Palermo, 21 maggio 2021 – Il 21 giugno 1961, presso la Facoltà di giurisprudenza di Palermo, Giovanni Falcone discuteva la sua tesi di laurea dal titolo “L’istruzione probatoria nel diritto amministrativo”. A sessant’anni di distanza, il testo giunge alle stampe grazie ad una speciale edizione commemorativa pubblicata da Treccani e curata da Gaetano Armao, professore di diritto amministrativo presso l’Ateneo palermitano e vicepresidente della Regione siciliana, con l’introduzione del Ministro della Giustizia Marta Cartabia, Presidente emerito della Corte costituzionale.
Il volume, realizzato in collaborazione con l’Archivio storico dell’Università degli Studi di Palermo e con un contributo della Federazione Siciliana della Banca di Credito Cooperativo, è corredato da commenti di studiosi che contribuiscono a tratteggiare la figura di Giovanni Falcone quale giurista e che ne ricordano aneddoti del periodo studentesco. Presto disponibile in libreria ed online, la pubblicazione si inserisce pienamente all’interno delle iniziative – pur in forma ridotta a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza pandemica – in occasione del ventinovesimo anniversario della strage di Capaci.
L’opera ha lo scopo non solo di celebrare l’illustre magistrato ucciso dalla mafia, ma, principalmente, di evidenziarne lo spessore della cultura giuridica, della poliedricità della sua formazione e dell’impegno professionale, in sintesi della cifra del giurista, passata, spesso, in secondo piano rispetto al rilievo assunto dal giudice palermitano sul piano civile ed etico. Proprio la versatilità di Falcone studente, la sua formazione amministrativistica e l’approccio deciso anche in controtendenza rispetto alle opinioni più diffuse racchiudono, già nella tesi di laurea, quel carattere brillante e quella capacità analitica che lo hanno reso tra i più importanti esempi della lotta alla criminalità organizzata.
Nella tesi, a tutti gli effetti il primo degli scritti giuridici di Falcone, si rivela lo spirito profondamente analitico ed intuitivo del giudice palermitano, quello che, successivamente, si sarebbe perfezionato nel cosiddetto «metodo Falcone», anticipando, «con una lucidità estrema e con capacità quasi predittiva» – secondo il Ministro Cartabia –, successivi interventi legislativi. «È l’impostazione metodologica impressa dal giovane Giovanni Falcone alla sua analisi a portarlo – continua Cartabia nell’introduzione – a elaborare preziose riflessioni di carattere generale sulle caratteristiche fondamentali del processo».
Tratto peculiare del lavoro di Falcone è la salda convinzione che l’accertamento della verità, attraverso l’approfondita istruzione probatoria, sia l’irrinunciabile scopo del processo e che sia solo quest’ultimo il «luogo» deputato alla ricostruzione dei fatti attraverso prove effettive che consentano al giudice terzo di pronunciarsi con imparzialità. L’opera mostra, dunque, come questi convincimenti giovanili rappresenteranno il filo conduttore che, fino alla fine, hanno animato la carriera del magistrato palermitano.
«Ho ritrovato in questo lavoro l’approccio critico tipico di Giovanni – scrive la professoressa Maria Falcone, presidente dell’omonima Fondazione, che ha curato il ricordo degli anni universitari del fratello –. È utile scorrere questo centinaio di pagine per scoprire e trovarvi molti aspetti del suo modo di essere e di pensare, aspetti che hanno caratterizzato poi anche la sua vita da magistrato».
A precedere lo scritto del magistrato anche i contributi del Rettore dell’Università palermitana, Fabrizio Micari – che, grazie all’Archivio storico dell’Ateneo, ha messo a disposizione la tesi –, del Presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca – che ha rinvenuto nello scritto di Falcone-studente i tratti essenziali del magistrato –, e di Guido Corso, professore emerito di diritto amministrativo nell’Università Roma Tre e collega universitario di Falcone – che approfondisce il tema trattato dalla tesi evidenziandone i profili di rilievo –. Seguono, poi, un’analisi degli scritti di Falcone ricostruita da Giovanni Fiandaca ed un profilo biografico tratteggiato da Salvatore Lupo, professori rispettivamente di diritto penale e di storia contemporanea presso l’Università di Palermo. Infine, la bibliografia ragionata sull’istruzione probatoria nel giudizio amministrativo – volta a ricostruire i testi da cui attinse Falcone per la sua tesi e quelli a cui ricorrerebbe, oggi, un giovane laureando sul medesimo tema – è affidata al dottor Sebastiano Corso, già ricercatore presso la Fondazione Falcone. «La tesi di laurea di Giovanni Falcone – sottolinea Gaetano Armao, ponendo l’accento sull’importanza della pubblicazione – costituisce espressione di quella “cultura della prova” che egli adotterà quale imperativo dell’attività di magistrato, il primo di quei molteplici “messaggi in una bottiglia per quelli che verranno” che questo integerrimo servitore del ‘diritto dello Stato in quanto Stato di diritto’ ha voluto lasciare e che questa pubblicazione – conclude il curatore dell’opera – intende diffondere, con la certezza che susciterà nuove riflessioni, speranze e insegnamenti per i giuristi di oggi e, soprattutto, per quelli di domani».