò per molti anni. L’ultima residenza gli consentì di vivere in tranquillità e l’incanto delle cime all’Etna.
Ricordiamo i suoi versi forse più belli, quelli contenuti nel brano ‘La Cura’: ‘Guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…’ la celeberrima canzone del 1996 di Franco Battiato e il filosofo, scrittore paroriele e cantautore Manlio Sgalambro ( Lentini 1924 – Catania 2014).
Uno stupendo brano conosciuto universalmente per i modi modi armoniosi ed unici di trattare l’amore, pure dai non frequentatori abituali del cantautore catanese.
Ma i successi firmati da Franco Battiato, spesso su testi del filosofo Manlio Sgalambro e accompagnati dal violino di Giusto Pio, da lui stesso interpretati, alcuni anche in dialetto siciliano, oppure affidati ad artiste ‘icone’ della sua produzione, come Giuni Russo o Alice, o a interpreti del calibro di Carmen Consoli o di Milva, che lo ha preceduto di pochi giorni nella sua scomparsa, quasi non si contano.
L’album che spostò la sua produzione dall’avanguardia al pop d’autore, sempre però dai testi ricercati e ricchi di citazioni filosofiche ed esoteriche, fu ‘L’era del cinghiale bianco’ del 1979 che contiene anche la sua più famosa canzone dialettale, ‘Stranizza d’amuri’, cui seguirà ‘Patriots’. Il lavoro che lo consacrò al successo non più di ‘nicchia’ ma del grande pubblico fu ‘La voce del padrone’ del 1981, che scala le classifiche discografiche con brani come ‘Centro di gravità permanente’, ‘Bandiera Bianca’, ‘Cuccurucucù’, ‘Summer on a solitary beach’.
Da quel momento, i successi di Battiato proseguono con regolarità, come ‘Voglio vederti danzare’ – più tardi ripresa anche in una versione da discoteca – nell’album ‘Arca di Noé’; ‘La stagione dell’amore’ in ‘Orizzonti perduti’; ‘I treni di Tozeur’ in coppia con Alice per l’Eurofestival nell’album ‘Mondi lontanissimi’ assieme a ‘No time no space’, ‘L’animale’ e la ripresa di ‘Il re del mondo’; ‘E ti vengo a cercare’ in ‘Fisiognomica’. Molti successi riproposti poi nel primo album ‘live’ dal titolo ‘Giubbe rosse’ che contiene anche ‘Alexander Platz’ composta per la voce di Milva.
Dopo un periodo segnato dal ritorno alla musica d’avangardia, i suoi ‘Fleurs’ lo vedono impegnato in un tributo ad altri artisti massimi della canzone d’autore italiana, primo fra tutti Fabrizio De André con ‘La canzone dell’amore perduto’ e ‘Amore che viene amore che vai’ – Battiato renderà omaggio alla figura di Faber anche nel concerto con altri artisti italiani, in cui non riuscirà a trattenere la commozione cantando proprio il suo brano – e internazionale come per ‘La canzone dei vecchi amanti’ di Jacques Brel; e con il singolo in duetto con Carmen Consoli ‘Tutto l’universo obbedisce all’amore’.